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SAN MARCO DEI CAVOTI |
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UN EPISODIO CONTROVERSO DELL'AGOSTO 1861 |
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di Angelo Fuschetto da: "FORTORE SCONOSCIUTO" - Editrice Abbazia di Casamari (FR) - 1977 |
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..... L'abitato di S. Marco fu acquisito presto dai liberali alla parte rivoluzionaria insieme con l'intera provincia di Benevento (3 settembre 1860); fu poi ripreso dai filo-borbonici e dagli uomini del partito clericale costituenti le bande del Pelorosso (6 agosto 1861); fu definitivamente sottratto agli antichi detentori e ordinato a comune del novello Regno d'Italia (10 agosto 1861). Orbene, una gran parte negli avvenimenti della reazione borbonica di quei giorni furibondi della prima decade di agosto, l'ebbe il sammarchese Nicola Ielardi che "entrò col Pelorosso in S. Marco dei Cavoti" (Nisco). Questo Ielardi dunque, che poco prima era stato un tiepido capitano della Guardia Nazionale, passò con i banditi del Pelorosso e non si peritò di inneggiare alla restaurazione di re Francesco II di Borbone. Sull'episodio, limpidamente acclarato da autentici documenti e dalla ricostruzione che si può leggere presso autorevoli storici (De Sivo, Nisco, Zazo, Luisa Sangiuolo), fece poi aleggiare una grossa nube di sospetto il discendente dello Ielardi stesso, l'ing. Mario Ielardi. Di costui ho letto, in "Samnium" (gennaio-giugno 1955, n. 1-2) una lettera scritta al direttore della rivista con l'intento di scagionare il proprio avo dall'accusa di filoborbonico che i fatti gli avevano, invece, incontrovertibilmente addossato. Affermò lo Ielardi junior, dunque, che il proprio ascendente, per sfuggire alle bande dei briganti, avesse raggiunto Napoli fin dal 26 luglio 1861 e che in quella città avesse soggiornato fino al 29 agosto 1861. Lo affermò ma non lo provò. Dire che il vecchio Ielardi fu perfino trattenuto in questura a Napoli in quel periodo e ricordare il processo beneventano contro di lui intentato, senza pubblicarne idonea documentazione, non sembra un aiuto al ristabilimento della verità storica. Forse meglio avrebbe agito Mario Ielardi se avesse riconosciuto la fragilità del sentire politico del proprio antenato, caratteristica questa del resto comune in tempi di rivolgimenti civili, lontani o a noi vicini. |
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