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BANDITI LUCANI: ANTROPOLOGIA STORICA DELLA DISSIDENZA |
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di: Monica Maggio - da: BASILICATA REGIONE Notizie |
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I l brigantaggio in Basilicata e nel Meridione fu la logica conseguenza di un particolare momento politico sociale, che le popolazioni lucane attraversavano all’indomani dell’Unità d’Italia. Questo fenomeno deve essere visto non come espressione di delinquenza comune ma di ribellione agli ordinamenti sociali delle classi più povere, quelle più soggette ai soprusi. Durante il processo a carico di Carmine Crocco, il più famoso e famigetaro brigante lucano, il Presidente della giuria, rivolgendosi all’imputato, esclamava: "Voi siete stato carcerato sotto il governo passato, carcerato a Roma, carcerato ora, respinto dalla reazione, respinto dai liberali, pare che per voi non vi è stata mai pace!" A queste parole l’ex capobrigante replicava: "Mai pace in nessuna epoca e con nessun governo, cerchiamo di fare pace ora per carità…" 1 . Nella risposta del famigerato Crocco si racchiudeva non solo il suo dramma, ma quello di un intero popolo che per lungo tempo aveva sofferto. Era in quel dramma, causa dei più disparati mali, che il brigantaggio trovava la sua giustificazione ed il suo motivo di esistere. Il lucano non era brigante per indole, alla base del suo comportamento illegale ed immorale, vi erano cause profonde e complesse di ordine storico, sociale, economico e politico. Se quel fenomeno assunse vaste proporzioni delle quali siamo a conoscenza, lo si deve senz’altro al cambiamento politico che portò le province meridionali dal regime borbonico a quello unitario. I briganti, infatti, strumentalizzati dai fautori del caduto governo che, organizzatili militarmente, li armava e li assoldava, diedero vita alla reazione borbonica, nel tentativo di riportare sul trono lo spodestato sovrano Francesco II. Importante è anche l’aspetto geografico. I briganti pullulavano nelle zone isolate, inaccessibili come le montagne e le foreste. Nelle regioni con una struttura geologica montuosa, come la Lucania. La mancanza di terre agricole, faceva sì che molti contadini o braccianti fossero disoccupati e, nella impossibilità di trovare nuovi introiti, si davano al banditismo. Se l’aspetto politico e territoriale giocarono un ruolo importante nella diffusione del brigantaggio, è anche vero che l’aspetto socioeconomico era stato la componente principale di quel fenomeno. La miseria, il vassallaggio, l’ignoranza, l’assoluta mancanza delle più elementari norme che regolano la vita civile di un popolo erano le cause principali che determinavano le ingiustizie sociali e, quindi, il desiderio di vendetta da parte degli oppressi. A queste conclusioni era giunto Enrico Pani Rossi, il quale nella sua opera intitolata "La Basilicata", analizzando il fenomeno del brigantaggio lucano, scriveva: "Orribili insanie tra gente cresciuta entro le stesse mura, ma in varia fortuna, gli uni di oppressori, gli altri d’oppressi, sono causa di tanti odi; e per cui la vittima lanciatasi alle porte la incontri carnefice" 2. Non dissimile è la tesi di Saverio Cilibrizzi il quale, condannando i soprusi e le violenze delle classi agiate nei confronti di quelle povere, vede nel brigantaggio "…l’espressione di una feroce lotta di classe" 3. Il deputato Massari, nella famosa relazione della Commissione Parlamentare d’inchiesta, diceva: "Il contadino sa che le sue fatiche non gli fruttavano né benessere nè prosperità; sa che il prodotto della terra innaffiata dai suoi sudori non sarà suo; si vede e si sente condannato a perpetua miseria e l’istinto della vendetta sorge spontaneo nell’animo suo. L’occasione si presenta, egli non se la lascia sfuggire; si fa brigante; richiede, vale a dire, alla forza del benessere quella prosperità che la prepotenza gli vieta di conseguire, ed agli onesti e mal ricompensati sudori del lavoro, preferisce i disagi fruttiferi della vita del brigante. Il brigantaggio diventa, in tal guisa, la protesta selvaggia e brutale della miseria contro antiche e secolari ingiustizie…" 4. Nell’Agosto del 1863 fu promulgata, contro il brigantaggio, la Legge Pica, così detta dal deputato che la propose. Questa legge fu oggetto di vivaci polemiche. Il Riviello, storico lucano e uomo politico la condannava accusandola di aver accresciuto in quelle contrade "…il disordine e lo spavento…", inoltre "…lo spirito eccezionale ed inesorabile della legge …rinfocolò le ire partigiane e le vendette personali in ogni paese della provincia, ed elevò spesso a pruova di colpa e di condanna la fallacia degli indizi e dei sospetti" 5. Anche Giuseppe Ciccotti, esaminando il contenuto di quel provvedimento, diceva che, pur essendo severo, non rispondeva allo scopo diretto ad estirpare il brigantaggio che trovava la sua origine nel partito borbonico. Quindi sarebbe stato più opportuno rendere inefficiente tale partito 6. La legge Pica, comunque, nonostante le critiche mossele, conseguì il fine che si era prefisso, ossia la neutralizzazione del brigantaggio, per cui alla fine del 1865, quando i principali briganti erano morti o erano stati catturati, fu abrogata 7. Se è vero che la legge Pica riuscì a debellare il brigantaggio, non si deve dimenticare che lo Stato più volte agì con autoritarismo e gravi limitazioni ledendo i diritti dei cittadini. Principale preoccupazione fu eliminare la dissidenza nei confronti del nuovo governo, non risolvere i problemi che ne erano stati la causa 8. Intanto tra il 1861 ed il 1863 in Basilicata furono fucilati 1.038 briganti, ne morirono in conflitto 2.413 e ne furono arrestati 2.768 9. Erano rimasti i più feroci. Ninco Nanco, alias Giuseppe Nicola Summa, che fu catturato ed ucciso il 13 Marzo del 1864 e Crocco, Carmine Donatelli, il più grande di tutti che venne riconosciuto nel 1870, imprigionato e poi condannato a causa del tradimento di un suo compagno di ventura, Giuseppe Caruso. Fu, l’ultimo brigante di Basilicata ad essere catturato. Il più fortunato di tutti, sfuggì alla forca ed alla costituzione volontaria. Verrà condannato a morte, poi la pena fu commutata in ergastolo 10. Nel 1905 morì a Portoferrato, in carcere, dove scrisse la sua autobiografia riportata 30 anni dopo da Eugenio Massa, capitano della cinquantasettesima fanteria 11. Il 1865, quindi, segna la fine del brigantaggio e, la morte di Crocco la sua definitiva scomparsa. Rimane l’interrogativo; È veramente scomparso? Sergio de Pilato, dice: "Molte delle cause che lo hanno creato ed alimentato scomparvero, ma molte sopravvissero a tutto quel sangue ed a tutta quella devastazione di spiriti e di corpi, sopravvivono ancora, e, qua e là, laggiù come altrove, il brigantaggio tornò, torna ancora con impeti selvaggi. Ha cambiato solo il nome, ha mutato di luogo di forma, d’intensità, si è trasformato con le condizioni mutate, coi tempi mutati. L’emigrazione l’ha trasportato altrove, l’educazione, l’istruzione, la civiltà lo hanno ringentilito, è diventato evoluto, elegante, scientifico, il governo non lo crea più lo combatte, lo reprime, e se ne serve qualche volta in periodo elettorale". Rilevante è il pensiero di Alfonso Scirocco, studioso contemporaneo, quando afferma che il brigantaggio, presente in tutte le epoche e continenti, è caratterizzato da aspetti comuni. È importante, però, delimitare un’area circoscritta, un’epoca determinata, un campo d’indagine. Si può concludere affermando che il modo migliore per studiare questo fenomeno è l’uso di fonti giudiziarie; attraverso i processi si acquisiscono testimonianze di varia provenienza, si indaga sull’aspetto territoriale e sociale, si fa parlare la povera gente, complice o vittima, si sente la voce dei contemporanei prima che sia modificata nel ricordo.Note 1 Processo e dibattimenti…,cit., p. 40. 2 Pani Rossi E., La Basilicata,cit.. p. 564. 3 Cilibrizzi S., I grandi lucani…,cit. p. 33. 4 Inchiesta Massari, in Pedio T., La Basilicata...,cit. p. 133. 5 Riviello R., Cronaca…,cit., p. 366. 6 Ciccotti G., La legge Pica, in Pedio T., La Basilicata…,cit., p. 132, n. 627. 7 Riviello R., Cronaca…,cit., p. 367. 8 Palestrina C., Il brigantaggio…, cit., p. 237. 9 Pani Rossi E., La Basilicata,cit., p. 59 10 Processo e dibattimento…,cit., p. 160. 11 Del Zio B., Il brigante Crocco…, cit., p. 1. |
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