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ROCCAMANDOLFI

CRONOCA LOCALE DAL 1799 AL 1868

da: http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/GFAPPLICATIONS/storia/storia1.htm

a cura di: Alfonso Perrella & Gianbattista Masciotta

Maggio 1799 - Il Comandante Francese Perrusat, da Campobasso recasi in Cantalupo con 200 soldati di cavalleria, obbligando la Università a dargli per contribuzione di guerra: ducati 90 in contanti, fieno cantaja 10, prosciutti 5, galline 40, castrati 4, lardo rotola 30, ecc. del valore tutto di ducati 75.55. Ne rilasciò ricevuta al Sindaco Andrea Monaco con la firma: "Le Cornandant de la Colonne Francaise -Perrusat, 25 Fiorile 7° anno Repubblicano. E lo autorizzò di rinfrancarsene pro rata da' seguenti Comuni, cioe': Roccamandolfi, S. Angelo, Castelpetroso, Macchiagodena, Cameli, Frosolone e S. Massimo.

Giugno I799 - Molti armati di Macchiagodena, Roccamandolfi ed altri paesi cercano molestare Cantalupo, ma sono allontanati con buone maniere, e con delle regalie in denaro.

Giugno 1812 - In contrada Colle Castrilli, tenimento di Roccamandolfi, viene ucciso il capobanda Sabatino Maligno da’ proprii compagni. Portato in paese il cadavere, la testa distaccata dal busto fu messa in una gabbia di ferro, e questa attaccata alla parte esteriore del campanile, dove restò fino al 1843. Maligno era di Roccamandolfi; visse 10 anni la vita del brigante; evase dalle prigioni di Capua attraverso la latrina, e rapì una fanciulla di Guardiaregia, a nome Lucia, che divenne sua druda. Terribile fu egli con terribili compagni. Fu anche nelle Puglie con i celebri Vardarelli ed il suo nome sonava terrore. La famiglia Cimino di Roccamandolfi fu la sua principale vittima. Dopo averne avuto ducati 6000, ammazzo tutti gli animali che essa avea sul Matese, e bruciò le case di campagna.

Ottobre 1860 - Il 3 ottobre insorsero i reazionari di Roccamandolfi al grido di: Morte a Garibaldi! Viva Francesco II! Dopo alcune rapine consumate nelle case dei liberali, furono sopraffatti e fugati dalla guardia Nazionale e dalla forza pubblica.
Nello stesso mese i reazionari riescono a disarmare il quartiere della Guardia Nazionale.

Dicembre 1860 - I reazionari di Roccamandolfi vogliono eseguire la seconda volta il disarmo del quartiere della Guardia Nazionale, e mentre fanno ressa per assalirlo, Nunzio D'Andrea fu Giacomo ferisce alla schiena con un colpo di fucile Aloisio Gianfrancesco, e cattura, aiutato da altri, Carmine Pannone.

Giugno 1861 - Una banda di briganti, scendendo pel vecchio castello, giunge quasi alle porte di Roccamandolfi, quando arriva una compagnia di soldati che la fa ritirare senza colpo ferire.

Giugno 1861 - Nelle ore pomeridiane, i briganti Cicchino, Samuele, Cimino e Ricciardone tirano fucilate verso l'abitato di Roccamandolfi dalla montagna dirimpetto al paese. La sera dello stesso giorno entrano in paese ed aiutati dalla grossa falange dei pastori e manutengoli assaltano la casa di D. Carlo Martelli, il quale, per lo spazio di 5 ore, oppone una resistenza eroica e non ve lì fa penetrare.

Giugno 1861 - Il capobanda Domenicangelo Cicchino, di Roccamandolfi, uccide il guardiaboschi Pietro Mancini, nella contrada Guado della Melfa, tenimento di quel Comune.

Giugno 1861 - I briganti invadono il comune di Castelpizzuto e derubano la casa dell'Arciprete Caranci. La popolazione si leva in armi, suona la campana a stormo, dà addosso agli assalitori, che escono dal paese, e si metto in salvo. Restano uccisi Pietrangelo Ricciardone, di Roccamandolfi, ed un altro di Gallo, che coraggiosamente avevano affrontato i briganti difendendo il paese. I quali vanno a piombare su Valleagricola, ricattando alla famiglia Varatti ben 18.000 ducati e grande quantità di oggetti di oro e di argento.

Luglio 1861 - I briganti issano bandiera bianca sulla montagna di rimpetto all'abitato dì Roccamandolfi, e, per lo spazio di 9 ore, succede uno scambio di fucilate fra essi e la truppa, che sta nel paese.

Agosto 1861 - I briganti in numero di 147, comandati da Cicchino, allontanatisi da Cantalupo, assaltano Rocoamandolfi uccidendo Matteo De Filippis di Benedetto, Benedetto De Filippis, calzolaio, Gregorio Rizzi, Sacerdote, Pasquale Rizzi, Geometra, e Giovanni Rinaldi, usciere Comunale. Il paese per vari giorni rimane in loro potere. Incendiano in piazza tutte le carte dell'Archivio Comunale e le Schede del Notaio Carlo Scasserra. Le principali famiglie ricoverano a Bojano ed Isernia.

Agosto 1861 - I briganti, che si trovano in Roccamandolfi, raggiungono presso il torrente Callora Pietrangelo Mainelli, calzolaio, che fuggiva a Bojano. Lo menano nella piazza, ove lo fucilano.

Agosto 1861 - Sul far della notte si avviano da Bojano verso Roccamandolfi 100 soldati di linea, sotto il comando del Capitano La Croce, ed un distaccamento di Guardia Mobile con a capo Tedeshi Antonio. Cingono il paese per sorprendervi i briganti, ma, per un colpo di fucile sbadatamente esploso, costoro si danno in salvo prendendo le alture del Matese. Il Capitano mette quindi in arresto oltre 100 persone sospette, e, trovato armato di pistola il giovanetto, di anni 13, Gaetano Baccari, ne ordina subito la fucilazione che viene eseguita nella piazza di Roccamandolfi. Otto colpi partono, ma il condannato resta illeso, si alza e fugge verso il camposanto, nelle cui vicinanze rimane poi estinto dal plotone che lo insegue a colpi di fucile. I militi salgono sul Matese cercando inseguire i briganti, i quali, postisi in imboscata, per poco non li ammazzano. Il Capitano, con abile manovra, dopo molte pericolose peripezie, lì mena salvi in Isernia.

Agosto 1861 - I capobriganti Cicchino e Cimino, di Roccamandolfi, si bisticciano per ragioni di giuoco in contrada Colle del Caprio, tenimento di S. Gregorio. Il primo resta ferito, al braccio destro, ed il secondo ucciso. Costui era un contadino, di anni 40, alto di statura, robusto e non molto dedito al sangue. Durante i tristi mesi del brigantaggio ebbe per amante la sorella di Cicchino, a nome Marta, di anni 25, di forme avvenenti, che, vestita da uomo, segue con un fucile la banda. ma, resasi incinta, riesce di impaccio, quantunque con sorprendente agilità seguisse i briganti. I quali, alla fine, l’ammazzano in contrada Catarazze, fra Roccamandolfi e Castelpizzuto.

Settembre 1861 - Venti cittadini di Roccamandolfi della Guardia Nazionale circondano una caverna in contrada Macchitelle, tra Roccamandolfi e Castelpetroso: vi penetra coraggiosamente Attanasio De Filippis di Antonio ed un altro individuo, tirando fuori il capobrigante Cicchino Domenicangelo che erasi cola' ricoverato dopo la ferita al braccio destro avuta nel 26 agosto. E' condotto vivo al paese, e, giunta da Bojano una compagnia di linea, comandata dal Tenente Pistoia, sulla piazza e' fucilato. Vien seppellito fuor il camposanto. Il Cicchino era basso di statura, snello, mingherlino: avea volto arcigno e privo di peli, naso rincagnato, occhi grifagni, colorito terreo, e nell’insieme compariva una figura ributtante. Agile più di uno scoiattolo, scaltro come una volpe, di animo perfido e di cuore insensibile fu il terrore del Matese e dei Comuni circostanti. Dopo la di cui morte, la banda si divise in due con i rispettivi capi: Pace e Guerra. Ma poco durano, restando in ultimo Domenico Fuoco, il quale con pochi compagni tiene la campagna per ben 11 anni, mantanendo in soggezione il Molise, Terra di Lavoro e Benevento.

Maggio 1862 - In questo mese scoppia in Roccamandolfi una terribile malattia, che si disse tifo o febbre piticchiale. Essa durò fino all'agosto dell'istesso anno, facendo oltre a 200 vittime, in una popolazione di appena 3000. La causa fu la seguente. Dal 1836 non erano state nettate le fosse carnaje. L'Amministrazione credette appigliarsi ad un mezzo strano e ributtante. Fu dato fuoco alle fosse mediante materie incendiarie. Da quel luogo si eleva una colonna imensa, fitta, alta e continua di fumo, che nella tranquillità dell’aria spande e trasporta il veleno, che emana da' cadaveri non ancora consunti dal tempo, attraversa i monti ed i boschi, ed arriva nauseante fino a Letino ed a Gallo. La cittadinanza, sbigottita, si chiude nelle case; i contadini pernottano in campagna: per oltre un mese l'aria e' ammorbata, ed il puzzo ed il fumo continuano letali.

Marzo 1863 - I briganti Selvaggi e Farano, fra S. Massimo e Roccamandolfi, sorprendono i negozianti di cuoio (mentre si recano a Boiano) Carlo e Liberato Cimino, Vincenzo D'Angelo e Giuseppe Bruno. Li ligano e chiedono denaro. Alle negative risposte si sdegnano minacciandoli di morte. Farano si allontana momentaneamente e lascia in custodia del solo Selvaggi i malcapitati, che pensano di salvarsi. Il Cimino riesce ad estrarre un coltello ed a tagliar la fune che lo liga. Si slancia sul brigante, si abbrancano come due fiere, ruzzolano. Il brigante, ferito da una coltellata, grida pel dolore e sta per avere sempre più la peggio, quando ecco il compagno, il quale, armato di una scure, ammazza tutti e quattro gli sventurati Roccolani. La triste nuova non tarda arrivare agl’infelici parenti, i quali si mettono in armi, e con la Guardia Nazionale recansi sul funesto luogo, dove piangono sulle dilaniate membra. Ma a poca distanza, in mezzo ad un burrone, sentono dei lamenti. Si accorre subito e si trova nascosto il Selvaggi, che spasima per la riportata ferita. Giunge, in quel punto, la truppa. Il brigante vien tosto menato in S. Massimo, ed ivi fucilato.

Aprile 1863 - Sulle antiche misure di pietra, esistenti nella piazza di Roccamandolfi, vien trovata la testa del brigante Raffaele De Filippìs col cappello messo di ghembo, gonfia, annerita, con gli occhi strabuzeanti e la lingua pensoloni, ed, attraverso i denti digrignanti, osservasi un masticato di pane e latte. Vuolsi che venisse ucciso la notte a tradimento da due falsi amici nelle vicinanze del paese, e che un Brete situasse nella notte, in quel pubblico luogo, la recisa testa.

Giugno 1865 - Durante la notte antecedente i briganti uccidono sul Matese oltre a 2000 pecore della famiglia Rizzi.

Aprile 1867 - Nella contrada Campo delle Fosse, di Roccamandolfi, il capobanda Fuoco sorprende, mentre pacificamente lavorano, Romualdo Ciallella, la moglie ed il figlio. Con un rasoio mena colpi alla cieca; poi col pugnale, ed, infine, col fucile lì ammazza tutti tre. Alquanto tempo dopo prende due carabinieri fra Longano e Pettorano: punzecchia loro gli occhi con uno spillo, poi taglia le orecchie, e, dopo mille altri tormenti, li uccide. Le orecchie manda al Tenente in Isernia con un biglietto, dove scrive: ai Gendarmi Italiani non do l’onore del piombo.

Maggio 1868 - Nel bosco di Roccamandolfi la banda Fuoco-Guerra ammazza Cesare De Filippis, i due fratelli Martelli e Rizzi Gaetano. I cadaveri furono trovati il giorno appresso in stato di avanzata putrefazione. Vengono trasportati al paese, che freme per tanta crudeltà La terribile carneficina fu commessa dal solo Pietro Di Marco, di Roccamandolfi, detto Vagabondo, il quale funzionava da capobanda.

Agosto 1868 - Antonio De Castro e Liberato Lombardi, di Roccamandolfi, feriscono, a tradimento, sul Matese, il terribile brigante Di Marco, denorninato Vagabondo, mentre a poca distanza trovasi appiattata una compagnia di soldati sotto il comando del Capitano Roversi del 39°. Costoro, avvisati, accorrono, e fucilano subito il catturato sul luogo stesso ov'egli, nel maggio precedente, aveva uccisi 4 suoi concittadini. Vagabondo era giovanissimo, robusto, svelto di gambe e pronto di mani. Una folta capellatura dava maggior risalto alla sua bella persona. Un amore contrastato lo fece diventare brigante, e brigante feroce, sempre assetato di sangue.

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