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IL BRIGANTE E IL GARZONCELLO |
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di: Antonietta Lallo, Racconti della mia terra, editrice Montedit, 2000 |
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da: http://www.club.it/autori/libri/antonietta.lallo/romanzoincipit.html |
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D urante il periodo di assestamento del nuovo regno d'Italia, molti contadini di S. Marco in Lamis, sia per non privare la famiglia di braccia lavorative, sia per avversione al nuovo governo, si dimostrarono reticenti alla leva. Alcuni si diedero alla macchia e diventarono briganti, seminando disordine e terrore fra la gente di campagna e del paese. Uno di essi si chiamava Paolo, e il suo nome era conosciuto per la particolare crudeltà della sua indole. Trovandosi in una masseria costringeva i malcapitati abitatori a sovvenzionarlo minacciandoli con le armi in suo possesso. Un giorno scrisse sul muro: "Chi hadda accide a Pàvele hadda jèsse nu gran diàvele". (Chi deve uccidere Paolo / deve essere un gran diavolo). Un garzoncello che pascolava le pecore si permise di aggiungere sotto quella scritta: "Quanne lu pire jè mature cade senza torciture" (Quando la pera è matura / cade senza forzatura). Il brigante, leggendo queste parole, si adirò talmente che cercava il giovane per vendicarsi di quell'affronto. Sapendo di non potergli sfuggire, il garzoncello preparò un suo piano di difesa. Nel campo c'era un pagliaio; si procurò un fucile e si nascose nell'interno. Il brigante, avvertito del luogo in cui si trovava il giovane, vi si diresse e gli diede voce: "Uagliò, adova sta?" (ragazzo, dove sei?) Il garzoncello dall'interno del pagliaio rispose: "Stégne qua, nò vogghie ascì, jaje pajura!" (sto qui, non voglio uscire, ho paura!) L'uomo si avvicinò all'ingresso e abbassò il capo mettendo dentro il piede. Il giovane con mano tremante sparò e colpì il brigante in pieno petto. |
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