| Brigantaggio Locale | Documenti | Personaggi | Briganti | Storia | Bibliografia | Recensioni | Link | Libro degli Ospiti | Home |

 

BRIGANTAGGIO A MOTTOLA

La "resistenza filoborbonica" dopo l'Unità d'Italia: i briganti

da: http://www.comune.mottola.ta.it/boschi10.htm

Alla metà dell'800 si diffuse una leggenda, ripresa anche da Sir James Lacaita, che parlava di due dame taratine le quali durante una battuta di caccia si perdettero nei boschi di San Basilio ed incontrarono un enorme serpente bianco con gli occhi rossi e lucenti. Stavano per sparargli, quando improvvisamente intervenne un brigante di Ceglie che frequentava il bosco, il quale le fermò dicendo loro che in quel serpente bianco si celavano le anime dei giovani morti per amore, e gli vennero le lacrime agli occhi al pensiero di un suo compagno che aveva fatto quella fine. Dopodichè il brigante gentile accompagnò le due dame fuori dal bosco e sparì dopo un galante baciamano. Nonostante il fascino romantico di questa leggenda, non crediamo che tutti i briganti ottocenteschi dei boschi di San Basilio fossero così sensibili e raffinati. Sappiamo invece dai documenti storici che essi ospitarono tra il 1861 ed il 1863 alcuni tra i più sanguinari esponenti del brigantaggio postunitario come Cosimo Mazzeo di San Marzano detto Pizzichicchio, Rocco Chirichigno di Montescaglioso alias Coppolone ed il Sergente Romano, ovvero i capi della sfida guerrigliera lanciata dagli sbandati filoborbonici contro il conquistatore sabaudo. Il più temibile di essi, Pasquale Domenico Romano di Gioia del Colle, alloggiò a lungo presso i boschi di Dolcemorso, dove si dice sia ancora nascosto il suo tesoro. Il 1861 fu certamente per il territorio mottolese il peggiore di quegli "anni di piombo". Vennero infatti uccisi dai briganti i mottolesi Antonio Semeraro e Alfonso D'Eredità, membri della Guardia Nazionale; furono sequestrati il massaro Francesco Martellotta e l'esattore Giuseppe Antonio D'Onghia, rilasciati dopo il pagamento di lauti riscatti. Nel mese di maggio un bandito fu fatto prigioniero e fucilato, ma subito dopo venne ucciso un carabiniere a cavallo. Verso la fine dell'anno presso la gravinella di Dolcemorso si registrò un pesante scontro tra la Compagnia del 13mo reggimento ed una grossa banda di briganti. Il primo Dicembre 1862, vicino alla masseria Monaci di San Domenico, all'incontro tra i tenimenti di Mottola, Noci ed Alberobello, durante un vertice dei maggiori capibanda pugliesi e lucani, i briganti andarono incontro ad una terribile disfatta, lasciando sul campo quattro morti e dieci prigionieri, che vennero immediatamente fucilati a Noci. Il mese dopo il Sergente Romano rimase vittima presso Gioia del Colle di una imboscata della Guardia Nazionale e dei Cavalleggeri di Saluzzo e nel giro di un anno tutti i suoi gregari vennero annientati. L'epopea e l'incubo del brigantaggio filoborbonico erano terminati.

INDIETRO