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STRANA STORIA DI "CORNA" E DI BRIGANTI

da: "Il Brigantaggio nella Provincia di Benevento 1860-1880" De Martino, Benevento, 1975

 

[…] Correva l'anno 1863 e …….. il colonnello (alias il Brigante Michele Caruso da Torremaggiore) divide la banda. Per dieci giorni gli uomini vadano per conto loro; si rivedranno il 29 ottobre a S. Bartolomeo in Galdo. Un gruppo di sette uomini il 28 ottobre è già a Foiano, allorchè avvista Angelo e Lucido Bocchino, Berardo e Ciriaco Colella. I due Bocchino erano partiti qualche giorno prima da contrada Terranova di S. Giorgio la Montagna (ora del Sannio) [più propriamente Terranova è frazione di San Martino Sannita (n.d.r.)] con alcune bestie da soma cariche di castagne, diretti a S. Bartolomeo in Galdo; strada facendo si erano imbattuti nei Colella da Pietradefusi che avevano chiesto di aggregarsi a loro; con tanti briganti in giro, meglio essere in compagnia. Di ritorno da S. Bartolomeo con grano e granturco da rivendere nei paesi di provenienza, a Foiano vedono spuntare i sette briganti (1). I Colella si mettono a tremare verga a verga, poi si rinfrancano sentendo Angelo Bocchino esclamare: "Oh, il mio Baldassarre!" E' Baldassarre Ianzito di S. Giorgio la Molara, amico del cognato di Angelo, militante nella banda (di Michele Caruso). Angelo si apparta con Baldassarre a confabulare di chissà che. Baldassarre ammicca ad un altro brigante che spara su Lucido e lo uccide. I Colella vedono Angelo togliere gli orecchini d'oro dai lobi degli orecchi di Lucido Bocchino (suo fratello), steso cadavere, ed appropriarsi della roba. Non sanno cosa pensare; quelli sono briganti, ma questi che fa il viaggio con loro, che non sia più brigante di loro? (2). …………….. Ricordate quell'Angelo Bocchino in viaggio di ritorno da S. Bartolomeo in Galdo il 28 ottobre 1863, imbattutosi a Foiano in 7 briganti capitanati da Baldassarre, il suo Baldassarre? I Colella, padre e figlio, mulattieri di Pietradefusi (Avellino), erano rimasti sconcertati ed allibiti quando lo avevano visto spogliare il morto Lucido Bocchino degli oggetti di valore, togliergli gli orecchini d'oro dagli orecchi. Chiesero, tornati a casa, informazioni sul conto di Angelo; altre ne presero nei paesi all'intorno dove li portava il loro mestiere. Appurarono così che 1'omicidio era accaduto su commissione; egli voleva disfarsi di Lucido perchè Angelo Bocchino se l'intendeva con la moglie. Caserta, 23 luglio 1864: Angelo Bocchino viene condannato ai lavori forzati a vita ………. (3) […]

 

 

 

 

 

 

 

NOTE

1) 28 ottobre 1863 Bocchino Angelo fa uccidere Lucido Bocchino, dandone mandato verbale a sette briganti della banda Caruso capitanati da Baldassarre.

2) I Colella sentono che qualcosa non va. I briganti non sono li per caso.

3) Archivio centrale dello Stato - Roma - Tribunale Militare di Guerra in Caserta - Cartella n. 31 "Sentenza contro Bocchino Angelo da Terranova di S. Giorgio la Montagna [Terranova è frazione di San Martino Sannita]"

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ALCUNE TESTIMONIANZE

di: E. SPAGNUOLO - da: "Cospirazioni antisabaude e soldati sbandati nel circondario di Montefusco" , 2001

..... (1861) La tensione nel circondario era alimentata a dismisura anche dalle tragiche notizie che provenivano dal carcere di Montefusco, dove durante i mesi invernali un'epidemia di tifo, quasi per nulla contrastata dalle autorità, aveva seminato morte e terrore tra i poveri detenuti. .... L'infamia di Montefusco finì inevitabilmente per rinfocolare a dismisura l'odio popolare nei riguardi dei galantuomini liberali, specie a Montemiletto. Infatti in quei mesi le campagne circostanti di Montemiletto e Montefalcione pullulavano di un numero enorme di fuoriusciti, scampati alle retate del settembre precedente. E' evidente che le drammatiche notizie sui detenuti, che correvano sulla bocca di tutti, dovettero far crescere ancor di più il consenso popolare intorno ai grandi propositi di rivolta. D'altra parte, questa voglia di ribellione si diffondeva facilmente nel carcere, poiché rappresentava la sola speranza per i prigionieri di scampare al contagio e di riacquistare la libertà. Al riguardo, un tal D.Luigi Bosco di San Martino a G.P. (oggi San Martino Sannita) riferisce una testimonianza di eccezionale valore storico nel momento in cui infieriva il contagio, riguardante un detenuto, di nome Vincenzo Simeone: "[...] nel mattino di Lunedì, quindici corrente mese [aprile] da questo Comune accompagnò in Montefusco la madre D.a Beatrice Cennamo [nobildonna vedova di Cucciano] che si portò a visitare il marito in seconda nozze D.Vincenzo Simeone detenuto in quelle prigioni per materia politica. Nell'atto che la Cennamo discorreva col marito Simeone, riuscì al dichiarante, che stava poco discosto, sentire che lo stesso Simeone affermava esser vicino il ritorno di Francesco Borbone, e che a momento sarebbero stati liberati con lui tutti gli altri detenuti da persone che per tale oggetto si sarebbero colà portate. Che precedentemente si era già formato il complotto per evadere dalle prigioni col mezzo di persone fuori carcere. Ma che scopertasi la faccenda era stata raddoppiata la guardia nel giorno designato per l'evasione. Soggiunge pure che essi detenuti erano al corrente di tutte le notizie del partito borbonico per opera di Monaci o Monache che colà si portavano [...]"

 

 

 

 

- Vincenzo Simeone, originario di Atripalda ma residente a Pietradefusi, di professione sarto, era stato arrestato agli inizi di febbraio per aver promosso un arruolamento a favore del Borbone. Al momento dell'incontro con la moglie, il Simeone si trovava nella sala dell'infermeria: se ne potrebbe dedurre che anche lui avesse contratto il tifo. L'infermeria si trovava nella parte superiore del carcere (Archivio di Stato di Avellino, Gran Corte Criminale, b. 96, fasc. 449). - Simeone sarebbe rimasto in galera fino al luglio 1862 (ibidem). Vincenzo Simeone fu il principale artefice dell'arruolamento nel comune di Pietradefusi; nato ad Atripalda ma residente a Pietradefusi, dove esercitava il mestiere di sarto. Riportiamo brani di una sua deposizione rilasciata il 18 febbraio. "A' dichiarato che circa un mese fa da Pietradefusi si conferì in questo Comune [Montefusco] presso Giuseppe Martucci di qui per trattare una sua faccenda. Allora il Martucci cominciò a tenergli propositi di Francesco Secondo, esternandogli che egli andava di accordo con D. Leopoldo Zampetti per ritrovare persone affine di incoraggiarle con grana sessanta al giorno, e che le dette persone si avrebbero dovuto unire ad una colonna di individui che sarebbe venuta in questo capoluogo, colla quale si sarebbero uniti i novelli individui incaggiati per pratticare quanto si conveniva in vantaggio di Francesco Secondo. Che lo stesso Martucci lo persuase ad accettare lo incarico di rinvenire persone da incoraggiarsi per la impresa in parola [...] Che siccome dalla voce pubblica surta nel Comune di Pietradefusi si vociferava che in effetti stava per ritornare al potere Francesco Secondo, così il dichiarante cominciò ad essere allettato dalla proposta " (Simeone, per attenuare il valore del suo coinvolgimento, sostenne di aver accettato spinto dalla miseria in cui viveva. La circostanza è scarsamente credibile dal momento che sposò una nobildonna vedova di Cucciano D.a Beatrice Cennamo). Tra le varie deposizioni che testimoniano i tentativi di arruolare gente, interessante è la seguente, rilasciata da un tal Giovanni Benenato: "A' dichiarato che egli è solito conferirsi in questo Comune [Montefusco] in ogni sabato in occasione del mercato che qui si celebra; che però vi si conferiva il giorno otto o nove andante, e mentre era occupato alla vendita de' pannamenti in questa pubblica piazza, vide che a lui si avvicinava D. Leopoldo Zampetti il quale gli fe segno che lo avesse seguito, come fece il deducente; e così fermatosi esso Zampetti al di sotto del luogo detto Stagliata, volse il discorso al deponente e gli domandò se egli serviva Vittorio Emanuele o Francesco Secondo [...] poiché ove si avesse voluto arruolare per la difesa di Francesco secondo, egli Zampetti gli avrebbe passato carlini sei al giorno. [...] gli diceva pure che per potersi arruolare alla difesa di Francesco Secondo, egli avrebbe dovuto seguirlo in sua casa ove si dove sottoscrivere ad un notamento di individui che egli stava facendo all'uopo [...]. Che il ripetuto Zampetti gli diceva pure che egli avea trovati molti individui i quali aveano sposato la causa di Francesco Secondo [...] gli diceva ancora che tutti i congiurati dovevano andare in Gaeta a prendere Francesco Secondo e condurlo a Napoli per rimetterlo al potere. Che alquanti giorni orsono si incontrava in Pietradefusi con Gaetano Addimanda il quale, informato forse da Zampetti di quanto era seguito tra costui e il dichiarante, gli domandava se era andato a sottoscriversi dal detto Signor Zampetti, mentre era pronto a venire il danaro nella somma di circa ducati settantamila, ed il deducente rispondeva ad esso Addimanda che lo affare era pericoloso, e che egli non intendeva interporvisi [...].

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