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BRIGANTAGGIO A LAURINO |
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da: http://www.comune.laurino.sa.it/contenuti.asp?contenutiID=38 |
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L e vicende politiche seguite alla rivoluzione del 1799 costrinsero alcuni patrioti all'esilio. Con Giuseppe Bonaparte, nuovo re di Napoli e quindi con Gioacchino Murat, a cui cedette il trono per quello di Spagna, iniziò la vera lotta contro il regime feudale. Una delle prime leggi del nuovo re fu quella che dichiarava di uso pubblico o delle comunità tutte le terre baronali, annullando ogni potere e diritto giurisdizionale e riconoscendo solo il diritto di proprietà sui beni personali mobili ed immobili del Duca di Laurino. Venne così deposto l'ultimo Duca di Laurino, Troiano Spinelli, e dopo di lui restò l'ultimo nobile, Vincenzo Spinelli; a seguito della richiesta dei vari casali già facenti parte dello Stato di Laurino si ebbero due sentenze: la prima dichiarò finita la feudalità universale del territorio ed assegnò al casale più grande le "difese" Fornelli, Merende, Fontana della Spina, le Destre, Macchia di Ricciardo, Motola e Tempa, riservando all'ex feudatario solo il diritto di fida e di terraggio, nonché quello della coltura decennale già iniziata. La seconda sentenza provvide alla spartizione di Pruno. Con successiva sentenza si procedette infine alla divisione dei vari demani e furono fissati i compensi tra i vari comuni. Come avviene in tutte le guerre, non mancò neanche a Laurino chi approfittò del caos generale per praticare soprusi: la notte del 7 ottobre 1806 il capomassa Nicola Tommasini invase Laurino, saccheggiandolo. Negli anni che seguirono le scorribande continuarono: nell'incertezza di un ritorno di Ferdinando molti si diedero alla macchia e da allora cominciò quell'azione clandestina di violenze e di soprusi che sfociò nel fenomeno del Brigantaggio, anche se è giusto precisare che nel Cilento come altrove alcuni si rifugiarono nelle macchie per un ideale politico, l'ideale stesso della patria. Quindi i briganti combatterono nelle macchie per difendere i loro ideali; cosa diversa invece furono le azioni di chi si organizzava clandestinamente per compiere abusi. La banda di Giuseppe Tardio si allargò fino a comprendere 2000 uomini, di cui fecero parte un centinaio di laurinesi ed ebbe il suo quartier generale in Pruno di Laurino. Al vero brigantaggio aderirono solo 4 o 5 laurinesi. Il Tardio assunse il grado di Maggiore: il 14 ottobre la sua banda si scontrò con la Guardia Nazionale di Corleto Monforte, lo scopo della quale fu sempre politico, credendo in un ritorno di Francesco II. Dopo di lui la sua banda probabilmente si diede ad azioni degne del vero brigantaggio. Dopo numerose vicende fu arrestato e condannato all'esilio nell'isola di Favignana, e in seguito, quando l'Italia passò sotto un re Italiano, indossò il tricolore e servì la Patria fino alla morte,(cfr: Italo Bruno, Cilento in fiamme, 1994) |
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