Gaetano Grasso |
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Ariano dall'Unità d'Italia alla Liberazione |
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da: http://www.edizionilaginestra.it |
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L’integrazione nel nuovo Stato Il Decurionato conclude la sua storia "Il Decurionato - considerato che il fausto avvenimento dell’entrata del nostro Re in Napoli dev’essere festeggiato in tutto il Regno come quello che compie il gran fatto della Unità Italiana ed assicura l’Era di Libertà e d’Indipendenza per questa Italia Meridionale - stanzia 100 ducati da trarsi da qualunque fondo disponibile". Così il 2 novembre deliberava l’assemblea cittadina e si preparava a salutare il Re d’Italia che sarebbe passato per Ariano di lì a cinque giorni, durante il viaggio per raggiungere Napoli. La città, i suoi dirigenti, i notabili si avviavano alla integrazione nel nuovo Stato cercando rapidamente di rimuovere i fatti del settembre che diventarono solo problemi privati dei braccianti e dei contadini arrestati e delle loro famiglie. La gente dovette affrontare i problemi del "carovita", prima e immediata conseguenza dei complessi e difficili problemi economici posti dalla necessità di unificare e gestire due sistemi e due società così diversi. I ceti dirigenti furono impegnati a contenere il malcontento, a misurarsi con le novità "piemontesi", a riconciliarsi pienamente con i poteri centrali che, a loro volta, varavano le nuove istituzioni amministrative, giudiziarie e politiche. Nell’ambito della ristrutturazione delle provincie, per la costituzione di quella di Benevento, furono aggregati al Circondario di Ariano i mandamenti di Accadia e Orsara e il Comune di Savignano. Venne determinato l’ambito territoriale del Tribunale di Ariano che comprendeva i mandamenti di Accadia, Ariano, Castelbaronia, Flumeri, Grottaminarda, Mirabella, Orsara, per una popolazione di 90.000 abitanti circa. Fu estesa ai comuni meridionali la legge sull’ordinamento comunale e provinciale approvata l’anno prima dal Parlamento Piemontese. Furono approvati i decreti per l’introduzione delle scuole serali (definite dalla stampa dell’epoca "la beneficenza che previene"); per la costituzione degli asili d’infanzia ("la beneficenza che agevola e provvede"); per la istituzione delle Casse di risparmio ("la beneficenza che prevede"). Furono individuati i collegi elettorali per eleggere i 144 Deputati spettanti al Mezzogiorno: in provincia di Principato Ulteriore ne furono individuati otto. Quello di Ariano fu costituito dai mandamenti di Flumeri, Castelbaronia e Montecalvo per circa 700 elettori. Il 27 gennaio 1861 si votò per la prima volta per eleggere i rappresentanti del popolo meridionale nel Parlamento italiano ( 53). Ad Ariano si candidarono P.S. Mancini, Pasquale Ciccarelli e Vincenzo Carbonelli. Il primo fu eletto con 304 voti e il generale garibaldino ottenne 62 voti. Erano, in parte, il prezzo pagato per la sua equivoca testimonianza resa quindici giorni prima! Anche il Senato fu integrato con i rappresentanti del Meridione. Entrò a farne parte il Marchese Rodolfo d’Afflitto (fu nominato Senatore con decreto reale del 20 gennaio e fu insediato nella seduta del 21 febbraio). Il relatore, presentandolo, sottolineò che "era quotato da ben maggior tempo di tre anni di un’imposizione diretta in ragione di patrimonio di oltre lire quattromila annue" (54). Il Decurionato viveva i suoi ultimi mesi di vita e i suoi componenti si preoccuparono di predisporre la possibilità di succedere a se stessi. La nuova legge comunale stabiliva l’ineleggibilità per coloro che avessero "lite vertente col Comune". E tra i notabili arianesi ve ne erano tanti in quella situazione. Infatti, a causa delle usurpazioni dei terreni comunali, fin dal 1838 erano in piedi decine di giudizi. Sicché il Sindaco Carchia chiese ed ottenne dal Decurionato il mandato di cercare di definire tutto entro il 9 giugno data prevedibile delle elezioni, in modo da consentire l’elezione "alla parte più sana, più istruita e più idonea per le cariche comunali"; anche perché, aggiunse, se pure il Comune fosse venuto in possesso di qualche terreno esso sarebbe stato preda dei creditori di alcuni espropri non pagati (55). Come dire: piuttosto che vincere e vedersi sottrarre i terreni da altri, meglio non dare più "fastidio" ai signori usurpatori e tenerseli amici. Visto che c’era anche qualche amico eccellente. L’ultima riunione del Decurionato fu tenuta il 29 giugno. Fu discusso un argomento importante e delicato: la richiesta del Comune di Vallata che il capoluogo del circondario fosse spostato a Grottaminarda. Non era la prima volta che si metteva in discussione, da parte dei comuni viciniori, il ruolo di Ariano come capolugo di Circondario. Era già avvenuto nel 1821, nel 1832 e nel 1849. Questa proposta, motivata anche da ragioni di carattere logistico, veniva avanzata sempre in occasione di fatti politici importanti, traumatici, che avevano visto Ariano all’"opposizione". Si coglieva l’occasione nella speranza che il Governo volesse "punire" la Città per le sue posizioni politiche. Nel ‘21 e nel ‘48 Ariano fu considerata liberale e si chiese ai borboni di punirla dopo il fallimento di quei moti. Nel 1860 fu giustamente considerata "borbonica" e le comunità e gli uomini che aspiravano ad un ruolo più prestigioso sperarono di ottenerlo dal governo liberale. Questa volta il Decurionato di Vallata aveva una ragione anche di carattere "morale": nell’eccidio di Ariano erano morti due cittadini di quel comune. Il documento approvato affrontava il problema partendo proprio dalle "scene sanguinose di cui fu segnale la città di Ariano negli sventurati giorni di settembre prossimo passato", dal "modo sempre minaccioso di quei popolani ad ogni principio di civile progresso", da "le vittime sofferte da questa comune di due onorati padri di famiglia" per chiedere che il Capoluogo del Circondario "venghi stabilito in Grottaminarda come quello che è più centrale, più vicino e Comune informato da migliori sensi di devozione all’attuale Governo del Re Galantuomo" (56). I Decurioni si allarmarono e assunsero un deliberato, da inviare alle "autorità superiori", tutto fondato sull’illustre passato della città, sui sentimenti liberali espressi nel 21 e nel 48 e sulla inadeguatezza della soluzione Grottaminarda nient’altro che un villaggio insalubre nel quale, ad uscire la mattina presto, si correva pericolo di morte per asfissia da miasmi. Il linguaggio nei confronti di Grottaminarda è duro e le notizie sulle condizioni climatiche sono esagerate fino al grottesco. Ma questo linguaggio e la enfatizzazione dei fatti e la esagerazione nei giudizi, in parte, erano una caratteristica di quei tempi; in parte, erano il prodotto del temperamento del Carchia, cui si deve, in quanto proponente, la materiale redazione del documento. Finì così, con questo atto di notevole valore politico (anche se reticente sui fatti del settembre), la vita del Decurionato arianese. Del trasferimento del Capoluogo a Grottaminarda si occupò il Consiglio Provinciale, del quale faceva parte Francesco de Miranda, nel settembre del ‘61 che adottò la seguente decisione: "considerando che nelle presenti politiche commozioni, ed aspettandosi il finale assetto delle provincie, sia imprudente l’andar discutendo innanzi tempo di simiglianti cose; delibera non doversi dare alcun seguito a tali dimande" (57). |
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( 53) Si votò con la legge elettorale vigente nel regno di Sardegna ed estesa alle provincie napoletane con decreto luogotenenziale del 12 novembre 1860. Avevano diritto al voto i cittadini che avessero almeno 25 anni di età, un censo (nel caso di Ariano) non inferore a 40 lire (ducati 9,20). Era eletto a primo scrutinio chi avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei votanti. Se nessuno raggiungeva questo quorum si andava ad una votazione di ballottaggio entro otto giorni tra i due candidati che avevano ottenuto più voti.Nel collegio di Ariano gli elettori erano 745, votarono 476 cittadini.( 54) Atti del Senato - VIII legislatura - sess.I - 1861-63.( 55) Archivio Comune Ariano - Delibera Decurionato 3.4.1861.( 56) Archivio Storico Comune di Vallata - Registro Deliberazioni del Decurionato - Delib. 28-4-1861.( 57) Atti del Consiglio Provinciale - Bibl.Prov. Avellino |
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