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IL GOVERNATORE DI CHIETI

AI SUOI AMMINISTRATI

 

 

Pochi facinorosi luridi di ogni misfatto, quali dalle galere sortiti, e quali dalle file brigantesche di villanzoni senza senno, e senza coraggio, hanno colpito all'improvviso in taluni paesi qualche casa di agiato proprietario, e l'hanno dispogliata, vandalicamente infrangendone le decorazioni e la mobilia!

Fuggono appena si veggono inseguiti, ed attendono che il Governo Costituzionale di VITTORIO prenda più serio interesse per vederli distrutti, di quello che finora ha fatto, lasciando a ciascuno la doverosa e legittima difesa della propria famiglia, del proprio avere e delle masserizie, alle quali mirano quei malviventi.

Guai a chi di voi, o Abruzzesi, si permettesse di seguirli, e favorirli! Guai altresì a quelle forze cittadine, che vilmente disertassero, o defezionassero. Quale censura non sarebbe per discendere su di voi, quale vergogna non cuoprirebbe il nome sinora onorato di Abruzzese? Quali pene no sarebbero su di voi applicate, ove abbandonaste senza amore alla patria, senza onor civico e senza coraggio il vessillo glorioso, e lo Stemma Sabaudo del nostro riscatto?!…

Una colona [sic] di più migliaja di truppa regolare Italiana e di Guardie Nazionali mobilizzate di già penetra in questa Provincia, e riconducendo la sicurezza negli animi di tutti coopererà, perché nulla possa verificarsi di quelle ridicole voci, che si spandono dai miserabili, i quali, dilegiando [sic] persino la insegna di cui vorrebbero decorarsi (se pure questa contenesse alcun decoro), seguono il Galeotta Camillo Mecola, che con bernesco travestimento si fa chiamare Generale sol perché a capo de' suoi 20 masnadieri ha impennato un cappello di convittore di questo Collegio-Liceo, rinvenuto in casa d'Alessandro in Ari, ove furono a dirubarlo.

Abruzzesi! Mostratevi degni di voi nel disperdere quest'orda, e raffittirvi attorno al simulacro dell'ordine, della legge, della libertà e del progresso, perché quando io non vi scorgessi quali vi conobbi e quali vi stimo, ponendo anch'io la mia parola di biasimo, vi abbandonerei a voi stessi ed al peggior destino, che potrebbe esservi di sopra gravato, cioè ad una legge militare che vi ricondurrà al dovere ed all'ordine.

Chieti, 3 gennajo 1861

GIACOMO GIULIANI

 

 

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