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LA BANDA ANARCHICA DEL MATESE (1877) |
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Errico Malatesta & Carlo Cafiero |
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da: "San Lupo, un splendido fiore di pietra" a cura del Comune - Istituto Grafico Editoriale Italiano - Napoli, 1989 e da: "Storia di Benevento e dintorni" - Vol. III - Edizione Ricolo - Benevento - 1987 |
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[...] Era ancora vivo tra le nostre popolazioni il ricordo dei cruenti scontri avvenuti fra le aspre colline sannite e le giogaie del Matese, tra le bande di Crocco o Giordano e le truppe piemontesi, quando un nuovo fremito le percorse. E questa volta San Lupo assurse a ruolo di protagonista. Doveva partire proprio da questo minuscolo centro del beneventano la scintilla rivoluzionaria che avrebbe dovuto infiammare prima il Meridione e poi l'Italia intera. Questo il sogno degli Internazionalisti Anarchici, seguaci delle teorie del russo Bakunin. La mattina del 3 Aprile 1877 Carlo Cafiero, Errico Malatesta e una "bionda signorina dagli occhi verdi" giunsero a San Lupo, alla Taverna Jacobelli, dicendo di essere inglesi. Fecero scaricare dalla carrozza parecchie casse pesanti e dopo un giro d'ispezione presero la strada del ritorno verso Napoli. |
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TAVERNA IACOBELLI "La casa che deve servire di riunione di capi del movimento anarchico e di deposito delle armi è stata presa a pigione negli scorsi giorni a S. Lupo, circondario di Cerreto Sannita, mandamento di Pontelandolfo, a cui si accede dalla stazione di Solopaca. La casa suddetta è la prima a mano sinistra entrando in S. Lupo da Guardia Sanframondi: è composta di un solo piano ed ha accosto ad essa uno stallatico". - Il Questore al Prefetto di Napoli - 26 marzo 1887 - |
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La Taverna era di proprietà del Cavaliere Achille Jacobelli, personaggio di spicco dell'epoca, conosciuto in tutto il circondario. Nominato Maggiore della Guardia Nazionale nel 1848, ebbe incarichi di grande prestigio e percorse le varie tappe di una brillante carriera. Fu sollevato da ogni responsabilità nell'Agosto del 1861, dopo i sanguinosi fatti di Pontelandolfo e Casalduni. "Uomo risoluto e intraprendente", "amante di predominio", "Cavaliere di tutte le bandiere": questi alcuni giudizi espressi da studiosi che si sono occupati di lui. Era nelle grazie di re Ferdinando II che, pare, lo onorasse di una visita a San Lupo il 9 Febbraio 1852. Errico Malatesta, uno dei cospiratori responsabile dell'azione, era stato, a Napoli, compagno di studi del notaio De Giorgio, sindaco di San Lupo e amministratore dei beni della famiglia Jacobelli. Conosceva bene i luoghi e la disponibilità della gente, già dimostrata negli anni del brigantaggio, all'insurrezione. La sera del 5 Aprile arrivarono altre casse di equipaggiamento ed altri Internazionalisti fra cui Cesare Ceccarelli, Antonio Cornacchia e Napoleone Papini. Malatesta aveva affidato l'incarico di assicurare l'appoggio dei contadini del posto ad un certo Salvatore Farina, ex garibaldino e sperimentato cacciatore di briganti nella zona del Matese. Conosceva i luoghi e la gente. Ma il Farina, più avido di denari che interessato all'emancipazione del proletariato, vendette le informazioni ai carabinieri e sparì. E la notte fra il 7 e l'8 Aprile 1877 gli Internazionalisti, sorpresi dai carabinieri appostati non molto lontano, sotto un ponte, per un errore di valutazione, furono costretti a scappare lungo i fianchi del monte dopo aver caricato i bagagli su tre muli. Cafiero, Malatesta e gli altri camminarono tutta la notte per arrivare la mattina dell'8 Aprile nel comune di Letino, sul massiccio del Matese. Qui attuarono il piano previsto per San Lupo: Vittorio Emanuele fu dichiarato decaduto, il popolo fu proclamato sovrano e gli archivi municipali che custodivano i registri dei debiti dei contadini furono bruciati. Ma la fiammella dell'insurrezione rimase tale, non diventò un incendio! L'intervento dell'esercito in maniera massiccia e decisa, la precarietà dell'organizzazione e le difficoltà logistiche su un territorio ancora innevato, malgrado fosse Aprile, ebbero ragione anche di quest'altra forma di ribellione. Nel giro di pochi giorni tutti i componenti la banda di San Lupo furono arrestati e con essi fu imprigionato anche quell'atto di provocazione mai raccolto. Da questo momento la storia di San Lupo é storia nazionale, cosicché qualche episodio, seppure di rilievo, accaduto, appartiene più alla cronaca che alla storia. |
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