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BRIGANTAGGIO CILENTANO |
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da: http://www.comune.valledellangelo.sa.it/subcat.asp |
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D al 1820 al 1860 vi furono annose controversie inerenti alla questione demaniale. Migliaia di tomola di terreno, fra quelli alienati dal demanio e quelli dai grossi proprietari terrieri, erano entrati in circolazione, dando vita a nuovi proprietari che, d'accordo con i vecchi feudatari, originavano un fronte insormontabile di resistenza ad ogni richiesta dei comuni e soprattutto dell'enorme schiera dei contadini. in definitiva contadini, operai, braccianti rimasero esclusi da ogni assegnazione, e proprio per il desiderio di vedere ristabilita la comunità delle terre, diedero vita ad un "comunismo", i cui aderenti vennero appellati come "comunisti". Questa vertenza fu agitata da locali sette, nate dalle masse popolari, i cui problemi non venivano risolti dalle istituzioni. In queste sette operarono due cittadini di Valle dell'Angelo, Antonio Pisciottano e Andrea Mastrandrea, i quali avversarono profondamente i Borboni, contro i quali congiurarono duramente. Lo stesso fece Barbato Andreoli, che si affiancò ai Capozzoli di Monteforte. Cooperarono nella programmazione dell'insurrezione cilentana del 1828 e 1848, attuando contratti segreti con i più noti cospiratori del Cilento. Affiliati alla setta "Fratellanza", difesero le ansie dei contadini, lottando contro la strapotenza dei ricchi proprietari. Per questo furono arrestati e condannati. (Cfr: Antonio Infante, Valle dell'Angelo e la grotta, ed. Centro di cultura e studi storici Alburnus, 1995). Una nuova nota venne a scuotere il mortificante quietismo dei paese del salernitano dal 1857 al 1859. In ogni dove cominciarono ad organizzarsi centri e comitati rivoluzionari. L'azione della polizia fece allentare l'attività cospirativa messa in atto dai cospiratori salernitani. Il nome di Garibaldi era sulla bocca di tutti e si aspettava con ansia l'eroe, al cui seguito erano cinque cilentani: Michele Magnoni, Filippo Patella, Francesco Paolo Del Mastro, Leonino Vinciprova e Michele Del Mastro. I patrioti rimasti in provincia preparavano le armi e reclutavano quante più persone fosse possibile. Con la proclamazione dell'unità d'Italia, a cui Piaggine Sottane aderisce, si determinò una crisi lunga e profonda. Quando la legge dell'agosto 1861 unificava il debito pubblico del Regno Sardo, che era il doppio di quello di Napoli, questo fu un grosso peso per il sud, dove l'economia era stata fortemente vilipesa dalla caduta dei prezzi agricoli, dalle industrie domestiche e da quelle industriali, che erano l'asse portante dell'economia. Inoltre il problema delle terre non era stato ancora risolto: ciò comportò il permanere di grandi latifondi e di conseguenza la classe rurale era sempre più povera. Si venne ad attuare il "protezionismo", ideato dagli industriali nordici, determinando aumenti dei prodotti industriali "protetti". Le speranze, quindi, andarono deluse, perché a quella unità non corrispondeva l'unità degli italiani. Il popolo vedeva ad un esercito d'occupazione, quello austrico, sostituirsi un altro esercito, il proprio, che si comportava peggio del precedente. Il popolo cilentano, dunque, per secoli vittima delle angherie dello straniero, si vide tradito per l'ennesima volta da quegli stessi che esso aveva chiamato per creare la nuova nazione. (cfr: Antonio Infante, Valle dell'Angelo e la grotta, Ed. Centro di cultura e studi storici, 1995). A Valle dell'Angelo il brigantaggio non fu molto diffuso, grazie alla Guardia Nazionale che operava sul posto, attenta a sopprimere qualsiasi forma brigantesca. In tutto il Cilento il malcontento era più vivo che altrove per via degli irrisolti problemi di coloni, braccianti e pastori. Tra gli affiliati al gruppo di Giuseppe Tardio, noto brigante di Piaggine Soprane, vi fu Pietro Lucido Rubano, nato a Valle dell'Angelo il 29 maggio 1804, che partecipò alle sommosse organizzate dal brigante, il quale, tuttavia, perse molti dei suoi adepti, mentre altri lo abbandonarono. Intanto nel dicembre 1861 tornò dalla Lucania Pietro Rubano di Piaggine Sottane, alfiere della banda, detto Ciaraolo, nei primi giorni di febbraio del 1862, lo stesso Rubano si recò con altri a Centola per porsi a capo di quella famosa banda che aveva partecipato alla reazione borbonica nell'agosto del 1861, qui fu nominato capomassa. (...). (fr: Antonio Infante, Valle dell'Angelo e la grotta, ed. Centro di cultura e studi storici Alburnus, 1995) Così il Rubano ed il Tardio, e centinaia loro adepti, invasero diversi centri cilentani. L'ultimo saccheggio avvenne a Caselle in Pittari, dove la banda fu sgominata. |
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