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BRIGANTAGGIO a S. CROCE DEL SANNIO

da "S. Croce del Sannio nel Risorgimento 1799-1884" di Enrico Narciso, Edigrafica Morconese, 1984

Il 21 luglio 1861 il Governatore di Benevento comunicava al Segretario Generale del Dicastero dell'Interno e Polizia la seguente notizia "la truppa ha arrestato quattro individui in S. Croce di Morcone [S. Croce del Sannio] e due in Castelpagano". Il 19 luglio 1861 Giuseppe De Cecco si offri alle autorità di recarsi, insieme al Guardiaboschi, nel bosco comunale per verificare se colà si fosse stabilita una squadra di briganti comandata dal famigerato Francesco Basile, detto Pelorosso, di Colle, la quale minacciava di occupare il paese per restaurare l'antica monarchia borbonica. Il De Cecco si recò nel bosco e colà fu aggredito insieme al Guardiaboschi.

Il guardiaboschi riuscì a fuggire. Il De Cecco fu fucilato. Il cadavere fu trovato il giorno dopo dai parenti. Il 22 luglio dello stesso anno, riconfermando gli avvenimenti del giorno precedente, il Governatore aggiungeva: "Il comune di S. Croce di Morcone trovasi nella massima costernazione perché benanche minacciato. Ed infatti, nella sera del 19, tre guardie nazionali venivano aggredite nel vicino bosco ed una di esse ammazzata. Otto o dieci guardie nazionali appena vegliano alla difesa del paese che è già pronto ad aprire le porte ai briganti. I tristi insolentiscono e si beffano delle autorità locali, con viso arcigno le minacciano. I poveri funzionari locali hanno fatto di tutto come rianimar lo spirito pubblico e chiamare i cittadini alla difesa. Il Giudice ripetute volte ha fatto suonare le campane a stormo per radunare gente, ma nessuno è corso alle armi. Ha fatto fortificare un campanile per difendere la vita a caro prezzo ma egli certamente resterà vittima ove non sia prontamente soccorso. Il 21 luglio 1861, i briganti di Caruso entrano in Castelpagano, disarmano la Guardia Nazionale, distruggono gli stemmi sabaudi e l'effige di Vittorio Emanuele II, saccheggiano poi varie abitazioni ed uccidono una guardia nazionale. Il giorno 6 agosto 1861, mentre la popolazione era in preda alla costernazione, a S. Croce, nella pubblica piazza, alla presenza del popolo terrorizzato, furono fucilati dalla truppa Luigi Capozzi, fu Francesco, di anni cinquanta, Antonio Zeoli, fu Nicola, ambedue appartenenti al corpo delle ex-guardie, accusati di reazione e di brigantaggio.

"Addì sei agosto 1861, Luigi Capozzi, fu Francesco e fu Tommasina Guerrera, di anni 50 nel grembo della S. Madre Chiesa ed in mezzo alla piazza è morto con colpi di schioppo, punito dall'umana giustizia, dopo essere stato confessato da D. Nicola D'Uva, nelle carceri, ma non è stato nè comunicato, nè stremato, nè assistito"

"Addì sei agosto 1861 Antonio Zeoli fu Nicola e Carmina Santucci, di S. Croce di Morcone, di anni quaranta ed in mezzo alla piazza è morto fucilato dall'umana giustizia ed è sepolto nel convento dopo, essere stato confessato da D. Nicola D'Uva".

Il 21 settembre dello stesso anno la Guardia Nazionale di S. Croce di Morcone arrestava un pericoloso capobrigante: Antonio Mucciacciaro, detto "pilo di capra", come informava il Governatore di Benevento Gallarini alla Luogotenenza. Il bosco di S. Croce e di Castelpagano erano diventati Il quartiere generale del capobrigante Michele Caruso di Torremaggiore. Ivi si trovavano circa duecento briganti a cavallo, come informava il Sottointendente Paces al Governatore di Benevento. Il 13 Marzo 1862 furono uccisi dai briganti di Caruso due ex-guardie urbane: D'Uva Giovanni fu Domenico e D'Uva Saverio fu Carlo. Mentre Carmine Petrillo di Annibale, anche lui ex-guardia urbana, accusato di reazione moriva di febbre petecchiale non appena tornato dal carcere di Benevento, il 28 marzo 1863. Suo padre, invece, preso dai briganti di Caruso, mentre tornava da Cerreto, fu impiccato durante la notte del 25 aprile 1863. Nei mesi di luglio e agosto del 1861, S. Croce era sotto la minaccia di essere occupata dai Briganti di Caruso; molti liberali si rifugiarono nella Casa dei Galanti, come apprendiamo dalla seguente nota aggiunta al Giornale di spesa di vitto delle spese giornaliere: "Pel brigantaggio, che minacciava di aggredire Santacroce si sono riuniti nel nostro Palazzo, il Giudice con un buon nerbo di liberali per difenderci: quindi ho dovuto per dovere far loro trattamento per molti giorni nel mese di luglio, perché pernottavano ancora" (Luglio, 1861). Ed ancora nell'Agosto 1861: "Pel brigantaggio organizzato dall'infame partito borbone ed austroclericale obbligato a tenere in casa a pernottare dieci e dodici valenti individui, in casa bene armati, fra i quali il Giudice, a tutto trattamento, pronti sempre a far fronte ad un'aggressione di detti assassini". Nel mese di agosto in Casa Galanti fu organizzato un trattenimento per gli Ufficiali Italiani intervenuti a S. Croce. Nell'estate del 1861 a Santa Croce vi era un distaccamento di soldati piemontesi, come riferisce Mario de Agostini in una lettera al padre: "Io intanto ogni giorno mandava corrieri dappertutto e al Governatore e all'Intendente, insistendo per avere qualunque piccola forza. Il primo mi diceva di chiederla al comandante Piemontese in Santa Croce ove era un distaccamento di truppa; il secondo non aver che farci esser minacciato d'aggressione. Spiccai due corrieri a Santa Croce. Quel comandante mi rispose non poter sparpagliare i suoi uomini per non capitare come a Colle ove i soldati avevano dovuto posare le armi all'entrata dei briganti". Nel 1862 il paese era ancora minacciato dai briganti. La popolazione era terrorizzata dalla presenza nel bosco di tredici briganti con a capo Giuseppe del Grosso, detto Mastropellecchia, di S. Croce. Al sindaco Giuseppe De Mariarosa si erano presentate diverse persone che avevano dichiarato di aver visto Mastropellecchia. Il 25 marzo furono convocati in seduta straordinarià i Galantuomini e il Clero di S. Croce per decidere di "doversi barricare il paese per difenderlo dall'invasione dell'orda dei briganti che infestano queste provincie napoletane Il 25 Aprile 1863 Il Sottoprefetto di S. Bartolomeo avvisava il Sindaco di S. Croce: "La banda di Caruso di 50 individui è penetrata in territorio di Castelpagano. Lei faccia stare la Guardia Nazionale sotto le armi per impedire che penetrassero i malfattori in codesto territorio". Il 25 Agosto la banda di Caruso è segnalata nel territorio di Cercemaggiore, come avvisava il Sottoprefetto Berni di S. Bartolomeo al Sindaco di S. Croce. Finalmente la notizia dell'arresto del brigante Caruso:

S. Bartolomeo, 10 Dicembre 1863

Al Sign. Sindaco di Santa Croce di Morcone.

"Il Capo Banda Caruso è stato arrestato questa mattina alle 4 a. m. con la sua fidanzata ed un altro brigante dalla Guardia Nazionale di Molinara. Si compiaccia farlo pubblicare a rullo di tamburo e a termini della Circolare del Sign. Prefetto 2 Ottobre, n. 1724, raccomando nel contempo continue perlustrazioni nelle masserie e luoghi sospetti, ove può nascondersi qualche ultimo e malconcio avanzo della già distrutta immane banda".

Nel 1863, da un rapporto fatto dal Sindaco la situazione del brigantaggio a S. Croce era la seguente. I cittadini santacrocesi datesi al brigantaggio erano: Giuseppe D'Uva, in libertà vigilata; Antonio D'Uva, che si era presentato spontaneamente, in carcere a Decorata. Giuseppe del Grosso "Mastropellecchia" era stato preso e fucilato a S. Croce di Magliano; Giuseppe di Maria era stato preso e fucilato in S. Marco la Catola; Angelo Zeoli, arrestato, era nelle carceri di Benevento; Emilio de Cecco, preso e fucilato a Venafro; Giuseppe di Maria fu Nicola, disperso. Forse ucciso; Antonio Pilla, arrestato ed in libertà vigilata.

Le imprese del brigante Mastropeliecchia descritte da testimoni

L'anno 1862 il giorno quindici Maggio in S. Croce di Morcone - Noi Giuseppe De Mariarosa, sindaco di questo Comune ed uffiziale di polizia ordinaria, assistito dal segretario Sign. Saccone. Informati dalla pubblica voce che un'orda di briganti già dal giorno otto corrente mese si trovi annidata in questo bosco comunale per essere stata veduta da diversi individui e specialmente da Giovanni Festa, Gaetano Capozzi, Nardone, Giuseppe De Maria, Coscia, Antonio Galante, Antonio di Micco. Volendo constatare in modo non dubbio una tale notizia abbiamo fatto venire alla nostra presenza i cennati Individui che abbiamo inteso l'un dopo l'altro nel modo che siegue.

Giovanni Festa Interrogato analogamente: ha risposto che nella mattina del suddetto giorno otto andante ritornando dal Comune di Castelpagano, giunto alla contrada Fontana Avellana del bosco di questo comune s'imbatté con tredici briganti fra i quali riconobbe il Giuseppe del Grosso, altrimenti Mastropellecchia che già dall'anno scorso fa parte delle bande armate che scorrono la campagna e che è di questo Comune, essendo tutti gli altri di lontani paesi. Che il detto Del Grosso volle sapere dal dichiarante se in Castelpagano erasi inalberata la bandiera Rossa e se altrettanto si era praticato in S. Croce e rispostogli negativamente si allontanò dai medesimi...

Gaetano Capozzi Nardone Interrogato opportunamente: ha risposto - che nella sera del giorno otto di questo stesso mese, stando nella sua casa rurale alla contrada S. Angelo poco lungi da questo bosco comunale, ivi si recarono verso le ore ventiquattro circa venti briganti fra i quali distinse soltanto il paesano Giuseppe del Grosso Mastropellecchia, essendo tutti gli altri di alieno paese. Tre di essi si avvicinarono al dichiarante e gli chiesero un agnello che fu obbligato non solo di consegnarlo agli stessi ma dovette anche cuocere la carne che mangiarono tutti nella detta casa rurale e dopo se ne andiettero nel bosco vicino ove accesero un gran fuoco durante tutta la notte.

Giuseppe De Maria Coscia domandato analogamente: ha risposto che nel giorno dodici corrente i suddetti briganti si portarono nella masseria che egli possiede vicino a questo bosco comunale e chiestogli del formaggio e della ricotta ,che diede loro, si posero a mangiare, essendo provveduti di pane e dopo poco tempo ritornarono nel bosco donde erano venuti.

Antonio Galante interrogato analogamente: ha risposto che nella sera degli undici corrente mese i briganti. dopo un'ora di notte sì recarono nella sua masseria alla contrada Piana d'Olmo non lontano dal bosco comunale e gli chiesero un agnello per mangiarlo. Avendo fatto loro intendere che gli agnelli li aveva già venduti si contentarono del latte che li offri con dargli pure del formaggio e della ricotta e dopo mangiato tali cose andarono nel bosco.

Domenicantonio Di Maria. Domandato analogamente: ha risposto - che nel giorno dieci andante, passando egli pel bosco di questo Comune, alla contrada Fontana Finocchi s'imbatté con i ripetuti briganti ed avendo fra essi riconosciuto il paesano Giuseppe del Grosso - Mastropellecchia, e il disertore Giuseppantonio di Maria d'Ambrosio, domandò al primo a quale oggetto trattenevasi con i compagni in questo bosco, ed il medesimo rispose di aver avuto incarico da non pochi proprietari di masserie attigue al detto bosco di uccidere il Guardia-boschi, che dopo di ciò il prefato del Grosso scrisse una lettera al Capitano di questa Guardia Nazionale Signor Capozzi che fu dettata da un di lui compagno a nome Domenicangelo e la consegnò ad esso dichiarante con incarico di portarla al Signor Capozzi; come fece. Che lo stesso Del Grosso gli disse che dovevano anche assaltare questo paese ed attendeva gli ordini del suo superiore, non senza manifestargli che era stato sotto il comando di Chiavone nel mese di Ottobre sino a tutto Marzo ultimo, e quindi avendo tirato un colpo di fucile uscirono da diversi punti del bosco circa venti suoi compagni fra i quali vi erano quattro soldati papalini che dopo tutto ciò il dichiarante si concedò dai detti briganti e se ne venne in paese.

Le imprese di Michele Caruso nei rapporti dei sindaci

Il sindaco di Morcone scriveva al Sottoprefetto del Circondario di Cerreto informandolo sugli ultimi eventi della banda Caruso.

Morcone, 16 Marzo, 1863. Signore, in continuazione del mio rapporto in data di ieri, speditole per espresso, mi rendo sollecito di passare a sua conoscenza i dettagli delle vessazioni commesse dai briganti nei giorni ieri e l'altro. Verso le ore cinque e mezzo del giorno 14, la comitiva Caruso, dalla direzione di Fragneto sbucava nella pianura di Selvapiana; tenimento di Morcone e distante dall'abitato oltre sei miglia ed al confine del tenimento di Campolattaro e non più di due miglia è discosto da quell'abitato. Ieri, giunta con tutto agio, si dette a frugare le diverse case rurali dei fratelli Fusco, miei amministrati, ai quali tolse pochi viveri ed una scarsa quantità di foraggi pei cavalli In atto stava ciò praticando, apparve dal lato opposto, verso Casal di Janni di Reino, una forte mano di truppa, sicché la comitiva, senza indugio lasciava Selvapiana e dirigevasi alla volta di S. Croce per la via di Coffiano ed altre poco discoste dal tenimento di Circello. Via facendo, comunque inseguiti dalla forza anzidetta, entrarono nelle masserie di Tommaso Rinaldi Laganella e degli eredi di Giambattista di Fiore, anche essi naturali di questo comune e pur dimoranti in questo tenimento, appropriandosi ivi di altri foraggi e giungendo poscia di internarsi nel bosco di S. Croce. La sera appresso però verso un'ora di notte scendeva per questa consolare e nella Osteria dei fratelli Paolucci, tenuta a fittanza da Alfonso Falasca, al quale derubava una somma di ducati 50, poche camicie ed un calzone, s'impossessava di cinque cavalli della corriera postale e di altri tre di un calessiere di Maddaloni sequestrando pure un Frate dei Minori Osservanti il quale recavasi a vedere i suoi in S. Croce (P. Ilario da S. Croce di Morcone). Indi a ciò nel corso della notte si diresse alla volta di Sepino, dove quasi a sfida del piccolo drappello del quarantacinquesimo ivi stanziato, si fece a scaricare diverse fucilate alle finestre di una delle tre osterie ivi esistenti e poscia soli sulle alture di Canepino, lungo il confine di S. Croce e Cercemaggiore, lasciando poscia sei cavalli che forse non si prestavano a camminare e dei quali si impossessò il detto distaccamento di Sepino. Null'altro mi è riuscito sapere sulle ulteriori mosse della comitiva. Il distaccamento incaricato alla perlustrazione di' questa rotabile, come ella ben sa, ha il suo quartiere nell'abitato e nel momento in cui avvenne l'oppressione della Osteria Paolucci era ritornato nella caserma. Debbo assicurarle che le perlustrazioni vengono eseguite tutto il giorno nella massima scrupolosità, come pure che non si ebbe notizia qui della presenza dei briganti su questo tenimento; diversi corrieri furono spediti nei comuni di Pontelandolfo, Fragneto, Colle, Circello e Sassinoro onde accorrere colà rispettive. Forse nel luogo minacciato; ieri poi tutti i soldati qui distaccati, in compagnia di un drappello di queste guardie nazionali si recaron in S. Croce per appoggiare i movimenti della forza uscita da Campobasso, non senza la cooperazione di questi Real Carabinieri. Infine mi permetto osservare che fino a tanto che il Governo tollererà che rimanga aperto l'uscio della casa, ogni conato da parte della popolazione non giungerà affatto a spegnere un tanto male il quale va recrudescendo alla giornata".

Amministrazione Municipale - S. Croce, il 15 marzo, 1863 "Signore, devo metterlo a conoscenza che il giorno 14 nelle ore pomeridiane si osservò la solita banda dei briganti capitanati dai famosi Caruso e Varanello in numero di circa 80 transitare pel tenimento di Morcone in quello di Castelpagano, fermandosi alla contrada S. Angelo sul far della sera. E persone, degne di fede mi riferirono che la sera stessa essi briganti, conoscendo che dal vicino Comune di Circello moveva la truppa, fossero risoluti a battere la strada che mena al Bosco di Riccia. Per tali notizie io mi restringeva a dare ordini a questa Guardia Nazionale di sorvegliare al buon ordine del paese, stante la solennità del Natalizio del Re. Intanto fuori ogni previsione son venuto a conoscenza di buon mattino che la banda suddetta sotto un cielo rigido e piovoso a due ore di notte fece tutta la strada da S. Angelo alla piana di Morcone, comunque le tenebre fossero state densissime, ivi assalirono le taverne sulla strada consolare e precisamente quella ove ferma la posta, ivi catturarono otto cavalli e presero il religioso di nome P. Ilario di questo comune appartenente alla famiglia Di Maria, che menandolo seco loro, gli chiesero per riscatto docati ventimila. I briganti al ritorno fecero la stessa strada di prima, il preso religioso con un coraggio esimio saltò dalla vettura e si salvò dalle loro mani con la fuga protetto dalla densa oscurità notturna. Si è saputo ancora che la banda stessa abbia raggiunto il tenimento di Castelpagano ove credesi che vi sia tutt'ora. Ormai si conosce troppo che questi briganti fanno sempre la stessa via, e non meglio che nella contrada S. Angelo ove essi fanno alto tutte le volte che vi ritornano potrebbero sterminarsi per la felice posizione del luogo. Sulla Guardia Nazionale non vi è da fondare perché si sanno troppo ben le notizie che gli stessi soldati sono stati soccombenti in diversi incontri. Quindi io sarei d'avviso che un numeroso distaccamento di truppa stanziato per pochi giorni tra Colle, Cercemaggiore e Santacroce potrebbe coglierli in mezzo una volta per sempre con l'accorgimento di saperne il loro movimento per via di corrieri ed esploratori continui".

Amministrazione Comunale di S. Croce di Morcone. S. Croce, 26 Aprile, 1863 "Signore, Cinquanta briganti a cavallo capitanati dai famigerati Varanello e Caruso comparivano quest'oggi in questo tenimento, a l'una pomeridiana si dicevano davanti la casa rurale di un tal Angelo Gioia a poca distanza dall'abitato. Ho creduto di riunire subito un numero di 33 Guardie Nazionali con alla testa il Capitano Sig. Capozzi, il Ricevitore Sig. De Mariarosa, i Luogotenenti Sig. D'Uva, Saccone e molti altri, non escluso il Sacerdote Sig. D. Leonardo Gioia e 5 carabinieri con il loro maresciallo Sig. Antonini... dove quei tristi si erano raccolti. Un altro drappello di cittadini e Guardie comandati dal Sottotenente Sig. Nicola D'Uva e con alla testa il Giudice Regio Leopoldo Stanzione e dal Consigliere Provinciale Sig. Ubaldo Gioia si diressero per altro punto onde impedire la fuga e tenerli circoscritti. Ma a vista della forza quei sciagurati fuggirono e nell'inseguirli abbandonarono una giumenta e tre cavalli che indi catturammo e consegnammo al Giudice per esporli venali e dividerne il prodotto agli intervenuti. Al secondo drappello mancò il tempo fisico per chiudere quella masnada la quale fuggendo giungeva alla masseria di Angelo Di Maria ed uccideva quest'ultimo insieme con due bovi dello stesso sol perché negò loro il fucile, a quanto si dice. Nel mattino pria di rifugiarsi nel casolare di Angelo Gioia freddarono un'altra Guardia Nazionale: Giovanni del Grosso che smontando dal posto di guardia si ritirava nel suo abituro e verso le tre pomeridiane si videro da tutti percorrere le campagne del fu Bosco di Morcone dirigendosi alla strada rotabile. Verso le 5 sulla strada istessa rubavano, spogliando diversi naturali di questo comune i quali facevano ritorno dalla fiera di Cerreto e seco loro condussero un proprietario di qui Annibale Petrillo chiedendo D. 4000 per riscatto. Lo ligarono con una fune alla gola e dopo trascinato per qualche tempo da un cavallo, a vista degli altri paesani, lo uccisero con un colpo di fucile. Il pubblico entusiasmato contro quei malfattori correva sfrenato per averli nelle mani, ma quel brio fu tosto cangiato in lutto alla notizia suindicata, e ai fatti compiuti. Tutto ciò perché Ella ne abbia conoscenza.

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