Gaetano Grasso

Ariano dall'Unità d'Italia alla Liberazione

da: http://www.edizionilaginestra.it

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L’occupazione garibaldina

Le prime truppe di garibaldini e di volontari arrivarono ad Ariano la sera del 9 settembre. Provenivano da Grottaminarda e quindi si trovarono subito nel cuore delle zone teatro dell’imboscata. Prevalsero, così, immediatamente, le azioni ispirate più dalla vendetta che dalla volontà di ripristinare l’ordine: furono incendiate le case dei responsabili dell’eccidio in località "cave di Scarnecchia" (33). Il giorno successivo giunse Carbonelli e iniziarono i rastrellamenti e gli arresti. Il 12 arrivò il generale ungherese Stefano Turr che si adoperò per ristabilire l’ordine attraverso una "condotta umanitaria che valse a debellare quel popolo fuorviato molto meglio e più presto di qualsiasi rappresaglia... respingendo le denunzie anonime che gli furono sporte e che se erano pregio per il Governo de’ Borboni costituivano una viltà per quello di Vittorio Emmanuele e di Garibaldi" (34). Il giorno successivo arrivarono i Cacciatori irpini e la colonna del Matese al comando rispettivamente di De Marco e di De Blasiis. Giuseppe De Marco ricevette direttive molto precise dal Generale Carbonelli: "bloccare Ariano togliendole i viveri e tutto quello che le può appartenere: quella città deve essere messa fuori legge...Ti raccomando la disciplina la più severa..." (35). Direttive che il comandante dei Cacciatori irpini dovette eseguire con grande zelo e con qualche forzatura soprattutto dopo che, il 14 settembre, ebbe ricevuto i pieni poteri (36). Mentre il popolo arianese osservava "il tutto in cagnesco" (37) i liberali, anche quelli che avevano boicottato la costituzione del Governo provvisorio, ovviamente accolsero con gioia i nuovi venuti e Vitoli riottenne il comando della Guardia Nazionale che "si era rialzata per la dissoluzione della colonna Flores" (38). Oltre ai contadini e ai "bracciali" che furono individuati come responsabili del massacro, furono arrestati il canonico Forte, il francescano Luigi Ciardulli, il sacerdote Giuseppe Santosuosso e il sacerdote Nicola Vernacchia. E’ probabile che gli altri galantuomini filoborbonici, all’arrivo dei garibaldini, si siano nascosti per ricomparire uno o due giorni dopo quando giunse il generale Carbonelli che racconta: "ricevetti tante cortesie da prenderne fastidio da tutti o quasi tutti i signori del paese: come gli Anzani, i Figlioli, Albanese ed altri" (39). Molto diverse le notizie contenute in alcuni manoscritti del sacerdote Giuseppe Imbimbo che Francesco Zerella ha utilizzato nel suo lavoro del 1943. Si dice in questi manoscritti che Girolamo Anzani, alla notizia dell’ingresso di Garibaldi a Napoli, voleva gettarsi dal balcone e che cercò di trovare asilo altrove, nei comuni viciniori, dai quali, però, veniva scacciato. La stessa sorte avrebbe avuto il fratello Luigi che scappò a Zungoli travestito da frate ma, scacciato, fu costretto a vivere latitante fino alla sentenza della Gran Corte Criminale (40). Nei manoscritti di don Giuseppe Imbimbo c’è più di una enfatizzazione derivante dalla passione con cui il sacerdote annotava gli avvenimenti. Che la versione del generale Carbonelli sia quella più corrispondente alla verità è possibile arguire da una lettera che Filippo De Miranda scrisse a Cipriani: "I villani buona parte sono stati arrestati, seviziati, maltrattati, in modo che facevano pietà; il resto poi va fuggiasco per le campagne e teme di ritirarsi alle proprie case; i capi però della reazione passeggiano impunemente la città e dormono tranquilli i loro sonni..." (41). Di più: il 22 settembre Francesco De Sanctis scriveva a Giuseppe De Marco che era ancora ad Ariano: "...Dimmi francamente la tua opinione e sul Sottointendente e sugli Anzani e sul Forte e ti prego poi d’indicarmi quelli che per opinione, per coraggio, per influenza, possono essere pericolosi per la pubblica tranquillità, ché io provvederò" (42). Ora é ben evidente che se gli Anzani fossero stati latitanti non ci sarebbe stato bisogno di chiedere un parere a De Marco. Ed infine a suffragare questa tesi interviene una lettera, che ho recentissimamente trovato nell’archivio Vitoli, inviata a quest’ultimo dal commissario politico Federico Salomone, stretto collaboratore di de Sanctis, nella quale gli si comunicava la nomina di Luigi Anzani a capitano della Guardia Nazionale in data 19 settembre. Gli Anzani, a loro volta, cercarono di accreditare la tesi della loro azione pacificatrice. Sul n.44 del 22 settembre del quotidiano "La Bandiera Italiana- Monitore del Popolo" che si stampava a Napoli, ci sono due notizie sugli Anzani. La prima: "Siamo richiesti di far noto che il Sig. Colonnello Anzani, appena terminato l’incarico affidatogli presso lo stato maggiore in Ariano, si portò fin dal giorno sei andante mese, ad abitare al Largo Costantinopoli n. 75, primo piano, donde non si è mai dipartito". La seconda, nella rubrica "PROVINCIE": "Ariano - Il Sotto-intendente di questo distretto in un rapporto del 5 settembre n°6475 indirizzato all’intendente e al comandante territoriale scriveva quanto segue: Debbo ad onor del vero palesare che senza il concorso de’ Signori Luigi, Girolamo e Canonico Nicola Anzani, qui sariensi consumati eccidi di nuova foggia. Colla influenza personale costoro han dominato le masse, son corsi a rassicurar tutti, ove più pericoli sorgevano e mi han col loro valevole patrocinio accompagnato e fatto scudo. Queste dichiarazioni sieno contrapposte a talune cose che si sono asserite in qualche giornale sul conto della famiglia Anzani, di Ariano, relativamente agli ultimi fatti colà avvenuti". Il giorno dopo l’ingresso di Garibaldi a Napoli il Sottointendente scrisse al Ministro degli Interni una lettera che sprizzava patriottismo da ogni parte e il 13 settembre il Municipio fece atto di sottomissione a Vittorio Emanuele e a Garibaldi:

L’anno 1860 il giorno 13 settembre in Ariano

Il Municipio di Ariano

composto dal Secondo eletto con le funzioni di Sindaco, dal 1° eletto e dai sottoscritti Decurioni, dal Cancelliere ed impiegati comunali, riunito nella sala delle deliberazioni ad unanimità ha espresso la sua esultanza per l’ingresso del Dittatore Generale Garibaldi nelle mura della Capitale ed ha deliberato fare atto di adesione all’immortale Governo del re Galantuomo Vittorio Emanuele Re d’Italia ed alla Dittatura per lo Regno delle due Sicilie del Prode Giuseppe Garibaldi. Ha deliberato pure che del predetto atto si faccia spedizione ed inviarsi al Ministero dell’Interno per umiliarlo al Dittatore medesimo, nelle cui mani confida la futura sua sorte. Il presente verbale é stato da tutti approvato e condiviso con le entusiastiche grida: Viva l’Unità Italiana: Viva Vittorio Emanuele: Viva il Dittatore delle due Sicilie Giuseppe Generale Garibaldi.

il 1° eletto Felice Capuano il 2° eletto Raimondo Albanese

il Cancelliere titolare Nicola Dotoli

il Cancelliere sostituto Davide De Lillo

gli impiegati comunali Liberato..., Annibale Guarini

I Decurioni

Ludovico Gelormini - Raffaele Ciardullo - Domenico Grifone - Ottavio Passeri - Raimondo Puorro - Carlo Pasquale de Filippis - Girolamo Marenga - Michele d’Alessandro - Agostino Parzanese - Gennaro Sicuranza - Giovanni Intonti - Giuseppe Zircoli - Nicola Luparella - Achille del Giacomo - Salvatore de Filippis - Domenico Franza - Domenico Covotta - Michele Ciccarelli - Ettore del Conte - Raimondo De Furia - Filippo de Miranda" (43).

Un documento importante perché sicuramente dettato dalla necessità che le Istituzioni dessero un segnale di pacificazione in una situazione che tardava a normalizzarsi. Infatti qualche iniziativa filoborbonica era stata tentata e sarà tentata fino al 17 - cartelli inneggianti a Francesco II e contro Garibaldi, diffusi nottetempo. Ma niente di più. Quanto bastava, tuttavia, per indurre De Marco a chiedere ed ottenere i pieni poteri e a porre lo stato d’assedio. Il provvedimento era molto grave e il ceto dirigente di Ariano ne avvertì immediatamente tutto il peso negativo che aveva e che avrebbe avuto anche sui rapporti futuri con il nuovo governo. Sicché "il Sindaco, i Decurioni e i Notabili di Ariano" si rivolsero al comandante Civile e Militare della Prov. di P.U. "perché volesse degnarsi di togliere le disposizioni dello Stato di assedio, compromettendosi essi per l’ordine del Paese, che non fu nè sarà mai turbato". La petizione, del 18 settembre, fu firmata da quarantasei persone, tra cui il marchese Figlioli e Vito Purcaro. Questo ricorso all’autorità provinciale era stato anticipato di un giorno da una certificazione (della quale si è fatto cenno nella n. 33) di sperticate lodi a De Marco e ai suoi subordinati. La petizione e le pressioni politiche sortirono gli effetti voluti. Il giorno successivo, infatti, il Comandante Politico e Militare della Provincia, Federico Salomone, telegrafò a De Marco: "Signore Ella avrà la compiacenza di far sospendere qualunquesiasi arresto fino a mia novella disposizione". E due giorni dopo De Sanctis telegrafò allo stesso De Marco: "I poteri eccezionali sono finiti. Ella si metterà sotto gli ordini del potere civile". L’intervento fermo e risoluto del Governatore irpino dovette superare opinioni opposte che ritenevano gli Arianesi infidi e la reazione ancora in agguato. De Marco partì il 26 settembre e il 29 andò via anche il generale Carbonelli con tutti i volontari. Fu accompagnato da tutti i notabili fino a Grottaminarda. ""Un attruppamento di donne arrestarono la carrozza gridando "Viva Vittorio Emanuele, Viva Garibaldi, Viva il generale Carbonelli". Egli sorpreso da tanta novità arrestò la carrozza e ne rese grazie" (44). Per completare il quadro degli avvenimenti di quel settembre bisogna segnalare l’incontro avvenuto a Caserta tra il generale Turr, di ritorno da Ariano, e il Vescovo Caputo. Questi, il giorno 15, espresse al generale ungherese il proprio ringraziamento per l’umanità e lo spirito di carità usato verso la città di Ariano. Nello stesso giorno "Il Nazionale" (quotidiano di Napoli molto vicino alla politica del Cavour) pubblicava una pastorale che Caputo rivolgeva al clero di Ariano. Essa era stata dettata anche dalla necessità per il Vescovo di difendersi dalle voci, giunte anche al Nunzio Apostolico, che lo volevano responsabile della rivolta antiliberale di Ariano e ricercato per essere fucilato (45). Tre giorni più tardi Caputo fece atto di adesione al nuovo Governo in un incontro con Giuseppe Garibaldi di cui parlò ancora "Il Nazionale" del 21 settembre mentre lo stesso giornale del 23 pubblicò il suo giuramento.

NOTE

(33) Sull’ingresso dei garibaldini e dei Cacciatori irpini ad Ariano, tra le varie testimonianze, scritti e resoconti di quelle giornate, ci sono alcune discordanze che riguardano sia la data dell’avvenimento sia il loro comportamento. Mazza e Flammia, pur discordando sulla data, il 9 per il primo e l’8 per il secondo, sono concordi nell’affermare responsabilità dei garibaldini e dei volontari nell’incendio delle case dei contadini alle cave di Scarnecchia. F.De Nunzio, invece, attribuisce quel "nefando reato" ai soldati borbonici in fuga. Questa versione sembra inverosimile e dettata dal tentativo di enfatizzare la purezza del movimento antiborbonico. Infine l’intero Decurionato in una propria deliberazione del 17 settembre attesta, tra l’altro, che gli incendi non erano stati provocati dalle truppe di De Marco ma da elementi dei comuni vicini per contrasti di natura personale. Anche questa versione è "interessata", come si vedrà più avanti.

(34) G. Petella " La legione del Matese durante e dopo l’epopea garibaldina", tipi Lapi, Città di Castello, 1910, p.76.

(35) Arch. De Marco "Lettera di Carbonelli a De Marco" in A.Zazo "Il Sannio nel 1860, Coop.Tip. Benvento, 1927, p.156.

(36) Flammia giudicò De Marco "tronfio e crudele" mentre della legione del Matese scrisse che era "armata però morigerata" op.cit.p.256.

(37) F.De Nunzio "Nella rivoluzione del 1860" in Rivista Storica del Sannio, anno II n. 6, 1916

(38) id. n.5

(39) Deposizione del generale Carbonelli al G.I.- in Cannaviello "La reazione di Ariano del 4 e 5 settembre 1860 ecc.", p. 9.

(40) F. Zerella "La reazione di Ariano nel settembre 1860" in Samnium XVI-XVIII, 1943-45, p. 42.

(41) A. D’Amato "Un dimenticato patriota irpino" Morano, Napoli 1913.

(42) Archivio De Marco in A.Zazo "Il Sannio nel 1860" p.163. Ho cercato invano, nell’archivio De Marco, la risposta del Comandante dei Cacciatori irpini a De Sanctis per conoscere i suoi giudizi sulle personalità arianesi. In una nota del curatore dell’archivio è scritto che la lettera del De Sanctis riportata da Alfredo Zazo nell’opera citata, non è mai stata da lui rinvenuta.

(43) Archivio Comune di Ariano: Registro delle Deliberazioni 1860. Con questa deliberazione inizia il registro relativo al 1860. Non è stato possibile trovare il registro relativo ai mesi precedenti.

(44) Manoscritti Imbimbo in Zerella op.cit.

(45) "La Bandiera Italiana" fin dal 10 settembre aveva pubblicato la seguente notizia : La divisione del generale Turr è partita alla volta di Ariano insanguinata da una atroce reazione, promossa e pagata, ci si afferma dal Vescovo. Deh! sia fatta degli assassini pronta e inesorabile giustizia, ad modum belli".

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