LE LAPIDI DEI BRIGANTI

RICORDANDO CHIAVONE

a cura di: Alessandro ROMANO

Il 20 maggio del 2000, in località "I Cocchi", nel Comune di Scifelli (FR), nei pressi dell'abitazione di Olimpia Lisi, donna di Luigi Alonzi detto "Chiavone", da dove il Comandante della resistenza antipiemontese guidava le sue truppe in attacchi fulminei e micidiali, fu organizzata dai compatrioti dell'ARIS, con in testa il Sovr. Intend. Generale dei Confini di Terra Argentino d'Arpino, una commemorazione con la scoperta di una lapide. Quindi una "festa brigantesca" a base di pietanze, vino e musiche di una zona della Ciociaria che ha conservato intatti cultura, tradizioni e STORIA.

Le vicende di Luigi Alonzi hanno dell'incredibile e sono al confine con la leggenda, tanto che passando per quei luoghi si sente ancora forte la sua presenza in un regno fatto di selve, anfratti, fiumi, trabocchetti e gente avvezza al lavoro duro della vita agreste.

Luigi Alonzi, chiamato Chiavone per quella enorme chiave di casa che da bambino aveva il compito di custodire al suo collo durante il lavoro che i genitori svolgevano nei boschi, era un "figlio d'arte".

Suo nonno, Valentino Alonzi, fu Brigante Sanfedista distinguendosi per la sua capacità, fedeltà ed astuzia.

Sarebbe veramente lungo elencare le molteplici imprese che Chiavone portò a termine con precisione e determinazione: una per tutte quella del 28 febbraio 1861, presso Bauco (attuale Boville Ernica), dove inflisse serie perdite al generale piemontese Maurizio de Sonnaz, mettendolo in fuga ed "arrossando di sangue nemico le acque del fiume Amaseno".

La fine cruenta ed infamante di Chiavone riassume la tragedia che aveva colpito l'antico regno. Infatti il capo brigante, nominato dal Re Francesco generale delle truppe di resistenza, fu fatto fucilare proprio da un Comandante legittimista, il generale Rafael Tristany.

Quale la causa di una tale incredibile decisione?

La guerra in atto con i piemontesi non fu uno scontro tra due eserciti ma la lotta tra due mondi: uno antico, tradizionalista, cattolico regolato da leggi di onore cavalleresco, l'altro moderno, ateo, regolato da una concezione di guerra ideologica e totale dove la norma era che il fine giustificava i mezzi.

I legittimisti vennero in Italia non a difendere un regno ma a combattere per quel mondo antico, di cui Luigi Alonzi ne violò i principi macchiando lo stesso giuramento da lui prestato per aver adottato i medesimi sistemi degli invasori piemontesi.

Lo scontro tra i Legittimisti ed il Brigante fu inevitabile: gli uni a difendere un'idea e l'altro la propria identità, finirono per soccombere entrambi lasciando a tutti noi un ricordo indelebile fatto di gesta, imprese e passioni struggenti che difficilmente la storia riuscirà nuovamente a riproporci.

 

Da sinistra: Luigi Alonzi detto Chiavone - L'abitazione di Chiavone a Scifelli - Il generale legittimista Rafael Tristany - Il generale piemontese Maurizio de Sonnaz

Giuramento dei Legittimisti

Io giuro fedeltà a Sua Maestà Francesco II, Re delle Due Sicilie. Io giuro obbedienza alle leggi di guerra, che dichiaro di aver compreso. Io giuro di vivere da prode soldato e di morire, se Dio lo vuole, per la difesa della nostra santa causa. Amen.

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