Copyright - 1999 - 2003 - © Fioravante BOSCO - Tutti i diritti riservati - Visualizzazione consigliata 800x600

 IL RISORGIMENTO NON E' DA ROTTAMARE

di Pietro DI MUCCIO

 

da: http://www.opinione.it/3.commenti/archivio_commenti/06-11_12-11/10-11-00_di%20muccio.htm

Non è il Risorgimento il nemico di un’Italia più libera, aperta, prospera, rifondata secondo il vero costituzionalismo ed il federalismo sussidiario. No. Sostenerlo è sbagliato e pericoloso. Non si tratta dunque di espungere il Risorgimento dal nostro passato, cosa impossibile del resto, bensì piuttosto, d’inglobarlo a pieno titolo nel nostro presente e di porlo ad elemento basilare del nostro sviluppo futuro. Lo stato centralista ha fatto il suo tempo, ma l’identità nazionale, costruita dal Risorgimento sui valori politici del liberalismo nel contesto della tradizione classica e della religione cristiana trasmessa dalla Chiesa cattolica, costituisce tuttora la "colla" del popolo italiano. Né la sacrosanta indignazione contro uno stato invadente, irrispettoso e irrispettabile, può portare ad esaltare acriticamente, quasi romanticamente, certe realtà preunitarie, a Nord, Centro e Sud Italia. E’ inspiegabile come un certo neointegralismo cattolico, nell’opera legittima di difendere e diffondere l’azione sociale benefica ed encomiabile delle formazioni ecclesiali, eviti di considerare il rischio reale di scivolare, pure suo malgrado, in un sanfedismo fuori tempo e fuori luogo. Non sono state poche, né trascurabili, le posizioni antirisorgimentali espresse negli ultimi tempi. Non mi riferisco al cosiddetto revisionismo storico, che smitizza giustamente l’indigesta oleografia risorgimentale e rivede il giudizio sugli eventi e i protagonisti che fecero l’Italia. La storia riformula incessantemente le sue conclusioni. Perciò, di fatto, appare come l’attività umana forse più conclusiva ed inconcludente al tempo stesso. Bensì a quei vistosi casi di vera e propria denigrazione degli eventi attraverso i quali si compì il processo di formazione nazionale. Screditare la prima impresa, corale ancorché elitaria, degli italiani (la seconda, invece popolare, fu la Grande Guerra) sembra diventato lo sport preferito d’individui e gruppi ansiosi di presentarsi innovatori e distaccati dal passato, ma recidendo ignari il ramo dove sono seduti. Per ridimensionare il Risorgimento non c’è bisogno di allestire addirittura delle mostre apologetiche del brigantaggio meridionale. La tesi, secondo cui il Sud fu "conquistato" militarmente dai Savoia dopo essere stato militarmente "liberato" dai garibaldini, è nota. Ma non è lecito assimilare i briganti a dei combattenti per la libertà. Il tentativo borbonico di utilizzare le bande brigantesche per restaurare il Regno delle Due Sicilie non nobilita affatto i criminali che endemicamente infestavano il Mezzogiorno. Anzi, costituisce un’aggravante il fatto che proprio Francesco II strumentalizzasse masse povere e talvolta miserabili di suoi ex sudditi, il cui malcontento era diretta conseguenza della politica della sua dinastia. La popolazione onesta e laboriosa del Meridione fu la principale vittima delle centinaia di bande che, capeggiate spesso da soldati borbonici allo sbando, terrorizzarono per anni con saccheggi ed omicidi intere province.

HOME PRINCIPALE

TORNA INDIETRO