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POGGIO SANNITA:

17 APRILE 1862

da: http://www.comune.poggiosannita.is.it/

 

IL COMUNE DALL’800 AL 1922

Nel 1806, con l’abolizione dei privilegi feudali, i possedimenti di Colle Casacco e della Carapellese, che dal 1421 erano sotto i principi di San Buono e il 22 ottobre 1687 furono confermati al Comune di Schiavi da Marino Caracciolo, e quello della Scalzavacca, sotto il dominio del Marchese di Civitanova e Duca di Pescolanciano D’Alessandro, nonostante abitati ed affidati a gente di Caccavone, venivano rispettivamente incorporati nelle Università di Schiavi d’Abruzzo e Civitanova del Sannio. Contro questo provvedimento reagiva l’Università di Caccavone presso la Commissione Feudale di Napoli, opponendosi legalmente. Nel 1810 la Commissione Feudale non si pronuncia, e rinvia la decisione all’autorità amministrativa. Nel frattempo, nel 1807 l’Università viene assegnata al Distretto di Isernia e compresa nel Governo di Vastogirardi. Con la Legge del 1 maggio 1816, Caccavone veniva attribuita al Circondario e poi Mandamento di Agnone. Essa aveva nella propria giurisdizione territoriale una frazione, Castelverrino, che nel 1819 divenne comune autonomo. Nel 1820 si segnala una piccola setta carbonara, guidata da Domenico Antinucci, dottore in legge, che si riuniva nel palazzo ducale. Nel 1848 si ebbero echi della rivoluzione anche in Caccavone, in quanto furono rinviati a giudizio presso la Corte Criminale di Campobasso come cospiratori Pasquale e Michelangelo Antinucci e Antonio Mastronardi, su denuncia del Capo Urbano di Caccavone, Don Filippo Moauro. Dopo l’entrata di Garibaldi a Napoli nel 1860 e l’annessione del Mezzogiorno d’Italia alla corona Savoia, immediatamente vennero innalzate in Caccavone le bandiere tricolori e sostituite le immagini borboniche, specialmente nella sede della Guardia Nazionale. Opposero resistenza l’Arciprete Don Vincenzo Amicone e il fratello Nicolamaria, che verso la fine di settembre ripresero il sopravvento e restaurarono le immagini dei Borboni. Ma l’arrivo dei Garibaldini, e la resa susseguente dell’Università, con la repressione dei contadini che erano scesi in lotta contro i nobili locali, riportò la calma.  Nello stesso anno la Guardia Nazionale di stanza a Caccavone, con a capo il capitano Pasquale Antinucci, contribuì, insieme a quella di Belmonte e Agnone, a reprimere la sollevazione borbonica del Farano a Castiglione Messer Marino, così come a Celenza sul Trigno e Pietrabbondante. Nell’ottobre susseguente, ad opera di Raffaele Palomba, scoppiò in Caccavane una sollevazione borbonica, ma intervenne prontamente il Sindaco Pasquale Antinucci, che fatta disporre la Guardia Nazionale, sedò la ribellione con la forza della dissuasione armata.

17.IV.1862: UNA DATA STORICA

Il 17 aprile 1862, Giovedì Santo, giunse voce che una turba di briganti sbandati si aggirava per l’agro di Caccavone. Il Sindaco, Pasquale Antinucci, aveva ordinato alla Guardia Nazionale, composta da 42 militi più il capitano,  che era lo stesso sindaco, di partire d’urgenza per sedare una nuova rivolta borbonica a Celenza. Mentre erano radunati in piazza, il vetturino Domenicantonio Bartolomeo portò la notizia della presenza dei briganti, come dei pastori gli avevano riferito. Si trattava della Banda di Luigi Alonsi, detto "Chiavone", che in verità aveva 24 uomini a cavallo al suo seguito, e stava cercando semplicemente di ritornare alle sue basi, senza aggredire la popolazione. Nella confusione del momento, il Sindaco e la Guardia Nazionale cambiarono obiettivo, e si diressero contro i briganti con grande approssimazione:  giunti in Fonte Scarpa, trovarono delle donne che riferirono loro il messaggio dell’Alonsi: "Tornate indietro, né vi affaticate tanto a seguire i briganti, che oggi non hanno voglia di venire alle mani, perché è giovedì santo: essi desiderano fare Buona Pasqua,  e vi mandano per consiglio che facciate voi pure lo stesso".  Ma, sviati dall’informazione precedentemente ricevuta che erano senza armi, i militi non rinunciarono all’inseguimento: presso Salcito avvenne lo scontro, i Caccavonesi  furono accerchiati e perirono 10 militi, con il sindaco Pasquale Antinucci. Il 26 maggio 1912 e il 29 maggio 1913 il Consiglio Comunale di Caccavone approva due deliberazioni importanti, riguardanti lo stralcio del latifondo Carapellese dal catasto di Schiavi d’Abruzzo e l’accatastamento in quello del Comune di Caccavone e la delimitazione nuova dei confini del Comune di Caccavone con quello di Civitanova, con restituzione della Scalzavacca. Il 28 settembre 1914, il Consiglio Provinciale del Molise riconosce la validità della richiesta della Carapellese, e approva la rettifica interessante tale territorio, considerando un errore la ripartizione del 1810, e demandando all’autorità prefettizia la risoluzione della questione. Il Prefetto di Campobasso avvia immediatamente le procedure, ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale insabbia la questione.

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