Il Risorgimento comunale e nazionale |
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"I SETTARI" |
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tratto integralmente dall'opera inedita del Preside Nicola Servodidio dal titolo "TERRITORIO E COMUNITA' DI SAN MARTINO SANNITA - Origini, vicende, ipotesi, aspetti, sviluppo socio-economico, note di antropologia" - Impostazione 1965, aggiornamento 31.12.1988 |
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S. Martino A.G.P. era detto scherzosamente nel secolo scorso l'Atena del Sannio, per la presenza di molti laureati nel suo territorio ed anche di persone colte, che nutrivano aspirazioni all'unità nazionale, mentre il popolo, analfabeta non per sua colpa, non riusciva talvolta a capire i fatti storici e a veder chiaro nel corso degli eventi, abbrutito com'era dal duro lavoro. Tuttavia partecipò numeroso all'insurrezione (vedi l'elenco dei settari). Moti insurrezionali si svolsero anche in questo territorio nel 1820, collegati con quelli di tutta l'Irpinia e di Avellino, su cui si diressero i due sottotenenti Michele Morelli e Giovanni Silvati. Nel territorio dell'attuale comune si svilupparono due società di Carbonari:
Allora, in 85 comuni dei 136 della provincia di Avellino esistevano delle Vendite, ossia associazioni segrete (1). I carbonari di S. Martino, una domenica mattina, insorsero issando il tricolore sulla chiesa, mentre il prete celebrava la messa, tra gli applausi festosi degli associati. Nelle liste degli insorti figurano nomi e cognomi di ascendenti di persone scomparse da poco, come pure tra i testimoni a carico, tra cui un certo G.C. L'inchiesta fu affidata al prete di S. Pietro Irpino e si concluse con l'assoluzione del prete di S. Martino, perché risultò che era stato costretto "a viva forza" ad officiare. Tra i promotori figurano nomi di persone altolocate di Lentace e S. Martino, ma anche popolani, i cui discendenti vivono ancora. Il Testa dice che nel 1848 i proprietari fecero argine a qualsiasi forma di violenza o ad idee che "tendessero a minacciare la sicurezza del patrimonio privato" (2). Le due società segrete carbonare testimoniano il contributo di idee e di azione dato dalla popolazione locale al moto unitario risorgimentale. Le idee liberali furono portate a S. Martino dai laureati in medicina, in giurisprudenza e in farmacia, che erano circa otto, i quali le avevano apprese e vissute all 'Università di Napoli. Gli avvocati e i farmacisti, laureati nel periodo compreso tra il 7.7.1820 e il 23.3.1821, furono sospesi dalle loro professioni e sottoposti ad un esame, a norma del decreto 11.6.1821. Chi non si sottopose al nuovo esame oppure non ottenne la rinnovazione della laurea, restò inabilitato all'esercizio della sua professione. Nella provincia di Avellino alcune lauree furono annullate, perché conseguite nel periodo detto. Non si sa con precisione che cosa volessero i carbonari di S. Martino: certamente prima l'unificazione delle Comunità in un solo Comune, e poi quella nazionale, di cui era espressione la bandiera tricolore. - Era un iter giusto: Communitas communitatum che oggi noi prospettiamo su un piano internazionale fino all'Organizzazione delle Nazioni Unite, la futura Repubblica Universale. Si riporta un elenco stralciato dai registri dei "Principali settari irpini nella rivoluzione del 1820 nei Circondari di S. Giorgio la Montagna, S. Giorgio la Molara, Paduli, in Atti della Società Storica del Sannio - Benevento. a.VII (1929) n. 3 pag. 48-75" (SL-XIV-6-7-Biblioteca Provinciale di Benevento). Ecco l'elenco dei "Principali settari della rivoluzione dei 1820 dei circondari di S. Giorgio la Montagna, S. Giorgio la Molara, Paduli, secondo i registri di Polizia del grande Archivio di Napoli. Minist. della Polizia an. 1823, fasc. 247 n. 460, vol. 1° e 2° Polizia".Settari di S. Martino Ave G.P.
Settari di Lentace
Settari di Terranova S. Giacomo La Vendita "I Pitagorici" della provincia di Avellino pare risiedesse proprio in questo Comune. In un documento "Stato nominativo degli individui addetti al buon ordine, distaccati ai posti di Casanova, Antignano, Casino de' Cinesi dopo i Granili, e Capodimonte per disposizione di S.E. il ten. Gen. Filangieri Principe di Satriano e Governatore di R. Piazza di Napoli, smontati da tal servizio per ritirarsi in patria oggi 13 luglio 1820" troviamo insieme con Carbonari di altre Vendite i seguenti individui appartenenti ai Pitagorici della prov. di Avellino venuti nella capitale il 9 luglio con l'armata costituzionale per partecipare alla solenne sfilata dal Campo di Marte alla reggia: De Siena Pier Giovanni, capo posto - Bosco Giacomo - Briglio Publio - Camerino Pasquale - Camerino Raffaele - Cervone Giovanni - D'Argenio Vincenzo - Dente Giuseppe - Ibelli Crescenzo - Lanzotti Giuseppe - Lanzotti Michele - Mazzarella Gioso - Monaco Angelo - Nuzzolo Felice - Nuzzolo Giov. Antonio - Pagnotta Vincenzo - Taddeo Michele - Torricelli Gerardino.
Settari di Mancusi
Cannaviello Vincenzo - La setta dei Filadelfi scoverta nel 1828 - Irpini affiliati a questa e ad altre sette. Rivista storica del Sannio - Benevento 1922, a.VlII n. 5, pag. 151-156; n. 6 pag. 193-200 (SL XIV 3-8) - Biblioteca Provinciale - Gr. Arch. di St. di Napoli: Sez.1° Minist. di Polizia, Gabinetto,an.1828 fasc. II, vol. 15,1V. "Nel maggio del 1828 si scopriva in Napoli e nelle province limitrofe la setta dei Filadelfi. Nata nell'esercito francese al tempo del Consolato... essa si estese nelle province meridionali d'Italia, probabilmente il 1806, per mezzo di militari francesi dell'esercito di occupazione, e d'allora fino a quando fu scoverta riuscì a sottrarsi alle mille arti della Polizia. Gli affiliati pensavano di promuovere un politico rivolgimento: i più ardenti vagheggiavano di arrivare alla repubblica; la grande maggioranza formata da più temperati si appagava di ripristinare nel regno gli ordini rappresentati sulla base della Costituzione di Francia" "La setta artatamente combinata per comunicazione ambulante da individuo a individuo era senza determinazione fissa di luoghi, di giorni e di persone. L'iniziato nel giurare la distruzione di despoti si obbligava di non palesare giammai né il nome di chi l'aveva istituita, ne i misteri della setta e, sottoscritto il giuramento col proprio sangue estratto dalle dita con punture di ago, dava alle fiamme la carta acciò non ne restava traccia; e perché nessuno discoprisse gli associati erano in divieto le adunanze, i diplomi, gli emblemi. La setta aveva dieci gradi ed a ciascun grado erano inerenti dei motti di distinzione... La parola soccorso era Eleusin. l segni di riconoscimento costituivano in alcuni atteggiamenti delle braccia e delle mani e movimento dei piedi". Vi figurava D. Vincenzo Riola di Montefusco, domiciliato in Avellino. Cannaviello Vincenzo - La setta dei Filadelfi scoverta nel 1820 n.6, Gr. Arch. di Stato di Napoli: Sez. 1° Protoc. di Polizia 663, an.1828. "Nel corso della istruzione, che qui si sta compilando su la setta dei Filadelfi uno dei principali imputati a nome D. Vincenzo Riola di Montefusco nel principato Ultra si è indotto a manifestare al Prefetto di Polizia innanzi a noi, è stato interrogato i diversi individui, che o appartengono alla divisata setta, o senza conoscersi la circostanza di tale appartenenza sono i più vibranti per concerto rivoluzionari di attentare alla distruzione della forma attuale del governo. Riola li ha dinotati in un notamento di proprio carattere, comunque non abbia voluto, che formassero oggetto di dichiarazione formale per esimersi dal rappresentare carattere di delatore, come ha detto.…….. Su l'indicata specificazione e notamento di Riola convien fare due osservazioni:
Il divisato Patrocinatore aggiunge che, quando D. Vincenzo Riola era in libertà prevalevasi di un suo domestico a nome Giovannino del Comune di S. Giorgio la Montagna per mantenere la corrispondenza settaria . Fu eccettuato dell'arresto D. Saverio Cozzi al quale si dee in parte il discoprimento delle trame segrete di D. Vincenzo Riola". Furono 45 gli accusati. Al 12° posto c'è anche Michele Riola, fratello di Vincenzo. Tra gli altri arrestati figura al 39° posto "Raffaele de Siena di Terranova S. Giacomo. E' marcato tra gli irreconciliabili.
Al n. 45 figura: "Girolamo de Siena di Terranova S. Giacomo Nium elemento esiste nel Ministero.
Vincenzo Riola fu condannato a 25 anni di ferri mentre il fratello Michele Riola fu condannato a 5 anni di esilio. I Filadelfi credevano in un vasto movimento repubblicano che avrebbe sconvolto da un momento all'altro tutta l'Europa e deposto tutti i re. I moti del 1820, come abbiamo visto, ebbero una massiccia partecipazione di persone di vari ceti sociali: nobili, indicati con la lettera "D" che sta per Don, signore, di borghesi, di clero e di popolo. Risulta che Lentace, S. Martino A.G.P., Mancusi, Terranova- S. Giacomo e Cucciano erano, in quegli anni, comuni autonomi del circondano di S. Giorgio la Montagna. I giovani avevano vissuto le idee libertarie e innovatrici durante l'occupazione francese, iniziata nel 1799. l preti si fregiarono, il 7 aprile 1799, della coccarda tricolore, durante il rito ponteficale officiato dall'arc. Domenico Spinucci alla presenza dello stesso Commissario C. Popp. Dei riflessi dei moti del 1848-49 in questo territorio si sa ben poco: le fonti tacciono. Ma non credo che tanto fermento patriottico si fosse spento con i moti Carbonari del 1820-21. Non si conoscono episodi locali collegati alle imprese garibaldine. C'erano a Lentace i fratelli Garibaldi, soprannominati così perché il loro avo cantava a squarciagola gli inni patriottici durante il Risorgimento. Da questa tradizione si deduce che vi furono dei volontari garibaldini del luogo, forse collegati con quelli di Benevento. Dopo il 1860 si ebbe anche nel Comune qualche episodio sporadico di brigantaggio, conclusosi con furto di pecore e di altri animali, e con sparatorie. Tutti i giovani, la sera, dopo il lavoro, costituivano squadre armate e vigilavano nei paesi per tutta la notte. Fattosi giorno, i componenti depositavano i fucili e si scioglievano. Spesso arrivavano le bande che scorrazzavano lungo la catena del Partenio per puro sconfinamento (3). Alcune case conservano ancora delle feritoie attraverso le quali si sparava ai briganti. Nel 1861 il Monastero di Terranova fu soppresso e i beni furono incorporati nel Fondo Culto. Le decime non si pagarono più. Finiva così un fardello secolare che i coltivatori dei campi non avevano mai sopportato. Si può dire che tutto il movimento carbonaro del 1820 e i successivi episodi, a noi poco noti, portarono alla costituzione del Comune. Fu un'opera difficile, tenendo conto degli usi medioevali, dei modi di vivere, degli atteggiamenti psicologici e dei condizionamenti secolari. I moti contribuirono alla spinta associazionistica che portò all'unificazione comunale. Il passaggio, da una comunità chiusa e limitata ad una più ampia e più aperta, costituisce un'esperienza civile molto valida e possiamo dire attuale, se anche noi oggi tendiamo ad allargare i confini e gli orizzonti fino ad includere l'Europa e il mondo intero.NOTE:
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