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IL BRIGANTAGGIO AD ANDRETTA E DINTORNI |
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Sequestri di persona nel brigantaggio postunitario |
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di Carmine ZICCARDI |
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Pubblicato su VICUM-Periodico trimestrale MAR-GIU-SETT 2000 |
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da: http://digilander.libero.it/acomar/brigantaggio.htm |
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LE CAUSE |
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I l brigantaggio meridionale è un flagello tipico che deriva da un storico sottosviluppo e indigenza delle campagne e che s’intensifica ad ogni trasformazione politico-amministrativa, nelle difficili fasi economiche e in situazione di forti conflittualità sociali. Le crisi demografiche e l'esagerato fiscalismo incrementano i malviventi. L'attività brigantesca, inizialmente, vuole vendicare le sopraffazioni e le prepotenze degli oppressori nei confronti dei più deboli ed è solidale con gli aspiranti della libertà. Per il popolo meridionale, afferma Nitti, il brigante, operando apertamente contro le forze legittime e contro le leggi, è il vendicatore, il benefattore, la giustizia. Il reclutamento nelle comitive brigantesche avviene tra i renitenti alla leva, gli evasi dalle carceri, i disertori e tra quelli che osteggiano il lavoro con inclinazioni malvagie. Da opposizione ai malgoverni il brigantaggio si trasforma in episodi contadino delinquenziali assecondati e sfruttati da movimenti politici avversi (es. filoborbonici): "Nel mentre camminavo il brigante Pasquale Di Tore mi ha detto che mi voleva uccidere perché io ero contrario a Francesco 2 ", dichiara un sequestrato, "lo continuai a pregarli ", asserisce un altro, "ma essi furono sordi alle mie preghiere, dicendo che avevo percepito dal Governo di Vittorio Emanuele tre carlini al giorno come Guardia mobilizzata, ed affermando che io avevo detto di volerli uccidere". Un brigante, alla vista della Truppa in occasione del fermo di alcuni cittadini accusati di manutengolismo, esclama: "che vanno facendo questi Piemontesi; non se ne volene ire, noi avimo avuta la medaglia di Francisco" . E a Montella i carabinieri reali arrestano "tal Pazziale Giacomo di Atripalda, per aver diffusa la notizia che l'ex Re Francesco Borbone nel dì 15 dello stesso mese sarebbe rientrato sul trono di Napoli ciò che aveva prodotto agitazione in quel paese". La miseria e l'oppressione del popolo sono le cause principali predisponenti al brigantaggio: Nitti sostiene che "le rivolte dei briganti ebbero il carattere di vere e selvagge rivolte proletarie". I terreni montuosi, le valli impervie, difficili e boscose, le scarse e malagevoli comunicazioni per insufficiente viabilità, i desideri di immediati e ingiusti profitti, l'ignoranza, le superstizioni e la povertà dei luoghi favoriscono, poi, il fenomeno . Le condizioni socio-economiche sono sempre alla base di questi fatti criminali. La popolazione vive di agricoltura e di pastorizia. Esse rappresentano le fonti maggiori di ricchezza e le principali occupazioni "di quelle meschine popolazioni" e l'unica "piccola industria". L'agricoltura, però, è molto povera per la caratteristica orografica e la pastorizia è costretta a spostarsi dai luoghi "i più alpestri e rigidi" nel tavoliere pugliese durante l'inverno. La peste, il colera, altre epidemie completano il già desolante quadro. Le condizioni sono così difficili che famiglie "intiere lasciando tetti, e qualche piccola proprietà sono spadriate e spadriano tutto giorno: quindi sono crollate più di cento abitazioni".(1) La scuola non sempre è funzionante. Le tasse sono pesanti e le lamentele sono continue anche nelle famiglie benestanti. Molte persone indigenti sono in uno stato "infelice e deplorabile" e spesso non sono in grado di pagare puntualmente la fondiaria specialmente quando si verifica una "tenuissima raccolta dè cereali" o uno "stato d'avvilimento per la malattia in tal epoca ". Molti braccianti sono costretti a procurarsi il pane in paesi lontani.(2) L'ordinamento giuridico è inadeguato, la giustizia è inefficiente; perdura una scarsa interazione tra le istituzioni pubbliche. I poteri, accentrati nelle mani dei Prefetti, sono utilizzati in modo autoritario ed oppressivo: "lo sono moglie del brigante Antonio Di Tore, e per tale cagione mi trovo in carcere sospettando la forza che io avessi avuto comunicazioni col detto mio marito, che non ho mai più veduto da che si diede a scorrere la campagna. Anzi mi era risoluta di abbandonare i suoi figli del primo letto ma poi non l'ho fatto, perché lo stesso mi mandò minacciando di vita se tanto avessi eseguito. Quando mi arrestarono io allora ero tornata dal luogo ...ove mi era recata ad attingere un barile di acqua... così la forza sospettando che io fossi andata ad incontrare mio marito mi arrestò", dichiara la moglie del brigante Di Tore. "Signore, la causa del mio arresto è stata quella di avere mio padre Antonio tra i briganti che scorrono la campagna, ma io non ho colpa alcuna, né ci ho mai avuta relazione o comunicazione. È falso che io avessi fatto la spia ai briganti, e li avessi avvertiti dè movimenti della Truppa, e non ho testimoni a discarico a dare. La forza ha potuto arrestarmi per un semplice sospetto né è vero che fuggii innanzi ai carabinieri quando mi arrestarono. È vero poi che oltre a mio padre ho anche uno zio ed un fratello cugino in campagna", dichiara il figlio quattordicenne del brigante Di Tore. Si accusano di convivenza con i briganti un muratore "impossidente", di 54 anni (3), la moglie e le due figlie, solo perchè: "si misero a fare dei gesti (con le mani, e col capo), che io credo", scrive in una relazione il sotto brigadiere del Corpo delle Guardie Doganali, "che siano stati segni di convenzione ed avvertimenti...". Angela Di Tore, cugina del capobanda Angelo Antonio, viene colpita da mandato di arresto perchè sospettata di amoreggiare "con uno dei briganti di quella banda". In un incontro occasionale con i banditi la ragazza li esorta ad andarsene "diversamente la gente vede che parlate con noi, e ci fate passà no guaio". I carabinieri della stazione di Mortella arrestano" 32 contadini di quel paese, perchè stretti in parentela cò componenti la banda del famigerato Cianci, e per aver somministrato alla medesima non pure il vitto giornaliero, ma anche tutte le notizie relative ai movimenti della forza pubblica". Il codice non prevede, però, punizioni ai contravventori alle ordinanze prefettizie che limitano alcuni diritti. Gli ordini dei Prefetti vengono disattesi. Il magistrato ordinario non solo dispone, di solito, la liberazione dei contravventori sui quali non si ravvisano responsabilità penali ma anche, nei casi di manutengolismo, proscioglie gli imputati. Il giudice ordina, in questo caso, "che non sia data esecuzione al mandato di cattura..., e dichiara non farsi luogo a procedimento per difetto di sufficienti indizi di reità contro degli imputati". La Magistratura è molto lenta tranne che in rarissimi casi di grassazione e per gli omicidi perpetrati per vendetta.NOTE (1)Archivio Comunale di Andretta,Delibera del Decurionato del 24.1.1841 |
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