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"Storie di galantuomini, briganti
e soldati dal 1860"

ricerche storiche di:

Vincenzo Perretti

CAPITOLO V

Tra il maggio ed il giugno del 1857 la banda dei calabresi si trova in difficoltà finanziarie, tanto che il "Capo" invita diversi suoi informatori a fare una chiacchierata nel suo rifugio e tra questi, tal Domenico Garruto alias Passaguai, che è un calzolaio di anni 33, da Garaguso; se ne ha notizia perchè il Garruto è arrestato nel mese di giugno e viene convinto dal Comandante della 20° Divisione della Gendarmeria Reale, Michele Giannone, a confessare che il brigante lo aveva incontrato più volte, e di lui ricordava bene le sembianze: " era vestito di giacca e gilè di bordiglioni, stivali di panno monacale fino alla metà del femore con strisce di pelle alle estremità, armato di carabina cortissima che portava dietro alle spalle, sotto il giubbone sospesa. E poiché quando favellava all'impiedi con ambo i pollici delle mani siti sotto le scapole tra il giubbone ed il gilè, quello veniva ai suoi lembi anteriori discostato, in modo da mostrare nelle tasche interne due pistole a due colpi e la baionetta con manico di ottone, nonché armato anche di fucile a due colpi". Dell'ultimo incontro avuto con il brigante, Garruto riferisce che "il Serravalle, cavando dalla tasca voluminoso portafoglio, dal quale ne trasse un notamento, il dié a leggere ad uno dè detti compagni e così conobbe che nell'accennato notamento erano compresi i nomi di Don Rocco Magnante, Don Angelo Moles di Garaguso, nonché Don Cipriano Mattiace di Oliveto e Don Carmine Spaziante di Salandra, dei quali cercava informarsi dal testimone se veramente erano contantisti, in quà luoghi della campagna solevano recarsi e se lui avesse desiderato di cangiar fortuna". Il Passaguai, dal profetico soprannome, da indagato diviene, come si dice oggi, collaboratore di giustizia, e davanti al giudice di San Mauro Forte, dopo aver tentato di far credere che era stato sempre un uomo onesto e che" volea vivere povero si, ma onorato" confessa poi di aver avvicinato i primi tre signori indicatigli dal capo brigante, intimando loro che " avessero, senza perdita di tempo, mandato cento piastre cadauno al Serravalle, con minaccia d'incendi se non avessero asserito alla richiesta". I predetti signori, fatta eccezione del primo ricattato che è il Sig. Magnante, per prendere tempo prima di pagare e sia perchè a quei tempi bisogna sospettare di tutto e di tutti, rispondono al Garruto che " allora avrebbero inviato il denaro, quando Serravalle avrebbe loro fatto tenere un biglietto". Il Passaguai continua nella sua deposizione "il Serravalle, in ciò sentire, fece scrivere dal malfattore più alto un biglietto in due mezzi fogli di carta bianca, dal seguente testo: Senz'altro mandami cento piastra e conzegnatela al porgittore e non aver timore di nessuna cosa e non aprire la bocca, scrivitemi. P.S.". Nella sua relazione il Giudice Vietri ricostruisce anche l'esatto luogo era avvenuta l'aggressione di Placido Spaziante: "poco lungi dal sito ove esiste una croce di legno ed ove si congiungono la via pubblica che da Ferrandina mena a Tricarico, ed il bivio che da Salandra conduce a Grassano, Matera e altrove, dalla parte di oriente, cioè transitandosi per la contrada Conca, ove è sita la Masseria di don Antonio Grassani e da verso nord ovest per l'altra contrada appellata Madonna del Monte". Nel frattempo i signori Moles e Mattiace si recano a Garaguso, per incontrare il Vescovo, Mons.Camillo Letizia, che si trovava colà in visita pastorale, gli raccontano delle minacce ricevute e gli chiedono un paterno consiglio. Nel verbale del Giudice, che raccoglie le dichiarazioni di quei signori, si legge : "Il lodato Vescovo si è dichiarato che avesse risposto così: Da una parte vorrei consigliarvi di non mandare il danaro, dall'altra, ma essendo voi proprietari, e minacciandovi della vita, è meglio ce li mandiate. Del resto, tra cinque o sei giorni sarò in Napoli, e farò di tutto per fare calare un battaglione per far estirpare questa mal'erba". Con il riguardo dovuto a Monsignor Letizia, il Giudice prega il Vicario di Tricarico di chiedere conferme al Vescovo su quell'incontro, e questi fa rispondere: " Ho solo detto a quei signori di regolarsi con prudenza, e non ho mai promesso di far inviare la forza armata". Intanto il ricatto si compie solo parzialmente, in quanto il signor Magnante non risulta aver pagato; Garruto consegna soltanto duecento piastre al brigante, e questi gentilmente ringrazia, inviando un biglietto al signor Moles, con il quale lo assicura che non avesse avuto alcun timore, mentre la di lui persona gli era stata raccomandata dal nomato Domenico LoCuoco di Tricarico, parente del Moles. E' indubbio che la raccomandazione, insieme alle piastre versate, procurano al signor Moles dapprima sollievo, poi addirittura una sicura baldanza; di lui è scritto nelle deposizioni di testimoni, che " non ha più usato quella cautela e riservatezza di prima, mentre ha acceduto liberamente nella campagna " ed a chi gli nominasse con sdegno il nome Serravalle, il Moles aveva risposto: " So io dov'è Paolo; non mi parlate più di Paolo, che vi farò caricare di funi e vi manderò nelle prigioni di San Mauro".

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