MODI DI VIVERE

tratto integralmente dall'opera inedita del Preside Nicola Servodidio dal titolo "TERRITORIO E COMUNITA' DI SAN MARTINO SANNITA - Origini, vicende, ipotesi, aspetti, sviluppo socio-economico, note di antropologia" - Impostazione 1965, aggiornamento 31.12.1988

 

Gli abitanti di ogni paese erano affratellati tra loro e spesso discendenti dallo stesso casato o comunque imparentati. Costituivano vere e proprie comunità di lavoro: si aiutavano tra loro in tutte le circostanze della vita. Gioivano e soffrivano insieme. l costumi erano semplici, buoni, sani e generalmente virtuosi.

Gli uomini indossavano calzoni corti, legati alle ginocchia con fettucce di colore violaceo o nero; corpetti della stessa stoffa, camicia bianca e cappello.

Le donne vestivano palandrane marrone con "sinale", corpetto dello stesso colore su camicia bianca, copricapo piegato a triangolo sulla testa e scialle scendente ad angolo fino alle reni o ai piedi. Portavano collane d'oro (cannacche), orecchini. spille (spingole), un fazzoletto (maccaturo) vistoso annodato sotto la gola.

Le donne calzavano quotidianamente zoccoli di legno a punta sollevata e per eleganza scarpe, pure a punta, allacciate sul piede.

Facevano pazientemente lavori ad uncinetto e a tombolo, pizzi e ricami. Tessevano, con telaio, lenzuola di lana, di canapa e di lino. Queste piante prima si coltivavano nella zona. Ricordo un'anziana tessitrice che lavorava al rione Landolfi di S. Martino Sannita.

I ragazzi giocavano sulla piazza del paese, in gruppo, con il cerchio, la trottola, la palla e in altri modi.

Si fissava un mattone in piedi (o mmèsso), dietro si mettevano dei soldi, poi dalla distanza di 4 o 5 metri si rintuzzava con una pietra piatta il mattone. Chi riusciva a farlo cadere s'impadroniva dei soldi retrostanti. Un altro gioco era pure frequente: si scavavano quattro buche laterali e una al centro, si riempivano di monetine e i giocatori, da una distanza stabilita, lanciavano una pietra rotondeggiante, che doveva andare nelle buche. Se la "palla" cadeva nella buca centrale, di solito più piccola delle altre quattro, il giocatore si impossessava di tutte le monete che erano in esse.

Altri passatempi erano costituiti dai racconti (i cunti). I più anziani narravano l'origine del paese, fatti di cronaca o di lavoro, rapimenti di donne, miracoli, avvenimenti straordinari, apparizioni di spiritelli o di fantasmi.

I "cunti" più raccontati erano a Lentace: il furto delle campane dell'Angelo; Tribuzio sulla botte; La malanottata (intorno allo "ius primae noctis" preteso da un prete); il temporale scatenato dal prete che volava sulla nuvola; il tesoro nascosto sull'Angelo; ecc.

A Carnevale si recitava per le strade "La Zingarella" i cui protagonisti principali erano un turco, una fanciulla e pulcinella.

Il 29 settembre, sulla collina dell'Angelo, si recitava il dramma sacro: "L'Angelo e il diavolo". L'Angelo scendeva lungo una fune tesa dalla chiesa ad una quercia grossa e combatteva contro il diavolo che scivolava con una carrucola pure su una corda.

L'alimentazione era costituita in gran parte da verdure (cavoli, rape, scarole) o da legumi (ceci, fagioli, lenticchie).

Piatti rinomati erano: orecchiette con ricotta, fusilli con formaggio pecorino, peperoni sotto aceto arrostiti con patate, trucioletti di pasta all'uovo fritti in olio di oliva e zuccherati, stufato di cavolo o di verza con piede di maiale, lasagne di farina. Sono questi piatti tipici della gastronomia locale. Vini tipici erano il "mantuonico" manto del Tuonico, rosso, ribollito nei tini o in botti oppure il bianco coda di volpe" con ribollitura alla latina.

La bruschetta è costituita di fette di pane tostato, condito con olio, aglio e aceto.

Le castagne di Cucciano, grosse e saporite, si consumavano infornate, "ballotte o lesse" ossia sbucciate e bollite con foglie di alloro, oppure stufate sotto la brace o cotte in padella.

Erano squisiti i funghi di pioppo arrostiti. Molte persone ricercavano gli ovoli o i porcini nelle selve di Lentace.

Si abitava in misere case costituite da piano terra e primo piano, aventi una scala esterna, povere e disadorne, con pertinenze agricole. Le abitazioni signorili avevano portali di marmo con stemmi gentilizi o incisioni, cortili interni, molte stanze servite da corridoi o giardini. L'arredamento interno era molto ricco: mobili e stipi con incisioni floreali, letti di ottone, ecc.

La vita sessuale era regolata dal matrimonio. Si hanno poche notizie di rapporti extraconiugali. Una fonte narrativa (a mala nottata), fa riferimento ad un "ius primae noctis" riservato al clero che dovette rinunciarvi dopo una dura e molto amara esperienza. Ciò non è accertato, quantunque la fonte sembri attendibile. Non si trovano tracce dello "ius cunnundi", di cui sarebbero stati titolari i nobili di altre contrade.

I matrimoni erano semplici e, dopo la cerimonia religiosa, si concludevano con banchetti, cui partecipavano tutti i parenti degli sposi, e con balli serali allietati dal suono della fisarmonica.

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