CASSA RURALE E ARTIGIANA DEL SANNIO CALVI (BN) |
||||||||
S. MARTINO SANNITA |
||||||||
tra storia e leggenda una Cassa Rurale (1910-1985)(*) |
||||||||
(*) ricerche e riflessioni del Preside Giuseppe Collina - tipografia Graziano S. Giorgio del Sannio (BN), 1985 |
||||||||
PRESENTAZIONE La Cassa Rurale Cattolica fu fondata nel 1910 in San Martino Sannita e prima che l'usura del tempo affievolisca i ricordi della memoria il Consiglio di Amministrazione della Cassa Rurale ed Artigiana del Sannio ha ritenuto suo dovere riordinare nel volumetto che si presenta le origini. la storia e l'incisione nel territorio della Cassa di San Martino. La Cassa Rurale Cattolica, fondata dall'Arciprete Don Antonio Fioretti, si trasformò successivamente |
||||||||
in Cassa Rurale ed Artigiana di San Martino Sannita. Quest'ultima nel 1978 si fuse con la Cassa Rurale ed Artigiana di Calvi, per volontà del fondatore Dott. Ettore Bocchini, dando origine all'attuale Cassa Rurale ed Artigiana del Sannio. La celebrazione del 75° anno di fondazione è un modesto riconoscimento dei meriti e dell'intuizione di Don Antonio Fioretti che volle, anche nel nostro Sannio, inserire in modo concreto i cattolici nel campo economico. E' quindi la celebrazione di un momento importante per la storia delle nostre contrade perché segna la presenza fattiva dei cattolici nel sociale. Si pensi infatti al prosperare dell'usura all'inizio del secolo, e purtroppo è una piaga non del tutto guarita anche ml nostri giorni, allorquando le classi più disagiate, per i propri bisogni più intimi e non dilazionabili, non avevano altra alternativa che sottostare alle vessazioni degli speculatori. La conoscenza personale dei suoi conterranei permetteva a Don Antonio Fioretti di premiare l'onestà e l'operosità distribuendo parte dei risparmi che raccoglieva dai suoi stessi parrocchiani. Il presente opuscolo vuole essere una testimonianza, senz'altro incompleta ma riteniamo sufficiente, a fornire una panoramica d'insieme soprattutto per le nuove generazioni e per quanti non hanno vissuto il periodo considerato. Con la speranza di avere, con questo opuscolo, dato a tutta la cittadinanza un ulteriore contributo di conoscenza e di informazione sul sorgere del movimento cooperativistico cattolico nel campo del credito, affidiamo lo stesso a quanti con rinnovato entusiasmo vorranno portare avanti le stesse idee di Don Antonio Fioretti e del Dott. Ettore Bocchini e quindi contribuire allo sviluppo delle nostre contrade. A quanti inoltre vorranno unire il loro entusiasmo, la loro dedizione ed i loro sforzi a quelli che quotidianamente compiono gli Impiegati, gli Amministratori ed i soci tutti della Cassa Rurale ed Artigiana del Sannio rivolgo un grazie immenso perché ritengo che questo è il modo migliore per ricordare la figura di Don Antonio Fioretti. Dott. Mariano Bocchini Presidente della Cassa Rurale ed Artigiana del Sannio
PREMESSA Devo ringraziare la Cassa Rurale dei Sannio, che ha stimolato costantemente la mia pigrizia e che ha avuto anche la sensibilità di non sollevarmi dall'incarico dopo le reiterate promesse non mantenute. Mi corre l'obbligo tuttavia di ringraziarla perché mi ha indotto ad una indagine in un passato interessante per tuffi, ma addirittura affascinante, per chi, come me, affonda radici profonde ed inalienabili nella realtà di S. Martino Sannita. Sicché mi è capitato di trasgredire, incuriosito dalla qualità delle notizie, i limiti che mi ero imposto accingendomi all'indagine. Ne è risultato un coacervo di dati interessantissimi, ma purtroppo non tutti utilizzabili nel contesto di questo ridottissimo lavoro, che mira a rievocare, in maniera schematica e succinta, le origini della Cassa Rurale. Si tratta di materiale cartaceo e pergamenaceo, che non solo aiuta a ricostruire la toponomastica storica del capoluogo e delle frazioni, ma che offre validi agganci per una riflessione sugli usi, sulle abitudini sul cosiddetto "folklore" di S. Martino, di S. Giacomo di Terranova di Cucciano, di Lentace e di Mancusi. Che farò di questo materiale? Lo terrò chiuso nel cassetto della mia scrivania e lo estrarrò, arricchendolo con ulteriori ricerche, quando potrò sottrarre il tempo necessario ai miei impegni giornalieri e potrò contare su di uno "sponsor" sensibile quanto la Cassa Rurale del Sannio, ai problemi culturali del nostro territorio. S. MARTINO SANNITA: ECONOMIA E SOCIETA' CIVILE NEL PRIMO '900 Se, per un assurdo miracolo della Storia, ritornasse in vita un cittadino di S. Martino (o anche di S. Giorgio o di S. Nicola) vissuto nel primo '900, certamente non potrebbe fare a meno di compiacersi per il sostanziale miglioramento della qualità della vita, per la cospicua quantità di abitazioni nuove e confortanti, per quel dedalo di vie Comunali, tutte ottimamente percorribili, e non con i muli, ma con quelli che egli definirebbe potenti ordigni a quattro ruote. Ma credo anche che scrollerebbe la testa con disappunto, nel constatare che il paese ha smarrito negli anni quella vocazione alla produttività, all'investimento di tipo micro - aziendale, al piccolo e medio artigianato, ad una pratica dell'agricoltura, organizzata su modelli patriarcali, ma sostanzialmente efficaci, vero asse portante di un'economia, che qualche ultraottantenne malato di nostalgia continua a definire fiorente, e che obiettivamente doveva avere solide basi. Tanto solide da costruirci sopra una Banca. Me lo immagino questo ipotetico redivivo concittadino mentre apprende che la Banca a S. Martino non c'è più: reggerà all'urto violento? Andateglielo a raccontare che la consistenza delle operazioni è andata sempre scemando dagli anni sessanta in su, e che poi c'è stato il terremoto, che ha seppellito sotto un cumulo di macerie settanta anni di storia dignitosa, scritta da un sacerdote coraggioso e puntellata ogni giorno dai sacrifici di gente umile, generosa e soprattutto attiva. La fine dell'età Umbertina consegnava al nuovo secolo un paese, la cui attività prevalente era l'agricoltura, praticata attraverso la coltivazione diretta della proprietà, o anche attraverso la mezzadria e più raramente attraverso l'enfiteusi. lì fenomeno delle terre incolte non era neppure ipotizzabile ed era tale la "sete di terre", che, pur di "ottenerle" o di continuare a "tenerle", i "coloni talora con un sorriso di convenienza e talvolta con una candida riconoscenza, digerivano le scorie di una prassi liberai - feudale, sempre viva nelle terre del Sud. Ma, si è detto, l'agricoltura era l'asse portante di una economia, nella quale confluivano gli sforzi della piccola imprenditoria, dell'artigianato, del commercio, di quel settore insomma che, con un termine più moderno, chiameremmo terziario. Su qualche stinto brandello di intonaco si legge ancora un frammento di una scritta "CALZATURE" e sull'arco della vecchia casa parrocchiale, (Terremoto, quanti delitti si commettono nel tuo nome!!) faceva bella mostra l'indicazione di una sartoria, con tanto di nome del titolare. E quante erano le botteghe di falegname, di barbiere, di calzolaio, con relativi "mastri" ed "apprendisti"?. E le fabbriche di fuochi di artificio? Gli anziani di buona memoria sanno ancora indicare, forzando le spire del tempo, la bottega, accorsatissima per quei tempi, del "salaiuolo", e la sofisticata farmacia di Don Domenico. E non mancava, in un contesto produttivo di questo tipo, una vera e propria compagnia di trasporti, che rispondeva con puntualità a tutte le esigenze, non solo della comunità di S. Martino Capoluogo e delle sue frazioni, ma anche delle Comunità contermini. I carretti ed i cavalli targati "Martignetti" erano per quei tempi i più affidabili nel trasporto delle merci sui brevi, medi e lunghi percorsi. Ed ogni viaggio era un'avventura e sull'onda di memorie tramandate di padre in figlio, qualcuno ancora oggi racconta strane storie di assalti di briganti, armati fino ai denti, e di cocchieri coraggiosi ed invincibili che, roteando lo "scuriazzo", valicarono indenni la "Laura ", la "Sferracavalli", lo stretto di "Barba". Queste erano le credenziali che il paese esibiva nel momento in cui nasceva la Cassa Rurale Cattolica dl S.. Martino Sannita. VERSO LA FONDAZIONE Dl UNA CASSA CATTOLICA Si è visto, sia pure a volo d'angelo, quali fossero le risorse della "classe " contadina e quale spessore avesse la "borghesia mercantile ", ma non erano solo queste le forze trainanti della società sanmartinese del primo '900. La realtà sociale era abbastanza composita: accanto all'antica nobiltà di Censo ed alla borghesia terriera e ad una folta rappresentanza di liberi professionisti (medici e giuristi di fama non mediocre), conviveva un clero geniale nelle intuizioni e numericamente cospicuo. Solo S. Martino capoluogo annoverava almeno cinque sacerdoti, come si desume dal verbale di una visita pastorale del R.mo Mons. Gregorio M. Grasso abate di Montevergine all'epoca della fondazione della Cassa (1).Vale la pena di citare un brano significativo di questo verbale: "…. Il sullodato Monsignore, vestito di Cappa, fu ricevuto dal Rev.mo Clero, popolo e rappresentanza civile fuori dal paese …… Indi, data la benedizione solenne, siedè per ricevere l'ubbidienza degli infrascritti: M. Rev.do D. Sabato Fioretti Arciprete Rev.do D. Antonio Borrelli Sac. Rev.do D. Antonio Fioretti Economo Rev.do D. Raffaele Petrillo Sac. Rev.do D. Melchiorre Pellino Sac." (2).Francamente per una piccola Comunità come S. Martino Sannita il numero sembra essere proprio eccedente! Importante, al di là dei dati numerici, è comunque la capacità di incidere nel sociale che la componente clericale e cattolica ebbe nel primo ventennio del secolo. Del resto il tutto si inquadra nella caparbia volontà del mondo cattolico di uscire dall'isolamento politico ed economico, nel quale era stato relegato dalla politica ecclesiastica post unitaria. Prese singolarmente, le biografie di alcuni di questi uomini di Chiesa sono dei veri e propri trattatelli di economia, ispirata ad un senso realistico della vita ed ad una interpretazione dinamica della missione sacerdotale. Un esempio? Leggiamo questa lettera, datata 23 marzo 1915, (quattro anni e mezzo dopo la fondazione della Cassa): il destinatario è il citato Mons. Grasso, abate di Montevergine, il mittente Don Sabato Fioretti, alle prese con la "quadratura" dei conti. "Esiste in questa Chiesa Arcipretale una Cappellania laicale ….. con l'onere annesso di L.136 (centotrentasei) di Messe a L.1,25. Essendo l'altare relativo sprovvisto di quanto occorre al decoroso esercizio del culto, così sono a pregarla onde due anni arretrati di celebrazione di Messe - 1912 e 1913 - siano invertiti pro acquisto per quanto riguarda l'ornamento di detto altare. Nello stesso tempo le manifesto il desiderio che, date le circostanze dei tempi, l'onere delle Messe sia portato a L.2,00 (due), in corrispondenza della relativa somma …." (3).Per completare la notizia occorre aggiungere che questa lettera non ebbe immediato riscontro e per tanto Don Sabato Fioretti ne scrisse un'altra datata 10 aprile 1915, più stringata ed incisiva, diretta allo stesso destinatario. Ma la genialità in campo economico di due preti come Don Sabato e Don Antonio Fioretti, la vivacità laboriosa e la smisurata abnegazione della gente di 5. Martino non si sarebbero probabilmente consacrate nella fondazione della Cassa, se non fossero state vivificate, rafforzate e, starei per dire, "sponsorizzate" dall'intelligenza di un uomo politico della statura di Giovan Battista Bosco Lucarelli. Questo concittadino illustre troppo dimenticato (4) parco nei sorrisi, ma prodigo nei consigli illuminati, spianò la via ad un pugno di coraggiosi, fortemente motivati e lucidamente protesi verso un progetto di crescita morale, civile ed economica. Era il due novembre del 1910.FONDAZIONE - ATTO COSTITUTIVO PRIMO CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Per essere i fondatori di una Banca cattolica, i primi venti soci dovevano necessariamente essere alieni da ogni forma di superstizione, se è vero che non ritennero di dover rinviare la storica seduta del giorno dei morti del 1910. Una interpretazione in chiave psicanalitica farebbe pensare alla continuità generazionale, ad un rapporto "passato - presente - futuro" avvertito con maggiore coscienza nel giorno commemorativo dei defunti. Niente di tutto questo; la scelta dovette essere di ordine pratico: bisognava vedersi in un giorno in cui tutti fossero disponibili, niente di meglio che il 2 novembre! La riunione dei soci fondatori avvenne nei locali del Circolo Cattolico, ubicato al piano terra del palazzo Fioretti, in via Municipio; a redigere l'atto fu chiamato il Notaio Raffaele Caggiano, testimoni furono Musto Antonio e Pirone Martino, come si legge al N. 2611/206 dei Repertori dell'Archivio Storico Notarile dl Benevento. Vale la pena leggere integralmente questa prima pagina dell'atto costitutivo, anche per segnalare con la fedele citazione dei nomi, paradigmi imitativi alle generazioni dell'ormai prossimo '2000. REGNANDO VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA Dl DIO E PER VOLONTA' DELLA NAZIONE RE D'ITALIA L'anno millenovecentodieci il giorno 2 Novembre in S. Martino Sannita, nel Circolo Cattolico, dinanzi a Noi Notar Raffaele Caggiano, residente nel Comune di S. Giorgio la Montagna, con lo studio sito alla via Marzani, inscritto presso il Collegio Notarile del Distretto di Benevento, ed alla presenza dei testimoni all'uopo richiesti, Signori Musto Antonio di Giovanni e Pirone Martino fu Fiore, possidenti, nati e domiciliati, il primo a S. Giorgio la Montagna e il secondo a S. Martino Sannita. Si sono costituiti: 1. Don Sabato Fioretti fu Antonio 2. Don Antonio Fioretti di Nicola 3. Don Michele Parrella fu Francesco 4. Don Sabato Santangelo di Mattia 5. Don Raffaele Petrillo fu Francescosaverio 6. Tommaso Fioretti fu Martino 7. Luigi Cantone fu Martino 8. Cardillo Alessandro fu Pietro 9. Augusto Porfido d'ignoti 10. Vincenzo Petrillo di Sabato 11. Giorgio Salerno fu Giovanni 12. Gustavo Cerza di Agostino 13. Giuseppe Pasquino di Luigi 14. Carmine Martignetti di Angelo 15. Francesco Martignetti di Angelo 16. Gaetano Cantone di Filomeno 17. Girolamo Petrillo fu Antonio 18. Pastore Francesco fu Giovanni 19. Pellegrino De Luca fu Francesco 20. Martignetti Rodolfo fu Costantino Tutti possidenti ……" (5).Questi i nomi dei 20 soci fondatori, quasi tutti nati e residenti in S. Martino Sannita, come annota il Notaio, tranne Don Michele Parrella, di S. Nicola M., Don Sabato Santangelo, nativo di Mercogliano, Cardillo Alessandro, di S. Angelo a Cupolo. Fatta eccezione dei sacerdoti, tutti gli altri rappresentano il mondo rurale, il Commercio, l'Artigianato, la piccola imprenditoria. Che dietro queste persone si muovesse, come si è già detto, la figura dell'Avv. Bosco Lucarelli è specificamente dichiarato in un passo significativo dell'atto pubblico, redatto dal Notaio Caggiano. " ….. Ci han dichiarato tutti essi costituiti che essendosi ad iniziativa del Rev.do Don Antonio Fioretti e col concorso dell'Avv. Sig. Giov. Battista Bosco Lucarelli, fu Raffaele, che è stato loro largo di cortesi suggerimenti e consigli, determinati ad istituire in questo Capoluogo del Comune di S. Martino Sannita una CASSA RURALE CATTOLICA, intendono farne risultare le condizioni e le modalità dal presente pubblico istrumento ….. " (6).In definitiva la "Cassa Rurale Cattolica" Società commerciale cooperativa, risultava dalla fusione fra Io spirito di iniziativa e l'acume politico. Nella stessa seduta del due novembre del 1910 nacque il primo Consiglio di Amministrazione unitamente al Collegio dei Sindaci, come risulta dall'atto notarile: PRESIDENTE il Signor Tommaso Fioretti fu Martino CONSIGLIERI 1) il Signor Giuseppe Pasquino di Luigi 2) il Signor Carmine Martignetti di Angelo 3) il Signor Giorgio Salerno fu Giovanni 4) il Signor Vincenzo Petrillo di Sabato 5) il Signor Alessandro Cardillo fu Pietro 6) il Signor Augusto Porfido d'ignoti 7) il Signor Don Raffaele Petrillo fu Francescosaverlo 8) il Signor Don Antonio Fioretti di Nicola SINDACO CAPO il Signor Don Michele Parrella fu Francesco SINDACI EFFETTIVI 1) il Signor Don Sabato Santangelo di Mattia 2) il Signor Pellegrino De Luca fu Francesco SINDACI SUPPLENTI 1) il Signor Pastore Francesco fu Giovanni 2) il Signor Gustavo Cerza di Agostino". Ai sensi dell'art. 15 dello Statuto, il Consiglio di Amministrazione fresco di nomina, elesse Vice - Presidente il Sig. Augusto Porfido, Segretario Don Raffaele Petrillo e Cassiere l'onnipresente Don Antonio Fioretti. L'atto fu sottoscritto dai venti soci e dai due testimoni; un esperto calligrafico noterebbe nelle firme, anche in quelle più sofferte e stentate, i segni di una grossa soddisfazione e di un grande orgoglio. Al notaio, fra onorario e diritti vari andarono L.15,60; gratuita invece fu la registrazione, avvenuta in Benevento il 6-11-1910. L'omologazione del Tribunale porta la data del 4 febbraio 1911, ciò spiega il motivo per cui qualche anziano ricorda erroneamente questa data, come data della fondazione. LA PRIMA SEDE E LA SISTEMAZIONE DEFINITIVA La Cassa, nata, come si è visto, nel Segno dei "Fioretti trovò la sua prima sistemazione logistica nei locali attigui al Circolo Cattolico, al piano terra dello stabile di proprietà della famiglia Fioretti. Questa sede era chiaramente provvisoria, né per altro in quel tempo si profilarono soluzioni alternative più soddisfacenti; del resto la prudenza suggeriva anche di non fare il passo più lungo della gamba. Ma bastarono pochi anni per capire che ormai il fenomeno era irreversibile e che una sede più decorosa ed accogliente era non solo una legittima aspirazione, ma soprattutto una impellente necessità. In un documento del 1917 si legge che la Cassa Rurale Cattolica "con sede in S. Martino Sannita, pel sempre crescente sviluppo e per Io immenso favore incontrato nel pubblico, sente imperioso il bisogno di trasportare la sede sociale in locali più vasti e più adatti" (7).E a quel bel palazzo sito nella centralissima Piazza Amedeo I, al n. civico 14 (l'odierna Piazza Roma) dovettero aver guardato con "onesta concupiscenza" i due "Dioscuri" della Cassa, Don Sabato e Don Antonio Fioretti. L'immobile urbano apparteneva al Sig. Francesco Lecaldano, residente in Napoli, la cui famiglia lo aveva rilevato nel settembre del 1891, e lo aveva ormai destinato esclusivamente alla villeggiatura. Era il Lecaldano un non mediocre giornalista, corrispondente de "Il Mattino" ed amico di Edoardo Scarfoglio, illustre direttore della testata Napoletana. Don Sabato, segugio dall'antico fiuto, cercò di convincerlo che era inutile possedere, una casa così grande e bella senza servirsene; e gli dovette anche far capire che, quand'anche non avesse avuto una casa di sua proprietà, le porte del paese si sarebbero spalancate per lui, se avesse appena manifestato il desiderio di tornare. Ma don Ciccio Lecaldano, come affettuosamente tutti Io chiamavano, probabilmente non aveva nessuna intenzione di arrendersi alle lusinghe di Don Sabato; si dovette invece arrendere ai suoi problemi di salute, che Io indussero suo malgrado alla cessione dello stabile e a nominarsi, per la stipula dell'atto di vendita, un procuratore proprio nella persona di Don Sabato Fioretti. Chi nega l'azione della Provvidenza nella Storia è bello e servito!. Così al Dott. Filippo Camerlengo, regio notaio, con studio a Paduli, ma vivente ed operante a S. Martino, non parve vero di stendere, in una scrittura graficamente perfetta e con una prosa degna della sua cultura, l'atto di compravendita di quella che sarebbe stata la sede definitiva della Cassa Rurale Cattolica. Era il due ottobre del 1917. Nella casa dello stesso Arciprete Don Sabato Fioretti si costituirono le parti nelle persone del sempre più citato e presente Don Sabato, nella espressa ed unica qualifica di procuratore del Sig. Lecaldano Francesco, e del Sig. Cerza Domenico, Arciprete di S. Maria a Toro, nella qualità di Presidente della Cassa Rurale Cattolica, società Commerciale Cooperativa in nome collettivo, con sede alla frazione Capoluogo di S. Martino Sannita. La descrizione dello stabile, al foglio quattro dell'atto, merita di essere citata integralmente, perché, a parte il suo tenore tecnico-giuridico, è un vero e proprio spaccato della vita del paese. "Casa di abitazione ... composta di più vani fra soprani e sottani, con piccolo cortile e grotta vinaria, confinante a Settentrione con gli eredi di Cerza Gustavo; ad oriente con case di Forni Concetta, avente causa da De Martino Angelandrea e Rainone Cesare, avente causa dai Pellino; a mezzogiorno con spiazzo comunale, (8) che la separa dalla casa Borriello; ad occidente con Piazza Amedeo I. L'accesso al piano superiore è garantito da valido cancello di ferro, con scalinata di travertino e con ringhiere di ferro nei due loggiali esistenti. Gravata dell'annua rata di Canone dl L.28 e cent. 70 a favore della Casa Baronale Bosco Lucarelli" (9).Il Rev.do Don Domenico Cerza, con i poteri conferitigli dall'assemblea generale del 2 settembre 1917, nella qualità di Presidente della Cassa, "paga, numera e consegna nelle mani del Rev. Don Sabato Fioretti, nella espressa qualità" (10) la somma convenuta di L.11.000.Ma don Ciccio Lecaldano non regge all'idea di spezzare ogni vincolo con questo paese, al quale deve essersi sinceramente affezionato e così si riserva il diritto di "ritenere" ancora per qualche anno un sottano con il corrispondente soprano in confine con gli eredi dl Cerza Gustavo. La specIfica del notaio è di L.16,10; la registrazione avvenuta a Benevento il 6.10.1917 comporta questa volta la spesa di L.607,20. Il trasferimento fu immediato, perché immediata fu la presa di possesso; dal 1917 fino a tutti gli anni settanta la Cassa occuperà dal punto di vista logistico il posto ideale, il migliore in assoluto. Il PaIazzo "Lecaldano" languisce ora nella piazza principale: dopo essere stato ambito teatro di assemblee, di Consigli di Amministrazione e dopo aver raccolto, come in una specie di arca santa, i sacrifici di più generazioni, sembra destinato ad un letargo lungo ed inglorloso. L'antico portone, anch'esso in disarmo è socchiuso, basta spingere e protendere il viso oltre il cancello di accesso alle scale, per avere la sensazione di un silenzio sacrale, e per sentire ancora intatto ed intenso il profumo di onestà che vi hanno lasciato tutti, dai primi amministratori, agli ultimi e per avvertire la delicata fragranza delle doti morali e civili di Edoardina Voli, eroina di un femminismo silenzioso e discreto. LO STATUTO Lo Statuto è un vero e proprio modello di concisione e di chiarezza. Gli scopi di questa Società Commerciale cooperativa sono definiti nell'articolo 2: "La Società nell'intento di giovare alla piccola agricoltura e di migliorare le condizioni morali e materiali dei propri soci ha per oggetto l'esercizio del credito a esclusivo vantaggio dei soci nei modi determinati dal presente statuto". Occorreva essere più chiari per far capire che l'istituzione della Cassa era un colpo di scure all'usura ed alle attività lucrose disoneste e taglieggiatrici? Diventare soci della Cassa Rurale Cattolica comportava il possesso di due requisiti fondamentali, l'uno complementare all'altro, una specie di condizione primaria, inderogabile ed inflessibile: essere di chiara condotta cristiana, nonché di cristallina moralità, ed essere radicati nel contesto sociale di S. Martino Sannita. L'articolo 4 recita così: "Possono essere soci della Società tutti i cittadini Italiani di principi e di condotta apertamente cattolica, che godano di piena capacità giuridica, che sappiano scrivere il proprio nome e cognome, che non facciano parte di altra Società a responsabilità illimitata, che siano conduttori o proprietari di fondi rustici o lavoratori della terra o fornitori di agricoltori ed in genere agricoltori, e che risiedono nel Comune di S. Martino Sannita o che vi tengano almeno frequente dimora o continue relazioni di affari". L'importanza di essere cattolici e di avere la residenza o "la frequente dimora " in S. Martino Sannita è espressamente richiamata con chiarezza e perentorietà negli articoli 7 e 8. "..... Con deliberazione del Consiglio di Amministrazione potrà essere dichiarato recedente il socio che trasporti la propria residenza fuori del territorio del Comune di S. Martino Sannita o cessi di avervi frequente dimora o continue relazioni di affari ". Ed ancora: "..... Potranno dal Consiglio di Amministrazione venire esclusi dalla Società coloro che non si trovino più nelle condizioni richieste daIl'art. 4, che non si comportino da veri cristiani, che subiscano condanne per reati gravi ed infamanti che esercitino usura o che rimutinQ il danaro ottenuto dalla Cassa a maggiore interesse, che si mettano in condizioni da fare agire giudizialmente la Società contro di essi per le obbligazioni verso la stessa contratte, o che in genere si rendano per la propria condotta indegni di appartenervi". Per essere soci insomma occorrevano virtù morali trasparenti: a qualche distratto occorrerà ricordare che la norma è sempre vigente!!. Merita una citazione integrale l'articolo 23, che definisce la destinazione degli utili e dà ulteriori chiarimenti sulle finalità sociali della Cassa Rurale Cattolica. "Gli utili netti di ciascuno esercizio sociale annuo vanno interamente devoluti al fondo di riserva. Qualora questo sia divenuto sufficiente ai bisogni sociali, i frutti di esso e i successivi aumenti annui saranno erogati a vantaggio di un'opera di comune utilità dei soci o di beneficenza, designata dall'assemblea generale .…" Il resto dello Statuto è modellato su quello di Istituzioni analoghe e riguarda le Assemblee Generali, la durata delle cariche, le operazioni sociali, le perdite e gli utili, nonché le disposizioni varie. IL DIRETTORE Dopo la Presidenza di Don Domenico Cerza, insigne professore, secondo la tradizione, nonché arciprete di S. Maria a Toro, la vita della Cassa fu caratterizzata da una sostanziale continuità sia nelle persone che nei metodi. La presidenza fu un costante appannaggio della famiglia Cerza, nelle persone dei dottori Gaetano ed Alberto ed in fine dall'Avv. Enrico, dal primo dopo-guerra, segnato dal ventennio fascista, al secondo dopo-guerra, con la sua storia contraddittoria e drammatica. La tradizione politico culturale era quella liberale, coerente e severa. ma talora estranea ai processi di interazione fra le componenti sociali del paese. E tuttavia "i Cerza" hanno sempre riscosso il sincero rispetto del paese, che se non li riconosceva come "leaders", (nessuno di essi ha ricoperto la carica di Sindaco nell'arco di tempo in oggetto), amava farsi rappresentare da essi. Così la presidenza passava pacificamente da "Don Gaetano" a "Don Aiherto", ed anzi non si riusciva ad immaginare una soluzione diversa; qualche tenua discussione riguardava talora la carica di Vice-Presidente. Chi ha segnato a grandi caratteri la storia della Cassa tra gli anni venti e la fine degli anni quaranta fu ancora lui, Don Antonio Fioretti, il già più volte citato ispiratore e padre della Cassa - un uomo senza tempo e senza età, che all'anagrafe tuttavia risulta nato il 2 ottobre del 1878. La gente Io chiamava Direttore e non seppe chiamarlo in altro modo, anche quando avrebbe dovuto chiamarlo "padre", quando cioè ne richiedeva l'aiuto spirituale. La sua figura è nelle "saghe" di ogni famiglia: nessuno mai si è sentito solo ed abbandonato a S. Martino, negli anni fulgenti della Cassa. Don Antonio, il Direttore era là, come una sorta di "self-service", mano alla borsa, pronto ad intervenire sulle necessità più disparate, come l'acquisto di un fazzoletto di terra o di quattro mura o il matrimonio improvviso di una fanciulla, che, come usava dire, aveva trovato la "sorte". Il Direttore roteava i suoi occhi vispi e penetranti, scuoteva quel suo capo sempre più incassato nel collo, in fine faceva scivolare la chiave nella toppa della Cassa mormorando: "Mannaggia Bubù!! ", mentre il richiedente traeva un sospiro di sollievo e di speranza. Nessuno mai avrebbe creduto, anche quando era in fin di vita, che sarebbe morto davvero; vi sono degli uomini che acquistano una specie di diritto all'immortalità. Che cosa sarebbe stato senza di lui? Ed invece mori davvero il 13 dicembre del 1950, (un'amara Santa Lucia!) lasciando inevitabilmente grossi problemi di successione in un ambiente smarrito ed impreparato. Ma si sa, la storia non è stata mai prodigia di tranquille successioni, soprattutto nei riguardi dei grandi. Si chiamassero Alessandro Magno, o Napoleone, o anche Don Antonio Fioretti ….. il Direttore. UNA FUSIONE INEVITABILE Il fatto che l'articolo 4 dello Statuto prescrivesse che i Soci fossero residenti in S. Martino o che comunque avessero stabili rapporti con il paese non è, come potrebbe sembrare ai più, il segnale di una economia chiusa, una sorta di meccanismo di difesa che isolava la Comunità dal contesto territoriale. La logica era invece quella di costituire un polo di attrazione per le comunità contermini; si trattava insomma di un vero e proprio progetto di politica economica territoriale o comprensoriale che prevedeva come centro irradiante proprio S. Martino. E così non doveva essere difficile per chiunque instaurare del rapporti stabili con S. Martino e rientrare nella "ortodossia" del citato articolo quattro. Del resto, fra i soci vecchi e nuovi. non sono mai mancate persone di S. Nicola Manfredi, di S. Giorgio, di S. Angelo a Cupolo e la consistenza delle operazioni derivava anche dal concorso delle comunità contermini. Ma gli anni sessanta, gli anni dei cosiddetto "boom" economico segnano l'inizio di un declino lento, ma inesorabile, che toccherà i limiti più bassi verso la fine degli anni settanta. Lo sportello risultava sempre meno frequentato e la povera Edoardina Voli solerte "sportellista" di sempre, moriva di solitudine fra quelle mura fostose. Più volte quando la solitudine si tramutò in paura si chiuse alle spalle quel cancello di ferro con più giri di chiave. La Banca d'Italia dava segni di insofferenza; le ragioni dell'economia percorrono una via opposta a quella del sentimento e per tanto la "Banca Madre" sembrava orientata a decretare la soppressione della gloriosa Cassa. A Calvi fioriva una Cassa Rurale ed Artigiana, nata dall'intuizione e dall'impegno politico e sociale del Dott. Ettore Bocchini. Il 31 Dicembre del 1978 si costituirono, davanti al notaio Dott. Piacquaddio, il Presidente delle due Casse nelle persone del dott. Ettore Bocchini, per la Cassa Rurale ed Artigiana di Calvi e l'Avv. Enrico Cerza, per la Cassa Rurale di S. Martino Sannita. Dalla fusione nacque la Cassa Rurale ed Artigiana del Sannio, con sede in Calvi e con una succursale in S. Martino Sannita. Il resto è storia e polemica recente.
NOTE: 1. La storia dei paesi del Medio e dell'Alto Calore, nonché quella di numerose zone del Beneventano è legata alle vicende dell'Abbazia Nullius di Montevergine, la quale, dopo la battaglia di Benevento (1266) passò dalla protezione imperiale a quella pontificia; furono proprio Alessandro IV e Urbano IV ad emanare delle bolle, dove vengono riconosciuti privilegi ed esenzioni all'Abbazia. Fra queste concessioni troviamo il vasto territorio del feudo, che si dirà poi di Montevergine, che comprendeva non solo S. Martino, Terranova, S. Giacomo, ma anche tutte le pertinenze di Cucciano e dell'area di S. Giovanni a Marcopio. Verso la fine del secolo XIX l'abate Mons. Vittore Corvala permutò S. Giovanni a Marcopio con Lentace. Il passaggio di S. Martino, Lentace, Terranova e S. Giacomo alla Diocesi di Benevento è storia recente. 2. Dall'Archivio Ecclesiastico di Montevergine. 3. Dall'Archivio Ecclesiastico di Montevergine. 4. Chi si è ricordato di lui nei centenario della nascita? 5. Archivio Storico Notarile di BN N. 2611/206 di Rep. foglio 1. 6. Archivio Storico Notarile - ibidem. 7. Archivio Storico Notarile. Contratto di compravendita. 8. Il Lecaldano chiari, con una dichiarazione successiva in carta legale il modo come gli era pervenuto in proprietà questo spazio. 9. Archivio Storico Notarile - N. 33 del Rep. 10. Archivio Storico Notarile - ibidem. |
||||||||
Anno 1980 S.E. Mons. Raffaele Calabria Arcivescovo di Benevento con il Dott. Ettore Bocchini e l'Avv. Enrico Cerza |
||||||||