| Brigantaggio Locale | Documenti | Personaggi | Briganti | Storia | Bibliografia | Recensioni | Link | Libro degli Ospiti | Home |

 

PLEBISCITO ED ELEZIONI A CARBONARA (di Nola)

DOPO L'ANNESSIONE ALL'ITALIA DEL MERIDIONE

da: http://carbonara.freeweb.supereva.it/

 

La proposta plebiscitaria suscitò discordie, sollevò contrasti ed accese polemiche tra i moderati del Comitato d'Ordine, che seguivano scrupolosamente le direttive di Cavour e sostenevano con fermezza di dover affrettare i tempi e risolvere immediatamente la delicata vicenda delle elezioni nel miglior modo possibile, e i democratici del Comitato d'Azione, cioè radicali e repubblicani, i quali ritenevano, invece, che la votazione sarebbe stata di ostacolo, anzi avrebbe rinviato i tempi per il prosieguo della guerra di liberazione di Roma e del Veneto.

Tale problema, che sembrava di difficile soluzione, fu affrontato con decisione e fu risolto dopo tante polemiche, con la promulgazione del Decreto Reale dell'8 ottobre 1860, in virtù del quale furono ufficialmente indette le elezioni per la domenica 21 ottobre del medesimo anno.

Fu stabilito che erano elettori i cittadini che avevano compiuto il ventunesimo anno di età e che la votazione avveniva in modo palese sulla seguente formula: "IL POPOLO VUOLE L'ITALIA UNA E INDIVISA CON VITTORIO EMANUELE II, RE COSTITUZIONALE, E I SUOI LEGITTIMI SUCCESSORI".

Con un successivo decreto emanato l'11 di detto mese di ottobre furono indicate tutte le modalità della votazione: gli elettori, che erano solo i cittadini di sesso maschile, dovevano essere "allistati" e forniti di una tessera, che veniva ad essi consegnata a cura dell'autorità comunale. L'Ufficio elettorale, che veniva chiamata Giunta Permanente, era istituto in ogni comune. Il sindaco svolgeva le funzioni di Presidente del seggio, coadiuvato dal Decurionato, cioè dai consiglieri comunali, e dal Comandante della Guardia Nazionale. La votazione, che avveniva in forma palese, come abbiamo precedentemente affermato, consisteva nell'introdurre da parte dell'elettore una scheda scelta a suo piacimento nell'urna, che era posta in mezzo a due cassette: quella a destra conteneva le schede del "NO" di colore rosso, mentre quella a sinistra la scheda con il "SI" di colore bianco. Prima di essere ammesso ad esprimere il voto, all'elettore veniva illustrato il significato del voto, la sua piena libertà di scegliere la scheda con il "SI" o con il "NO" e indicata l'urna centrale, nella quale doveva essere depositata la scheda prescelta. Il servizio d'ordine era affidato alla Guardia Nazionale che stazionava nell'ufficio elettorale e nelle sue immediate vicinanze. Il seggio elettorale di Carbonara fu allestito nella sede comunale, mentre in altri comuni del Distretto di Nola si voto nella chiesa o nella sede della Guardia Nazionale oppure nei locali del giudicato Regio, solo a Scisciano la votazione avvenne nella pubblica piazza.

A Carbonara la votazione ebbe inizio alle ore 10.00 con ben tre ore di ritardo sull'orario stabilito e terminò alle ore 13.00, risultando in tutto il Distretto di Nola l'operazione elettorale più breve, mentre a Camposano risulto la più lunga e durò 14 ore, finendo alle ore 21.00, con la chiusura del seggio elettorale. Il presidente dell'Ufficio elettorale era il sindaco Francesco Sorrentino e comandante della Guardia Nazionale Aniello Sorrentino. Non si presentarono nel nostro seggio elettorale ben quattro componenti: decurioni Felice Ianniciello, Carisio Sorrentino, Felice Sorrentino fu Giuseppe e Felice Sorrentino fu Francesco, pur essendo stati tempestivamente e regolarmente invitati dal Comune di Carbonara per mezzo del Servente Comunale.

Risultò il Comune in cui si ebbe il più forte assenteismo: non votarono più di due terzi e precisamente si astennero dal voto 174 elettori su 250, che avevano legalmente diritto ad esprimere il proprio suffragio. Tale fenomeno fu essenzialmente reazionario verso il nuovo ordine costituito e l'assenteismo fu giustificato dai contadini, perché erano impegnati "a travagliare a Monte S. Angelo", mentre degli altri fu denunciata la volontarietà dell'astensione. Dei 76 votanti, 72 elettori deposero nell'urna la scheda del "SI" e n. 4 quella del colore rosso del "NO". In tutto il Distretto di Nola votarono "SI" 21.679 e 135 espressero voto negativo con la scheda del "NO": una minoranza davvero trascurabile.

Occorre anche tener presente l'assenteismo che raggiunse cifre abbastanza elevate: ad Avella poco meno della metà degli allistati, a Brusciano poco meno dei due terzi, cosi anche in altri comuni. Il fausto avvenimento non fu minimamente turbato ne prima, ne dopo e ne durante la votazione, anzi si festeggiò solennemente il risultato con luminarie e con canti di inni nazionali, particolarmente a Lauro e a Nola. Mentre nel nostro Distretto di Nola si festeggiava "con dimostrazione di sincera gioia, e di sentito patrio affetto", in altre parti del Regno, in special modo in Sicilia, accaddero baruffe e tumulti. A Napoli erano stati sparpagliati per tutta la città garibaldini e camorristi, i quali cercavano di convincere in tutte le maniere, anche con i modi più sbrigativi, gli elettori a votare per il "SI".

Lo storico Giacinto De Sivo, che presenta i fatti in modo realistico e con una certa obiettività, osava affermare che nazionalisti e camorristi tenevano coperta l'urna del "NO", in modo da essere molto difficile all'elettore trovare il coraggio di votare quella scheda. E così continua il suo dire: "I seggi sin quasi a sera erano deserti e solo sul tardi i camorristi di quartiere in quartiere dettero il voto in tutti i dodici comizi. Non si confrontavano le tessere con le liste, ne con le persone; ne pure le tessere dimandavano; qualunque compariva era un festeggiato. Da ultimo i sovrastanti, impazienti, riempirono l'urna a piene mani". Tali affermazioni trovano piena conferma sia negli scritti dello storico Nicola Nisco, che non era certamente un borbonico, anzi per le sue idee liberali fu in galera con lo Spaventa e con il Poerio, e sia nelle "Lettres napolitaines" di Pietro Ulloa, insigne scrittore e storico.

Con la legge del 17 dicembre 1860, n. 4513 il Distretto di Nola fu diviso in tre collegi elettorali: Collegio di Nola, di Cicciano e di Acerra. Carbonara fu compreso nel Collegio di Nola, del quale facevano parte 18 comuni con 961 elettori, mentre quello di Cicciano contava 15 comuni con 875 elettori e, infine, quello di Acerra ne contava appena 9 con 766 elettori. Dopo la divisione in circoscrizioni elettorali, fu fissata anche la data delle elezioni del Primo Parlamento Nazionale nella giornata del 27 gennaio 1861. Tale votazione fu preceduta da un'intensa campagna di propaganda elettorale: vi furono sollecitazioni, incitamenti e persino pressioni per questo o quel candidato.

Nel nostro Collegio venne eletto con 516 voti il dott. Antonio Ciccone, per il collegio di Cicciano il nolano barone Cesare Napoletano, figlio del generale Antonio di Casamarciano, per il collegio di Acerra Vincenzo Spinelli, principe di Scalea. La prima elezione provinciale ebbe luogo nel giugno del 1861 nei Collegi Mandamentali per il Collegio Provinciale di Caserta, della quale provincia faceva parte Carbonara. Il Mandamento di Palma Campania era composto dai comuni di Carbonara, di S. Gennaro Vesuviano e Striano e contava globalmente 13.414 abitanti, così suddivisi: Palma Campania 6939 abitanti, Carbonara 1115, S. Gennaro 3854 e, infine, Striano 1506 anime. Risultò eletto nel nostro Mandamento, come si evince dal "Giornale dell'Intendenza" dell'anno 1861, il giudice di Vico di Palma Campania, Carbone Michele fu Michelangelo di anni 47, nel Mandamento di Marigliano furono eletti due consiglieri, Semmola Annibale fu Francesco, cerusico, di Brusciano, di anni 60, e Barone Vincenzo di Salvatore, legale, di S. Nicola di Marigliano, di anni 29, così anche nel Mandamento di Nola due consiglieri, Cocozza Giuseppe fu Gaspare, proprietario, di Nola, di anni 45, e Rossi Michele fu Antonio, proprietario, di Napoli, domiciliato a Cimitile, di anni 57; nel Mandamento di Baiano anche due consiglieri e precisamente Colucci Domenico e Rega Giuseppe.

La prima riunione del Consiglio Provinciale di Caserta si tenne il 17 luglio 1861, alle ore 10,30, giorno tragico per il Comune di Moschiano di appena 1500 anime. Circa 300 briganti, guidati da Cipriano La Gala, penetrarono nel predetto paesino al grido "Viva Francesco II" e, con bandiere borboniche spiegate al vento, ingaggiarono una furiosa battaglia contro la Guardia Nazionale, che fu costretta a ripiegare e a lasciare in mano ai masnadieri l'intero paese. Furono depredate numerose abitazioni e fra gli altri furono uccisi Michele Bonajuto, in presenza della moglie D. Maria Caputo e dei suoi tre figlioletti, Manfredi Francescantonio, di anni 45, Fiore Gaetano di anni 86, perché questi si era rifiutato di consegnare una scure per abbattere una porta, Michele Sirignano, che fu finito da una donna di Pago Vallo di Lauro, appartenente alla schiera dei malfattori, mentre agonizzava. Avvertito il comandante, capitano genovese Belgieri Achille, del distaccamento di fanteria di stanza a Lauro, questi si portò sul posto con i suoi 60 uomini e ingaggiò una furiosa e violenta battaglia. Colpito alla fronte da un colpo di fucile sparato da una finestra, il capitano cadde a terra morto, mentre il sergente furiere Pietro Mellé rimase ferito. Il distaccamento di fanteria, senza il loro comandante, fece ritorno a Lauro nel suo accampamento, mentre i briganti si dirigevano verso Santa Cristina.

INDIETRO