Copyright - 1999 - 2001 - © Fioravante BOSCO - Tutti i diritti riservati - Visualizzazione consigliata 800x600

Barilla Felice

Vedi anche Felice Barilla

(Nato a Moiano - Sacerdote). Il suo vivo amore per la libertà, lo indusse a pubblicare nel 1844 un libro dal titolo "Dio, l'uomo e le lettere" che gli procurò due anni di relegazione nel monastero di S. Iliceto. Nel 1848, dopo la concessione della Costituzione, svolse attiva propaganda liberale. Legato da intima amicizia a Francesco Bove, si recò con lui nei comuni di Montesarchio, S. Martino V.C., Cervinara, Bonea, Rotondi, Paolise, sventolando il tricolore e inneggiando alla Costituzione, a Pio IX e alla libertà. Questi sentimenti manifestò anche nella predicazione. Appartenne in Napoli al circolo Washington dove conveniva la borghesia liberale napoletana e quando dopo i fatti del 15 maggio 1848 Ferdinando II Borbone, sciolto il Parlamento, iniziò una dura reazione, il Barilla con uno scritto clandestino dal titolo "Supplica del Popolo al Re", inveì contro il monarca chiedendo la riapertura della Camera, il licenziamento dei ministri in carica, la cessazione degli arbitrii della polizia, ammonendo: "Dio ti liberi dal furore di popolo". Aderì allora, alla setta "L'unità italiana" con programma democratico federativo. In quella setta ebbe il grado di gran dignitario. Nel 1849 ristampava, tradotte dal francese, le "Parole di un credente" del Lamennais, opuscolo che era già stato messo all'Indice e si adoperò perchè la propaganda liberale penetrasse nell'esercito. Denunziato da un suo confratello, il Barilla fu tratto in arresto il 7 marzo 1849 e rinchiuso in Napoli nel carcere di S. Francesco. Condannato all'ergastolo, fu inviato nell'isola di S. Stefano dove ebbe a compagno il Settembrini. La turbata situazione internazionale dopo il convegno di Plombières, indusse Ferdinando II a liberarsi dei condannati politici, inviandoli in America. Ma i 65 ex galeotti, e fra essi il Barilla, imbarcati su nave americana, riuscirono ad approdare a Queenstown nella baia di Cork in Irlanda. Nel maggio del 1859 moriva Ferdinando II e il suo successore concedeva un'amnistia per i reati politici. Ma la maggior parte degli esuli, accogliendo l'invito del Cavour, preferì il libero Piemonte e al Piemonte avrebbe chiesto asilo anche il Barilla.

Bibl. - L. SETTEMBRINI, Ricordanze della mia vita, Napoli, Morano, 1886, 11, p. 158 e segg.; 5. CASTROMEDIANO, Carceri e galere politiche, Lecce, Tip. E. Salentina, 1895, II, p. 101 e segg.; N. Nìsco, Storia del Reame di Napoli, Napoli, Lanciano e Veraldi, 1908, II, p. 301; M. MAZZIOTTI, La reazione borbonica nel Regno di Napoli, Albrighi e Segati, 1912, p. 214 e segg.; R. CoOTUGNO, Tra reazioni e rivoluzioni. Contributo alla storia dei Borboni di Napoli dal 1848 al 1860, Lucera, Frattarolo, p. 176; G. PALADINO, Il processo per la setta "L'Unità italiana" e la reazione borbonica dopo il 48. Firenze, Le Monnier, 1927, p. 45 e segg.; N. V. TESTA, Gli Irpini nei moti politici e nella reazione del 1848-9, Napoli, Contessa, 1932, pp. 74, 231, 291; A. ZAZO, La politica estera del Regno delle Due Sicilie nel 1859-60, Napoli, Miccoli, 1940, pp. 22 e segg.

da "DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO DEL SANNIO" di Alfredo Zazo, Ed. Fausto Fiorentino, Napoli, 1973

HOME PRINCIPALE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 

Felice Barilla

.... Nacque a Moiano da Domenico Barilla e Costanza Parrillo il 13.1.1806. Vestì l'abito ecclesiastico il 13.1.1818 e studiò nel seminario vescovile di S. Agata. Fu ordinato sacerdote il 20.9.1828 con dispensa dalla Santa Sede, mancando 17 mesi alla giusta età dei 24 anni richiesti per l'ordinazione al presbiterato, nella cattedrale di S. Agata presumibilmente per le mani di Mons. Orazio Magliola. Fu scrittore fecondo, poeta ed erudito dai vari interessi. Concesso lo statuto nel '48, in Moiano don Felice Barilla entrò nella chiesa arcipretale e fece un discorso sulla Costituzione, assimilando questa alla SS. Trinità, che uno in tre esistono e governano il creato, perché con la Costituzione governano il Re, il Popolo e le Camere. Subì una prima volta il carcere per aver pubblicato un libro dal titolo Dio, l'uomo e le lettere. Fu internato nel monastero di S. Iliceto, ove rimase due anni. Nel novembre '48 fu accusato dal regio giudice di Airola di aver preso parte in casa dell'arciprete di Arpaia don Vito d'Ambrosio ad una riunione con il fratello di questi Domenico, con l'attendibile Antonio Tancredi di Arpaia i suoi due figli ed altri repubblicani per marciare su Napoli. L'Intendente Demarco chiese subito una serie di rapporti su Barilla al parroco di Moiano (F. Barilla è possidente, vive in Moiano con i germani Giuseppe e Caterina, è di sana morale e alto senso religioso) e al giudice regio di Airola (prima del '48 aveva tenuto un comportamento esemplare). Il giudice di Airola gli impose di non allontanarsi dal comune di Moiano per nessun motivo, in attesa di un approfondimento delle indagini. Sempre nel novembre '48 Barilla percorse i circondari di Airola e di Arienzo, "confabulando con gente sospetta e spargendo voci che la Repubblica sarebbe stata proclamata a giorni e che le flotte combinate francese e inglese si trattenghino nel golfo di Napoli per favorire il mutamento politico". Arrestato il 7.3.18499, fu rinchiuso, perché sacerdote, in S. Francesco, carcere destinato ai detenuti infermi, con l'accusa di aver aderito a setta denominata "L'Unità italiana" di Filippo Agresti ad oggetto di cospirare contro la sicurezza interna dello Stato. Celebrato il processo, il procuratore generale il 7.12.1850 chiedeva la pena di morte per Agresti, Barilla, Nisco, Settembrini, Michele Pironti e Salvatore Faucitano, 30 anni di ferri per Carlo Poerio. Il 31.1.1851 il tribunale condannava a morte col terzo grado di pubblico esempio Agresti, Faucitano e Settembrini e all'ergastolo Barilla. Le condanne a morte furono poi tramutate in ergastolo. Nell'indulto a favore dei condannati per reità di stato de' 27.12.1858 ad occasione del fausto imeneo di SAR il duca di Calabria SAR la principessa M. Sofia di Baviera, in base all'art. 1 gli ergastolani Barilla, Settembrini e S. Spaventa e in base all'art. 2 i condannati ai ferri Poerio e Nisco ebbero la pena commutata in esilio perpetuo dal Regno . Ritornato in Italia dopo l'Unità, Barilla si stabilì prima in Piemonte e poi a Napoli, ove partecipò attivamente alla vita amministrativa. Proprio nella città partenopea Barilla morì il 19.9.1879. Per molti egli interpretò l'ideale del sacerdote liberale, che aveva fatto la fortuna della destra giobertiana.

da "Il Collegio Uninominale di Airola" di Raffaele Caporuscio, 1997

HOME PRINCIPALE