PREGIUDIZI E SUPERSTIZIONI

tratto integralmente dall'opera inedita del Preside Nicola Servodidio dal titolo "TERRITORIO E COMUNITA' DI SAN MARTINO SANNITA - Origini, vicende, ipotesi, aspetti, sviluppo socio-economico, note di antropologia" - Impostazione 1965, aggiornamento 31.12.1988

 

Dove manca la scienza, abbondano pregiudizi e superstizioni. La scuola, nei secoli scorsi, era assente del tutto, perciò la percentuale degli analfabeti fino ai primi anni del XX secolo era molto alta, circa l'80%.

Era diffusa, in queste contrade, la concezione magico-religiosa, che attribuiva ai fatti spiegazioni mitiche e fantastiche.

La superstizione, come dice l'etimòlogia super-statio, indicava qualcosa che stava al di sopra del reale e fuori dalla fisica. Trionfava la metafisica. Mancava la mentalità scientifica, con la quale si potessero spiegare i fenomeni con le loro leggi naturali.

A causa di questa cultura popolare, si ricorreva, in caso di malattie, ai guaritori e alle guaritrici, che abbondavano, oppure ai maghi residenti nei paesi vicini.

I rimedi erano costituiti di succhi di erbe, di prescrizioni strane che non avevano nulla di scientifico, per esempio, per guarire dalla febbre terzana bisognava mettere di sera tre chicchi di sale in una bacchetta giovane di sambuco, senza girarsi indietro.

L'ammalato era colui che aveva subito un malificio. Per liberarsi dalla fattura bisognava tagliare una ciocca di capelli, un pezzo di camicia, fare di tutto un involtino e andarlo a mettere, di sera tardi, ad un trivio.

Si credeva che la prima persona che fosse passata di lì, avrebbe preso la malattia e l'ammalato sarebbe guarito.

Era una vera diffusione di malattie fatta per ingenuità, se non per cattiveria.

Il malocchio consisteva nel fissare con occhio maligno un'altra persona, desiderando per l'ignaro malcapitato ogni male.

Chi si sentiva improvvisamente male o avvertiva un comune mal di testa, ricorreva al rilevatore del malocchio: un piatto ben pulito con un po' di acqua, cui si facevano cadere delle gocce di olio, che, allargandosi nell'acqua, segnalavano la presenza del malocchio. Ripetendo 1'operazione, le gocce di olio restavano ristrette perché le pareti del piatto si erano già ingrassate, e si credeva di aver tolto il maleficio.

Il "controcchio" era costituito da ferri di cavallo, da corna e da amuleti vari che si inchiodavano sulle pareti delle case; cornetti-ciondoli d'oro pendevano dalle collane o dalle tasche.

Chi fissava con lo sguardo insistentemente la gente, o aveva gli occhi strabici, era ritenuto autore del malocchio.

Il malato, per guarire, si rivolgeva ai cosiddetti guaritori o chiedeva la "grazia" ai Santi, quasi mai si rivolgeva al medico.

Tutti conoscevano i rimedi per ogni malattia: erbe, decotti, pratiche magiche, preghiere da recitare, ecc.

Una donna affetta da isterismo, fu portata in chiesa per l'esorcismo. E solo dopo aver constatato l'inutilità di questa pratica, fu condotta all'ospedale.

I canti della gallina e della civetta significavano cattivi presagi per chi l'udiva.

La vista di una lucertola a due code indicava fortuna, arricchimento improvviso.

I sogni avevano spiegazioni sorprendenti e fantasiose.

Era diffusa la cabala. C'era un esperto che consigliava i numeri da giocare, interpretando i sogni.

Erano frequenti le cosiddette apparizioni di demoni, di santi, di spiritelli, come "Mazzamauriello".

Ogni luogo era noto per certe apparizioni.

Si chiamava il prete per scacciare gli spiriti maligni da una casa: la "maluria" ossia spiriti cattivi. "L'uria" della casa era costituito da spiriti buoni. Lo scongiuro era frequente: ognuno vi ricorreva facendo strani segni (croci, ferri di cavallo, ecc.) e profferendo parole incomprensibili.

Un altro maleficio era la "perata" cioè la pedata, l'impronta dei piedi lasciata dal passante o dal ladro nei campi altrui.

L'impronta del piede, staccata dal terreno, veniva appesa al camino per farla seccare. Si credeva che con l'essicarsi del pezzo di terra contenente l'orma, andasse in consunzione l'individuo che aveva lasciato l'impronta.

Circolavano tra la gente fantastici racconti di spiriti e divinità presenti continuamente in determinati luoghi: il Torone era sul poggio omonimo; l'Angelo sulla cima della collina; Mazzamauriello sulle botti di vino, ecc.

Spiriti e divinità apparivano, seconda la credenza diffusa, sotto le sembianze di gatti, tori, rospi, papere, luci abbaglianti, ecc. Di notte, molti avevano paura degli spiriti vaganti.

Circolavano interpretazioni di fatti e fiorivano racconti del tutto fantastici. Ciò costituiva un'evasione magica, mitica e mistica dalla realtà. Il fenomeno aveva un contenuto spiritico.

Chi tentava la spiegazione scientifica dei fatti non era creduto.

Fatti straordinari ed inspiegabili erano detti miracoli.

Era diffusa la credulità e la mancanza di senso critico.

Imperava una cultura primitiva, naturalistica e pre-scientifica.

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