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PAUPISI |
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GUARDIA NAZIONALE MOBILE DISTACCATA NEL CIRCONDARIO DI VITULANO Stato nominativo di pagamento fatto oggi 14 luglio 1861 da: A. ZAZO - "Il Sannio nella rivoluzione del 1860. I Cacciatori Irpini" - Benevento, 1927 Tenente Colonnello GIUSEPPE DE MARCO Primo Tenente VINCENZO TORRE Secondo Tenente DOMENICO RICCI DOMENICO LAMA Sergente Furiere TITO PARMEGGIANO Sergenti FRANCESCO IANNELLA fu SAVERIO FRANCESCO IANNELLA FRANCESCO CAMPAGNUOLO Caporali ORAZIO ZOTTI GAETANO BACCARI ACHILLE DE JULII PELLEGRINO IANNELLA TOMMASO MARANO LUIGI RICCI MARCANTONIO BUONO Militi DOMENICO IZZI PIETRO PEDICINI ANTONIO MAIELLO A. ANTONIO EVANGELISTI COSMO SANTORO GIOVANNI VIGLIONE FRANCESCO BACCARI FRANCESCO OSECCHIO GIUSEPPE CAROLLA GIUSEPPE CAVUOTO GIOVANNI ABETE ANTONIO DEL NINNO FRANCESCO PULIGNANI ANGELO BANCARI ANGELO ROMANO ANTONIO COLLARILE NUNZIO DELLICARRI GAETANO PETRUCCIANI SALVATORE ADIACO VINCENZO MUZZILLO GAETANO PILLA VINCENZO BABUSCIO GAETANO CAVUOTO DOMENICO DEL GROSSO COSMA PAULINO CAMILLO GRAMAZIO VINCENZO MAINELLA GIOVANNI TRETOLA GENNARO JANNELLA fu DOMENICO AGOSTINO DE FILIPPO NICOLA PALUMBO CRESCENZO MAFFEI GIUSEPPE CUSANO FILIPPO PULCINI
LA FINE DEL BRIGANTAGGIO di: Floridante BIZZARRO - da: "Paupisi nella storia" Ricolo Editore - Benevento, 1981 La fine del brigantaggio nel Beneventano è appena accennata nelle cronache del tempo, ma vive ancora oggi nei racconti del focolare presso gli anziani dei paesi della zona del Vitulanese. Il monte San Menna là dove si adagia Paupisi ed i casali di San Pietro la Difesa e Santo Stefano, lungo il fiume Calore, fino a Solopaca, erano dimora e campo d'azione e di rifugio delle bande bene organizzate e foraggiate dallo spodestato re di Napoli, nel 1860-1861, al comando di due fra i più astuti briganti del Mezzogiorno, il Caporal GENNARO e il Caporal MEO. Non riveliamo i cognomi delle rispettive famiglie ancora esistenti nel luogo. Poco dopo la costituzione della nuova Provincia di Benevento, nel settembre 1860, con decreto del dittatore GARIBALDI, il re VITTORIO EMANUELE II, preoccupato della grave situazione del Sannio, infestato come negli Abruzzi e nel Molise, da orde di criminali, agli ordini del Borbone ansioso di riconquistare il trono, creò la Guardia Nazionale, quale polizia repressiva di Stato, con elementi locali di provata fede patriottica, e venne decretato lo stato di assedio nella Campania, nel Molise e nell'Avellinese, al comando del generale GIORGIO PALLAVICINO. Per designazione dell'eroico colonnello garibaldino GIUSEPPE DE MARCO da Paupisi, membro del Direttorio di Benevento, l'artefice della rivoluzione sannita che scardinò totalmente il Regno borbonico, come è consacrato nella Storia del Risorgimento e nelle pagine della liberazione del Mezzogiorno, il generale PALLAVICINO nominò a capo della Guardia Nazionale per Paupisi e territorio PASQUALE ZOTTI, detto per antonomasia "don Pasquale" autorevole personalità del paese, uomo di specchiata onestà, facoltoso proprietario terriero di San Pietro la Difesa. Di antica famiglia oriunda del Veneto, trasferita nel lontano Medio Evo nelle Calabrie, e stabilitasi poi nel Sannio, aveva con sé l'austerità e la statura morale nonché fisica della gente alpina; di poche parole, autoritario, energico nel gesto, severo con se stesso e con gli altri, era l'uomo più adatto per ristabilire l'ordine e l'autorità dello Stato, contro insidie di malfattori, rei di efferati delitti contro la vita e la proprietà. Senza esitare don Pasquale Zotti, iniziò l'azione a fondo per la cattura dei due briganti, mentre le truppe regie agivano nella zona del Taburno. Ma un triste giorno, presso la sua masseria della "Fontanella" in quel di San Pietro la Difesa, i briganti catturarono il figlio minore, giovane inesperto, GENNARO, padre di EMILIA, nonché lo stesso arciprete del paese, congiunto di don Pasquale, don FRANCESCO ZOTTI, e trascinarono i due sulla montagna. Seguì il ricatto con la minaccia di morte per entrambi, ove non fossero consegnati generi alimentari e denaro. Don Pasquale non mosse ciglio e ordinò che tutto quanto richiesto fosse approntato e condotto sulle grotte indicate al monte San Menna. I prigionieri vennero restituiti laceri e malconci per lividure e sevizie, con propositi di minaccia e di vendetta per don Pasquale. La riscossa non tardò ad essere organizzata nel più rigoroso silenzio, dagli ZOTTI padre e figlio ORAZIO, vice comandante della Guardia Nazionale, anche egli animoso e ardimentoso. Ricevute armi e munizioni dal comando di Benevento, radunati fidatissimi coloni, con abile accorgimento, riuscirono a trarre i due briganti in una casa all'ingresso del paese presso la chiesa di Santa Maria del Bosco, ora abbattuta. Dallo studiato appostamento, ORAZIO ZOTTI, che si era posto a capo dei coraggiosi, insieme col fratello minore GENNARO, iniziarono l'attacco e dopo una violenta sparatoria, malgrado l'accanita difesa, i due briganti feriti vennero catturati, insieme con altri cinque della banda. Per ordine di don Pasquale, tanto caporal GENNARO come caporal MEO, vennero passati per le armi, come da autorizzazione ricevuta. All'alba, i corpi dei malfattori venivano impiccati all'ingresso del paese e un inviato era spedito a Benevento per comunicare l'esito dell'operazione, che meritò l'elogio del generale PALLAVICINO. Con un apposito bando don Pasquale avverti nelle campagne che tutti tornassero al lavoro e alla sicurezza dei beni e della vita, poiché il brigantaggio era finto. L'impresa di Paupisi segnò il declino della resistenza del brigantaggio. Pochi giorni dopo, le truppe del Taburno catturavano il più efferato della zona, il celebre CARUSO, fucilato sulla piazza d'armi a Benevento, e nell'Avellinese, le truppe regie catturavano e uccidevano i fratelli SANTANIELLO. Don Pasquale Zotti si ritirava tranquillo e sereno nelle sue terre, dopo aver ceduto il Comando della Guardia Nazionale al figlio ORAZIO, fino al termine dello stato d'assedio. |
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