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BRIGANTAGGIO A PARENTI

da: http://www.parenticomune.it/cenni_storici.htm

Parenti è un piccolo centro agricolo dell'alta Valle del Savuto. Sorge immerso in una lussureggiante vegetazione di castagni e di querce, ai piedi del monte Brutto e alla sinistra del fiume Savuto. Il territorio ha una estensione di 37,62 kmq ed è posto ad un'altitudine di 850 metri sul livello del mare. Confina con i comuni di Aprigliano, Bianchi, Colosimi, Marzi e Rogliano nella provincia di Cosenza e Taverna nell'alta Valle del Savuto nella provincia di Catanzaro.

Uno studio approfondito sul brigantaggio mette in luce il fatto che il fenomeno, nato come rivolta sociale verso la fine del 700', ben presto degenerò in volgare delinquenza ed i briganti in nome di fantasiose rivolte socio-politiche giustificarono i loro misfatti, le loro crudeltà, le loro barbarie, i loro capricci ed arbitrii. E' doveroso ricordare che spesso, come negli episodi che andiamo per raccontare, i briganti agivano in Parenti per tentare di derubare i ricchi proprietari terrieri o per motivi di odio nei confronti di qualche signorotto del luogo. Vicino al centro abitato di Parenti si trova una località agreste di nome Poverella, in questa località viveva una comunità di contadini e d pastori. Un giorno furono assaliti da una banda di briganti intenzionati a rubare loro tutto il bestiame che possedevano. Nello scontro a fuoco i pastori ebbero la meglio ed i briganti furono costretti a riparare in fuga. Ma alcuni giorni dopo, nottetempo, fecero irruzione nella comunità e sgozzarono tutti gli uomini, che colti di sorpresa nel sonno, non ebbero il tempo di opporre la pur minima resistenza. Il disgustoso dell'episodio fu che essi obbligarono le mogli dei pastori a tenere sotto la gola dei mariti delle ciotole di legno che venivano usate come tazze per bere il latte fresco appena munto, in cui si raccolse il sangue dei trucidati. Dopo l'eccidio usarono violenza alle donne e imbrattarono di sangue le mura di quelle squallide case coloniche come perenne ricordo del loro barbarico gesto, che ricordasse, con terrore ed orrore, a tutti la loro ferocia ed imponesse ad ognuno una completa sottomissione ai loro voleri. Ancora oggi il fatto viene raccontato dalla popolazione del luogo con raccapriccio e con una punta di velato timore. Questa è una tradizione che, ci si potrebbe dire, non ha alcun valore storico e non dimostra assolutamente che il brigantaggio, in quel periodo, fosse esplosione di violenza e non guerra sociale. E' vero ed è per questo che trascriviamo un documento storico riguardante il Parafante. Parafante "nello stesso anno (1791) del mese di ottobre assaltò colla sua compagnia la comune dei Parenti, e propriamente alla casa di Filippo Cardamone, acciò ci potesse cadere acconcio di uccidere Giuseppe Cardamone figlio di Filippo, perchè costui era capitano civico, e cercava la sua distruzione, pur nondimeno si fece resistenza all'interno del paese, pose però Parafante fuoco al palazzo di Cardamone, ed in quello conflitto restò ferito il signor Pietro Cardamone zio del capitano nell'occhio sinistro, di cui oggi ne è privo. Essendo la sua compagnia numerosa ebbe l'intento di entrare nel paese, per cui entrati dentro, fecero un saccheggio lo più minuto che mai. Parafante domandò poi una somma di ducati settecento, a cui non si volle aderire. E da ciò ne derivò dichiarata inimicizia tra questa famiglia di Cardamone, con detto Parafante; con lui vi era unito il nominato Niurello, e sempre facevano dei furti in ogni ceto di persona che incontravano. Parafante poi si portò nella Sila nel mese di settembre corrente anno nel luogo detto Varco di Piazza nella mandria di Antonio Cardamone, e Filippo Cardamone soci, ambedue della comune di Parenti, ed avendo ivi ucciso dodici vitelli, undici bagagli, nove vacche, e si prese e per comodo dei briganti suoi compagni giumenti numero quattordici, e pose fuoco a tutti gli utensili di rame, e di legno, solamente lasciò il tugurio per comodo dei foresi. Dopo di aver fatto questo delitto passò all'ovile dei stessi soci, ed uccise a colpi di coltelli quattrocento pecore che erano ivi racchiuse. Parafante fece questi barbari danni, perchè l'anno passato cerò a detto Cardamone una somma di denaro, che sommava a ducati 700, e detta somma li furono denegati. La civica di Carpanzano era nel mese di agosto alla Sila nel posto di Ppetraravo, comandata dal capitano civico Gregorio Cristino. Parafante assaltò il detto posto nottetempo, ma fu respinto, e fugato dalla stessa civica. Egli vedendosi così respinto, si portò nella mandria di Filippo Cardamone della comune di Parenti e li uccise undici bagagli, ottanta pecore, e undici vitelli. Parafante nello stesso mese di giugno prese a Rosario Fuoco di Parenti, e con varie minacce di toglierli la vita gli estorse ducati mille, ed a Nicola Greco gli tagliò la lingua nella Sila, nella stessa epoca, per causa che esso avea detto alla civica di Colosimi, di esserci in quei luoghi, un compagno suo ferito. Nel fondo detto Carito, sito nella comune di Parenti di pertinenza della famiglia di Morelli e di Sicilia di Rogliano, tagliò un grandissimo querceto per motivo che il padrone non aveva voluto mandargli alcune cose di oro che li avea domandato. Parafante continuando l'inimicizia colla famiglia Cardamone si prese per ultimo quattro cavalli, cioè uno era di Filippo Cardamone, un altro di Antonio Cardamone, un altro di Costantino Cardamone, ed un altro di Filippo Cardamone. Il 14 marzo dello stesso anno la civica di Carpanzano, e la scelta sotto il comando del capitano Lacoste del Cetraro, attaccarono a questo assassino nella Sila nel luogo detto Rupe in territorio dei Parenti, li uccisero due compagni, e ne ferirono degli altri. Parafante si salvò la vita per una folta nebbia, che sopravvenne in tempo dell'attacco, e fu costretto a buttare le armi,e fuggire a piedi nudi, e senza cappello. Nel mese di ottobre dell'anno precedente, fece un biglietto al signor Vincenzino Morelli, domandandogli duemila ducati, questi ricusò, ed avendo avuto la negativa, Parafante con tutti i suoi compagni li tagliò tutti gli alberi fruttiferi, del fondo chiamato Carito". E' chiaro a questo punto, che i briganti di questo periodo altro non erano che comuni delinquenti, che agivano solo per personale tornaconto. Parenti si trovò al centro di questa delinquenza sia per la sua posizione geografica, sia per il diritto di immunità, che i Baroni Ricciulli seguitavano a mantenere nel feudo. Ed anche quando il brigantaggio, sotto la dominazione francese, iniziò veramente ad essere "guerra sociale " ,a Parenti seguitò ad essere crudeltà. [da Parenti Scienza e Tradizioni di Carmine Aurilio]

dal libro Vecchia Calabria di Norman Douglas

L’ultimo vero bandito della Sila fu Gaetano Ricca. Verso la fine del secolo scorso, a seguito di un banale malinteso con le autorità, quest’uomo fu costretto a darsi alla macchia per circa tre anni. Fu posta una taglia sulla sua testa, ma la popolazione era troppo intimidita dalla sua audacia e dalla sua profonda conoscenza della zona per osare denunciarlo. Personalmente, preferirei non credere al numero di carabinieri che, secondo quanto si dice, egli avrebbe ucciso in quel periodo; senza dubbio, la verità venne a galla nel corso del processo. Una volta si trovò circondato e, dopo che l’ufficiale degli inseguitori, che si era riparato dietro un albero, gli ebbe ordinato di arrendersi, Ricca attese pazientemente che comparisse la punta del piede del suo nemico; poi lo colpì alla caviglia con la sua ultima pallottola e riuscì a fuggire: In seguito fu costretto ad arrendersi e venne imprigionato per circa vent’anni. Scontata la condanna, ritornò in Sila dove, fino a poco tempo fa, godeva ancora di una robusta vecchiaia nella sua casa di PARENTI: PARENTI, già famosa negli annali del brigantaggio per l’impresa del perfido Francatrippa (Giacomo Pisano) il quale, fingendo di offrire ospitalità a una compagnia francese, l’attirò nelle sue grinfie e uccise i tre ufficiali e tutti gli uomini, eccetto sette. Le memorie di questi uomini potrebbero certo essere interessanti quanto quelle del sardo Giovanni Tolù, già pubblicate. Se avessi saputo dell’esistenza di Ricca, non avrei mancato di andare a salutarlo quando, alcuni anni fa, mi capitò di passare da PARENTI, andando da Rogliano a S. Giovanni In Fiore (una lunga marcia di dodici ore !). Ora è morto. Ma il caso di Ricca è sporadico e potrebbe essere capitato dovunque e in qualunque epoca. E’ come quello di Musolino: il catodi un fuorilegge isolato che sfrutta la confusa configurazione geografica del paese per scopi offensivi e difensivi. Invece il brigantaggio calabro, nel complesso, ha sempre avuto carattere politico.

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