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SAN LORENZO MAGGIORE |
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Comunicazione dei Sindaci di S. Lorenzo e di S. Lupo al Sottoprefetto di Cerreto |
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L'arresto del Sacerdote Nicola Iannotti e del medico Vincenzo De Vincentiis |
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L'arresto del Sacerdote Nicola Iannotti e del medico Vincenzo De Vincentiis |
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da "Preti, Contadini e Briganti" di Pietro Zerella, La Scarana, Benevento, 2000 |
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[…] S. Lorenzo Maggiore, il 28 marzo del 1863, i Carabinieri arrestano: Lorenzo M. di anni 25, accusato di essere un soldato sbandato del disciolto esercito borbonico e di aver fatto parte del brigantaggio; il medico, Vincenzo De Vincentiis di anni 29, e il sacerdote Nicola Iannotti di anni 51, tutti di S. Lorenzo Maggiore, per aver assistito il Lorenzo senza rivelarlo alla Giustizia. Il medico nel corso dell'interrogatorio sostenne di essere un liberale e di ottima condotta; di non essere al corrente che Lorenzo M. fosse ricercato dalla forza pubblica e che se ne stava liberamente in casa del padre Antonio, in S. Lorenzo Maggiore, gravemente infermo e quasi moribondo. Dopo pochi giorni, il Dott. De Vincentiis scrive al Sottoprefetto del Circondario di Cerreto Sannita un'interessantissima lettera, un documento storico che volentieri riportiamo: Signore. Non v'à cosa più barbara al mondo, più disumana in natura della Borbonica Polizia; così ce la discorrevamo una volta, ma adesso non più. Dietro il fatto consumato in S. Lorenzo Maggiore il dì di sabato 28 marzo (1863) non vi è cuore italiano che non debba versare una lacrima sulle ossa degli innumerevoli martiri che lavorono col sangue questa terra sventurata che si chiama Italia! Uno sbirro Borbonico, figlio di un sergente del dimesso esercito e di una lavandaia di reggimento, alla testa della camorra di Guardia Sanframondi uscita salva dalle mani della giustizia, informata dei suoi vituperi, e per quella infame legge che avvilisce l'innocenza e mena in trionfo la iniquità, veniva con le carabine in resta (= puntate) ad assalire il paese (S. Lorenzo M.) seminando il terrore e lo spavento da ogni dove. Lei sa il liberalismo di costoro in che consista, nel dividersi tra loro le prede dei briganti stessi, nel disonorar famiglie, nel dare infine al governo costituzionale la impronta dell'arbitrio e della licenza. Fra questi giungeva propizio il Brigatiere (borbònico) qual compagno di bettola, e di bordello, di età tenera e di classica ignoranza fregiato; questi adunque, non escluso Don Filippo Pigna ed il Capitano, quali rabbiosi mastini, si gittarono nella casa di Antonio M. ivi agonizzava un infelice (Lorenzo M., figlio di Antonio M.) che io visitai nel giorno prima ed affidai ad un prete (Nicola Iannotti); come succede in caso di morte non feci altro che affidarlo a Dio, non dimandai né chi fosse, né donde venisse, perché non ero io Delegato di pubblica sicurezza, né era obbligo mio il farlo trattandosi di malattie naturali. Il Sindaco ed il Capitano della Guardia Nazionale ànno comprovato con testimoni che costui (Lorenzo M.) viveva di fatica in Vinchiaturo ed in Campobasso, ed aveva regolare incartamento, ma se conveniva a questi indagarlo come capi, a me non conveniva certamente, né tampoco al povero prete che in pubblico faceva il suo dovere. Il moribondo fu trascinato in Guardia (Sanframondi) con un baccano d'inferno gridando morte al brigante, ove giunto mori poco dopo; il Dottore (io V. De Vincentis) vostro servo e il tapino arrestati. Manigoldi, vergogna d'Italia, che credete voi che fossero i briganti? Briganti sono quelle galline che strozzate, quelle giovani che violate, quelle case che impoverite; briganti siete voi che calpestate ogni legge Divina ed umana, briganti siete voi che a via di strazii, di furti e di soverchierie menate gente sulle montagne a viva forza. Per parlare a costoro avevo dimenticato di scrivere a lei Sig. Sotto Prefetto e le assordava le orecchie con fatti non nuovi alla Signoria Sua; ma perdoni pure se il furore, che mi divora tutto, aggiunga frasi di disperazione alla natural chiarezza mia. Sig. Sotto Prefetto, io fui arrestato! La sbiarraglia mi accompagnò con insulti alla prigione! Io pensava a lei in quel momento, pensava alle mie povere fatiche durate per la santa causa, a tanti miei versi ed a tante prose, pensava a tante fughe, pensava alla sentenza di morte emanata contro di me dal generale Scotti nel tempo del governo provvisorio! Ma a nulla valse il nome mio, che la Dio mercé suona chiaro per quattro provincie, a salvarmi dall'obbrobrio della prigione! Nulla valse nel cuore del barbaro Gendarme il grido della mia innocenza, e della mia intemerata fede politica! Anzi guai a me se non avessi tenuto Lei per Padre, e l'angelico Giudice di Guardia (Sanframondi) per fratello, a quest'ora languirei nella mia prigione senza fama e senza delitti! Dunque a che tempo siam noi, Sig. Sotto Prefetto? Ricordi pure; se sa, i barbari tempi, ricordi pure la Borbonica Polizia e mi citi, se può, un fatto simile di arbitrio. Di illegalità, di crudeltà, di svergognatezza, di sbirreria! Ma se Lei non sa ricordarlo vel rammento io. Con simile ardimento Caporal Gennaro (imperterrito) alla testa della sua banda brigantesca assaliva il paese (di S. Lorenzo M.) e trascinava seco l'infelice Melchiorre. Ma il simile non stà in tutte le sue parti; i Cosimini (cioè Cosimo Giordano) ed i Chiavoni (cioè Luigi Alonzi detto Chiavone) sono nemici dichiarati della società perché la società è nemica dichiarata di loro; ma non è così dei borbonici Brigatieri, dessi vivono in una società amica e mangiano il pane della società stessa. Vi è dippiù che i briganti di campagna la risparmiano a qualche prete. Ma il Capitano Raffaele Pigna intascò una piastra pel patto di non ligare il Canonico Iannotti (Nicola); dunque dee temersi più l'arma del Re d'Italia, che quella dell'ex re di Napoli, più il Brigatiere dei Carabinieri di Guardia (Sanframondi) con la sua setta che Cosimo (Giordano) ed i suoi compagni. Se è così, di qual maniera ci tocca vivere? Quale terra ci deve accogliere, qual mare ci à da ingoiare? Vittorio Emmanuele, servito da questi bravi, può sembrare quel galantuomo che fu sempre? Di questa babilonia desolata i più cattolici di me trovano ragione nella scomunica fulminata dal Papa; io invece la credo effetto della maledizione di Dio che è più terribile, più formidabile, più tremenda! Mentre si grida la croce ai Borbonici noi abbiamo dei Brigatieri dell'Arma reale che distruggono la semenza dei liberali? Che ne diranno gli amici? Piangono e si percotono il petto con quella mano che pose il SI nell'urna fatale. E Lei che farà, Sig. Sotto Prefetto, in vista di tanti sconcerti che si avverano nel suo distretto? Il cuore suo, lo so, freme di orrore, e sa valutare la perfidia e gli uomini che pretendono spegnere con gli abusi, i più strani, quel fuoco che arde in petto ai veri liberali. Sappia perciò che il Sig. medico M.(orone) (vergogna) è il calunniatore, il Brigatiere dei Carabinieri è lo esecutore delle perfide mire di quella camorra di Guardia (Sanframondi) che Lei sa, io sono il Cristo, ed il paese intero è il vituperato. Se il giornale Roma vantò le gesta della camorra e le prodezze degli sbirri borbonici, un altro giornale vanti il rigore della giustizia, il contegno delle autorità, il giusto gastigo dell'infamia. Si vendetta domando ed aspra vendetta, vendetta per le mie povere finanze, vendetta pel mio disonore, vendetta pel Re tradito, per la Patria avvilita, per Dio calpestato. Lo spero fiducioso nella di Lei giustizia. Dopo questa missiva, il Sottoprefetto volle sapere dal dottore quante visite avesse fatto al disertore (Lorenzo M.), quanto tempo prima dell'arresto l'aveva veduto e dove si trovava quando fu arrestato. Il De Vincentiis rispose: Tre visite feci ad uno sconosciuto parente di un mio garzone; due il giorno prima, l'altra nel dì medesimo della catastrofe, in pieno giorno alla presenza di un vicinato, ed in una casa gremita di adulti e di fanciulli. Il discarico di questo voluto delitto non istinto farvelo perché la Signoria Sua non me l'à chiesto, e per non cadere in quelle mie solite lungherie, che tanto Le annoiano. Ma lei da saggio qual è può suppore quale debba essere questo discarico considerando che in vista di esso la Gran Corte di Benevento decideva per la mia libertà nel mattino di mercoledì Santo poco prima della chiusura dei Tribunali per le feste Pasquali, e che fu prima l'ordine della scarcerazione emanato, e poi fatta la discussione; tanto era l'impegno di vedermi salvo! Il giorno dell'assalto terribile io era in casa e nel vedere le orribili facce della invereconda sbirraglia di Guardia (Sanframondi), e tra questa il (Raffaele) Pigna Capitano, ed il Pigna Filippo armato, uscii di casa per sapere... qual Solferino v'era da espugnare, era tanto l'impeto degli assalitori, ma il Brigatiere che aveva in sul taccuino tre nomi segnati di tre briganti, il mio, quello del canonico e quello del defunto, mi fermò e m'invitò a seguirlo in Guardia (Sanframondi). Le mie visite (fatte a S. Lorenzo Maggiore) furon vane, vi bisognava l'opera del Prete, che pure riuscì vana giacché l'infermo non aveva i sensi; ma il sacerdote aveva ordine da me (i medici comandano in certi casi) di apprestare al moribondo tutti i Sacramenti, e fù sorte della campana, che a cagion del pessimo stato dello infermo, non dette i suoi rauchi tocchi, altrimenti sarebbe stata pur dessa (campana) complice del fatto, e perciò arrestata, liquefatta, e venduta... O' fatto quanto ò potuto per essere breve, ma se noi sono stato quanto si richiedeva, mi scusi col considerare che è pure opera grande far giustizia ai poveri disgraziati. Il 10 aprile il Dottore e il sacerdote furono scarcerati. Gli accertamenti della magistratura continuarono ancora per diversi mesi , ma nulla si può precisare di come sia andato l'epilogo perché i documenti sono andati dispersi. |
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