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"Storie di galantuomini, briganti
e soldati dal 1860"

ricerche storiche di:

Vincenzo Perretti

CAPITOLO II

Fatta l'Unità italiana da oltre trent'anni e debellato definitivamente il brigantaggio da poco più di dieci, il giovane ingegnere Rocco prese in mano la guida della famiglia Maglietta e nel contempo, come si è detto, la responsabilità di gestire i beni dei Materi; continuò fino ai suoi ultimi anni ad alternare il lavoro con la lettura di tutto quanto veniva pubblicato nel suo tempo e, giusto all'età di settantasette anni, iniziò a raccogliere notizie che, in definitiva, anticipano e fanno da cornice a tutta la storia che segue. Non è chiaro perchè, già anziano e in pensione, il Maglietta volle conoscere ed annotare taluni fatti successi tanto tempo prima; forse ne ebbe richiesta da altri, forse per una semplice curiosità o addirittura per il desiderio di riabilitare la memoria di qualcuno. Sarà impossibile dare una risposta a queste domande, anche perchè, pur arrivando fino alla conclusione di questa storia, il lettore noterà che le notizie raccolte dal Maglietta non contenevano alcun elemento di novità rispetto alle fonti documentarie più avanti riportate, che descrivono, in maniera piuttosto esauriente, i fatti e le persone di cui si occupava il Maglietta. In breve, ecco gli appunti che il Maglietta ha raccolto intorno al 1923:

1. Biglietto, a lui diretto, senza data: "Chi prese Saravallo si chiamava Giuseppe Strammillo, alias Mingungo. Il Capo urbano era don Mariano Cavalli. Il Sindaco era don Innocenzo Gallo. E così vi ho servito, almeno credo di avervi servito perchè solo queste notizie ho potuto raccogliere. Vostro dev.mo F.Lamagna".

2. Biglietto, c.s.:" Vincenzo Cetani prestava servizio presso il cav. Matera alla Grancia quale guardiano. Il padrone aveva saputo per mezzo di lui che Paolo Serravalle, suo fattore, si vendeva alberi e altre cose segretamente. Al suo fedele servitore Cetani il cav. Matera una lettera (sic) dicendogli che avrebbe accomodato tutto, quando sarebbe andato di persona alla Grancia, dolendosi dei furti che faceva Serravalle. La lettera, portata da un bracciante, per errore capitò nelle mani di Serravalle, il quale vistosi scoperto uccise il Cetani. Una cognata del Cetani passando vicino alla Grancia, riconobbe il congiunto e venne a darne notizia a Tricarico. Ma quando arrivarono i congiunti del Cetani alla Grancia, già il cadavere era stato trasportato e seppellito ad Albano. Con affettuosi saluti. Sanseverino, arciprete".

3. Biglietto anonimo, senza data: " Primo omicidio del Serravalle. L'ucciso fu certo Vincenzo Cetani fu Domenico di Tricarico. L'omicidio avvenne alla Grancia tenuta posseduta da don Luigi Materi presso Brindisi di Montagna".

4. Lettera del sindaco di Salandra, datata 26 marzo 1923: " ... in questi Registri non fu segnata la morte di Serravalle Angelo fu Giuseppe (fratello di Paolo, n.d.r.), perchè nessuno si prese, a suo tempo, la briga di denunziarla".

5. Certificato del Municipio di Mangone (CS), 15.03.1923: " Da Giuseppe Serravalle bracciale di anni 28 e da Rosa Guaranio contadina di anni 24, è nato un bambino di sesso maschile, a cui è stato dato il nome di Paolo Maria, il giorno 23.10.1876".

6. Appunto autografo dei Maglietta: " Gennaio 1857, sequestrò Giuseppe Santo di Montepeloso; agosto 1854 fu preso in Pomarico in casa di altra sua amante, che quivi avea". (Entrambe le date sono errate; il primo episodio è del 2 febbraio 1857, il secondo è del 7 aprile '57, n.d.r.).

7. Lettera indirizzata al Presidente dei Ministri, a firma Carmine Spaziante, datata Salandra 24 agosto 1857, e composta di undici fogli; di tale documento, che appare la copia di un originale, non è stato possibile appurare se fu inoltrato o meno; di certo non è citato nelle carte processuali che seguono. Nel primo foglio lo Spaziante espone: " ... come suo figlio don Placido venne catturato la sera del '72 luglio da una comitiva di briganti alla testa della quale eravi un certo Paolo Serravalle, e non venne rilasciato che la sera del 20 del detto mese mediante il riscatto di Duc.3050". Termina il primo foglio:" con la speranza che l'attuale mariuolo di Basilicata sia assicurato alla giustizia speditamente, e far dare conto anche a' suoi complici de' di lui misfatti e con ciò liberare la Provincia da questa pestilenza". Nei fogli seguenti lo Spaziante enumera i diversi delitti di cui accusa il Serravalle: "Fatto primo. Paolo Serravalle è delle Calabrie. Codesto dono calabrese si è fatto alla Provincia dal sig. Don Luigi Materi che ve lo introdusse colla qualità di suo guardiano. Ora per ammettere a sì interessante servizio uno di remotissime regioni deve aversene avuta una storia vantaggiosa de sua vita, ed ancora valevole garenzia d'un personaggio, così si usa da tutti i Proprietari dabbene. Fatto secondo. Stava a tale servizio quando il Serravalle si fece accompagnare alla marina di Lecce da Vincenzo Sarli di Vaglio, sulla credenza che quivi recavasi a comprar muli per conto del suo padrone. Una razza di muletti si prese bene nella notte, e si menò a vendere pure furtivamente nelle Calabrie! Ora, poteasi tanto assentare senza la intelligenza del suo Padrone? Fatto terzo. stava ancora al detto servizio quando commise l'altro sequestro di Canio Rocco Milano di Vaglio, sono 5 anni. li cognato di costui si raccomandò al Serravalle per conseguire la liberazione di Milano. Serravalle servì all'amicizia, ma coll'uccidere un suo compagno che si opponeva al rilascio. Fatto quarto. In quel tempo un'altro guardiano di Materi venne ucciso da Serravalle in mezzo alla strada di Tricarico, perchè non si accordava con lui. Ciò dovea portargli la persecuzione del suo Padrone, ma questi lo ha sempre accolto meglio, ed anzi ha assegnato 20 o 30 carlini alla moglie dell'ucciso, come per riparazione di tanto danno. Fatto quinto. Nella mentovata cattura di don Rocco de Asmundis di Anzi i vaccari del signor Materi furono sempre in mezzo. Essi mandarono ad accertare Serravalle dell'opportunità del tempo, e del luogo; nell'andarvi la comitiva pernottò nella mandra di Materi, e molti dialoghi riservati tenne al massaro Potito. Fatto sesto. Nel sequestro di Giuseppe Santo di Montepeloso, avvenuto in questo stesso anno, veniva molestata la mandra del signor Iannelli di Cancellara; il massaro a cacciarsi le molestie, confessò alla Forza pubblica che nella mandra Materi si tenea il cavallo di Santo. Altri luoghi si visitarono, e non l'indicato. Fatto settimo. In maggio ultimo era notorio in Grassano che Serravalle fequentava la casa della sua bella. Materi, Capo Urbano di quel comune, ebbe a fare ad ingegno quest'atto di ostentazione, mandò degli urbani di sua fiducia ad impostare Serravalle, questi vi capitò in mezzo veramente, si fece un parapiglia, si tiravano dei colpi in aria, il birbone intrepido riprese, dico riprese la via di prima! Fatto ottavo. In questi luoghi tutti temono di uscire dalla porta delle case. Il solo Materi va, e viene da Potenza senza scorta! Ciò si è specialmente marcato nel ritirarsi ch'egli ha fatto da potenza, nello sciogliersi il consiglio Provinciale, in dove troppo indegnamente a' seduto più di un anno. Tutti naturalmente spiegano questo fatto dalla protezione ch'egli a vicenda gode nelle campagne presso il suo protetto. Fatto nono. Serravalle, dopo di avere fatto bene le facende, si ritira nel bosco sempre della Grancia di Brindisi di proprietà del signor Materi, ed in Grassano che possono dirsi il suo domicilio, tantocchè ha strada nell'uno e nell'altro Comune. Egli anzi scende co'vaccari nell'inverno alla marina, e nella state sale ne' boschi della Grancia accompagnandoli come ombra al corpo. Fatto decimo. Nel sequestro del figlio dell'esponente, la complicità dei foresi Materi si è fatta luminosa. E già nelle prigioni il giumentaro di costui, Domenico Miseo dicesi, lo sia ancora il massario potito, grazie sempre allo zelo di quest'Autorità, degni Procuratori del massimo Ortodosso nostro sovrano D.G. quali stanno per cadere la maschera ad detto Materi. Fatto undecimo. Don Vincenzo Sacerdote Spaziante, figlio altro dello esponente, in Napoli rapportò la cattura di suo fratello al signor Generale Santovito; questi rimase sorpreso in sentire Serravalle, capo di tale misfatto, perchè poco tempo prima il detto Serravalle gli venne personalmente raccomandato da don Luigi Materi dicendo mari e monti, acciò non lo avessi fatto molestare dalla Gendarmeria". Dall'ultimo foglio dell'esposto di Spaziante: " In questi ed altri fatti identici che si potrebbero moltiplicare, taluni vedono chiara la complicità anche del signor Materi lo dicono anzi depositario delle mariuolerie del suo guardiano, e con ciò spiegano il perchè del crescere la sua proprietà mirabilmente in ogni anno (...). Rimane al supplicante doversi dolere anche del Capo Urbano Don Nicola Motta, anzi accusarlo perchè se egli avesse anche mezzanamente adempito ai suoi doveri si sarebbe certamente prevenuto l'accaduto. Si lagna anche l'esponente di Don Donato Vincenzo Motta, amico strettissimo dei Materi e fratello del Capo Urbano; perchè essendosi perquisita la sua masseria a Pantanelli dal Tenente Don Vincenzo Auricchio, questi trovò fucili ed altre armi ed avendo arrestato il guardiano, tale Francesco nomato Cicerone, il detto don Donato Vincenzo intercedeva pel suo guardiano, il quale veniva rilasciato, e con lasciare libero questo, rilasciavasi un complice di Serravalle. In fine aggiunge il supplicante che non si facesse capo al Vescovo di Tricarico, il quale trovasi ligato in parentela spirituale al signor Materi. Il supplicante, se il velo della passione non gli oscuri la mente sua, crede bastevole solo il primo fallo a far rispondere il signor Materi almeno civilmente di fatti del suo lavoro". Con questa lettera terminano le carte che l'ingegnere Rocco Maglietta conservava sull'argomento. Di certo tutti questi documenti accennano appena alle storie che seguono, e non chiariscono al lettore gli avvenimenti citati, si riportano soltanto perchè sono alla base di tutta la ricerca che l'ingegnere Maglietta aveva iniziato quasi settant'anni fa, ed ecco quello che ne segue.

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