LE LAPIDI DEI BRIGANTI

LAPIDE SULLA RIVOLTA POPOLARE A SAN GIOVANNI ROTONDO DEL 1860

segnalazione di Sebastiano GERNONE

da: http://www.padrepioesangiovannirotondo.it/cap08.htm

 

S. GIOVANNI ROTONDO: Cronistoria della reazione borbonica del mese di ottobre 1860

 

La lapide che riportiamo riguarda la rivolta popolare dell'ottobre 1860 a San Giovanni Rotondo con l'eccidio di 24 liberali. Il furoreggiare di scudi, lo scoppiettio di fucili in rivolta è una conferma ulteriore della falsità del plebiscito unitario e del carattere di conquista del Sud da parte dello schieramento moderato inneggiante al tiranno Vittorio Emanuele II che ben utilizzò e strumentalizzò il dittatore Garibaldi. Dopo la ribellione dei paesi del Gargano feroce fu la repressione dei militari e dei garibaldini con fucilazioni sommarie e condanne a decenni di lavori forzati dei popolani. Fu l'inizio della nascita della colonia del Sud Italia. L’epigrafe precisiamo venne dettata dal Prof. Mauro Serrano, docente di lettere classiche nelle scuole napoletane, e affissa sulle mura del palazzo comunale il 23 ottobre 1894, molti anni dopo lo svolgersi dei fatti quando gli intellettuali "salariati" come li definì Gramsci, i servi del Principe come li chiamava l'Alfieri, avevano già iniziato a mascherare la lotta di potere che c'era stata tra moderati, democratici, clerico-borbonici e popolo per la conquista e difesa del Sud. La massoneria, espressione della borghesia e delle banche settentrionali, aveva programmato la formazione di una coscienza nazionale unitaria - il trio Cavour-Mazzini-Garibaldi - con la "paterna" figura del conquistatore Vittorio Emanuele II che di lì a qualche anno sarebbe stata immortalata sull'altare della Patria - in realtà altare delle menzogne come li definiva Don Milani - luogo rituale omaggiato a tutt'oggi dai propagandisti della comunità illusoria.

Sebastiano Gernone

 

"Qui cieco furore di plebe rinchiuse

e da fautori di borbonica tirannide istigato

senza cristiano consiglio in un’ora sola

il XXIII ottobre MDCCCLX con miseranda strage

ventiquattro egregi uomini trucidò

Che la postuma cittadina riconoscenza

martiri di libertà proclama

e l’Italia redenta ai posteri tramanda."

Seguono i nomi dei liberali uccisi:

Giuva Achille, farmacista; Errico D’Errico, Avvocato; Terenzio Ventrella, Avvocato; Paolo Franco, notaio, Luigi D’Errico, Avvocato; Nicola Del Grosso, agrim.; Michele Fazzano, arm.; Alfonso Mucci; Francesco Ruggieri; Achille Merla; Vincenzo Irace; Tommaso Lecce, comm.; Matteo Fini; Celestino Sabatelli; Antonio Maresca; Costantino Mucci; Guglielmo Fabrocini; Luigi Merla, Sac.; Tommaso Irace; Giuseppe Irace; Alessandro Campanile, Med. ; Gennaro Cascavilla; Francesco Russo; Agostino Bocchino. 24 ottobre 1894.

POCHI GIORNI DOPO L'ECCIDIO FU DIFFUSO IL TESTO GOVERNATIVO CHE SEGUE:

Giunta l’autorizzazione governativa, Del Giudice assunse i pieni poteri con questo proclama del 26 ottobre 1860:

"Cittadini, Dal Ministero di Polizia mi viene il seguente dispaccio:

"Considerando le triste condizioni politiche di codesta Provincia, l’autorizzo ad assumere i pieni poteri e nella circostanza di ristabilire l’ordine.

Fiducioso nella di lei operosità e giustizia, vorrà esercitarli con prudenza, sino a che non crederà di non esservene d’uopo".

A ciascuno di questa Provincia sono note le macchinazioni dei tristi. Non è l’opinione politica fonte alle turbolenze, ma la sete di saccheggio e degli stupri. La proprietà non è più sicura; la vita degli onesti in balia dei ribaldi. L’indulgenza del Governo è stata fraintesa, e tenuta per debolezza; ma bando ormai ai riguardi. D’oggi innanzi non avrà vigore che la giustizia; ed in virtù dei pieni poteri concessimi prescrivo le seguenti cose:

1. Tutti coloro che attenteranno alle private proprietà, e saranno colti in flagranza, verranno sottoposti ai Consigli di guerra.

2. Chiunque si fa reo di uccisione, o di violazione all’onore delle donne, sarà immediatamente fucilato.

3. I soldati sbandati, o congedati dall’entrata del Dittatore Garibaldi nelle due Sicilie dovranno presentarsi pel dì 3 novembre sia in questa Residenza, sia in Lucera presso il Procuratore Generale. Dopo quel giorno saranno ritenuti come disertori, e puniti ai termini dello Statuto penale militare.

4. Gli autori di fatti tendenti a spargere il malcontento, saranno giudicati con forme sommarie dalla Gran Corte Criminale della Provincia, elevata a Corte speciale, e condannati al Maximum della pena del primo grado dei ferri.

5. I giudici, i sindaci, ed i comandanti le guardie nazionali, in quei Comuni dove avvengono moti insurrezionali, saran ritenuti come complici, e fautori, se non avran prevenuta la Prima Autorità giudiziaria, o amministrativa della Provincia degl’indizii o sospetti della reazione.

6. Tutti coloro che saranno condannati, giusta i precedenti articoli, dovranno pagare i danni ed interessi alle famiglie delle vittime da liquidarsi con la stessa decisione di condanna.

Raccomando ai preti di non uscire dalla cerchia delle loro funzioni religiose. Se essi continueranno a mescersi di politica, ed a sovvertire le plebi sia coll’astenersi, sia coll’intromettersi, non varrà a difenderli la loro veste talare. Il maggior numero si è già stretto intorno al Re d’Italia; rimangono i pochi ed i peggiori su i quali l’autorità vigila attentamente.

Cittadini della Capitanata, rassicuratevi. Io vi prometto il subito ritorno all’ordine, e della sicurezza nei pochi paesi dove fervono i massacri ed il Comunismo.

Foggia 26 ottobre 1860

Il Governatore G. del G

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