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 Alberti Giuseppe

(S. Felice a Cancello nel 1833 a Resina il 14 gennaio 1894) . In Benevento dove si trasferì con la famiglia, aprì nell'allora centrale Piazza Orsini, un caffè che divenne ben presto ritrovo di liberali. Nel marzo del 1860, la polizia borbonica segnalava al Delegato Apostolico di quella città pontificia, le "criminose riunioni di quel ritrovo" dove sorvegliati politici del Principato Ulteriore (Avellino) si recavano per "darsi alla lettura di fogli clandestini". La circospetta politica di quel Delegato, intesa a scongiurare inframmettenze borboniche in un possesso della Chiesa, evitò all'Alberti ogni serio fastidio, sicché potette dedicarsi all'industria di un pregiato liquore che col nome di una nota leggenda, varcò i confini della nostra Penisola. La sua attività industriale, lo rese benemerito e al suo nome è intitolato in Benevento l'Istituto tecnico commerciale.

Bibl. - M. Rotili, Benevento e la Provincia Sannita, Roma, A.B.E.T.E. 1958, pp. 164 e 278; A. Zazo, Vigilanza politica sulla corrispondenza postale e sui viaggiatori in Benevento e nel Principato Ultra nel marzo agosto 1860, in Samnuim, 1960, p. 96.

da "Dizionario bio-bibliografico del sannio " di Alfredo Zazo, Ed. Fausto Fiorentino, Napoli, 1973

 

[...] il 15 marzo 1860 il Ministro di Polizia del Regno di Napoli comunica a Monsignor Agnelli che a Benevento nel caffè di Giuseppe Alberti sito a Piazza Orsini, si tengono riunioni sediziose. È Alberti che passa gli ordini e cura tra i rivoltosi la diffusione del giornale "L'amico del popolo". Lo prelevano da lui Celestino e Michele Morante da Apice, Giuseppe Coletti medico di Montemiletto e Antonio lazeolla da S. Giorgio la Molara, Domenico La Monica avvocato da S. Giorgio la Montagna. Faccia perciò relazione scritta sulle persone indicate e sorvegli Ignazio Revelli che spesso parte da Napoli per Benevento. A stretto giro di posta, Monsignor Delegato risponde che Celestino e Michele Morante sono degni figli del padre don Nicola carbonaro del 1820. Confabulano senza sosta con Domenico Isernia, Michele Cosentini e Salvatore Rampone che stanno preparando la rivoluzione a Benevento. L'avvocato La Monica procuratore del principe di Morra e Iazeolla sono brave persone, ma hanno congiunti fin troppo in vista tra i liberali. Quando però viene la volta di dare informazioni su Giuseppe Alberti, tergiversa ed osserva: "lo si accusa di diffondere L'amico del popolo, ebbene è un giornale che si stampa a Roma sotto il governo pontificio, io non ne posso impedire la lettura". Poi cambia argomento: "vuole il ministro che Revelli non venga da Napoli a Benevento? Renda obbligatorio il passaporto per gli attendibili; egli farà perquisire tutte le persone in arrivo nella città e tutto andrà per il meglio". Perché Monsignor Agnelli non accusa Giuseppe Alberti? E' allegro e pieno di vita. Da S. Felice a Cancello in cui è nato, è andato alla ricerca di una città e Benevento è diventata la sua città. Ha inventato un liquore distillando una quantità di erbe aromatiche, dicendosi sicuro che nel tempo sarebbe stato il più venduto nel mondo. Rifarà con un nome magico, il cammino inverso delle streghe che da tutto il mondo venivano sotto acqua e sotto vento al noce di Benevento. L'Alberti sostiene che il suo prodotto sarà imbattibile perché confezionato all'insegna del noce sacro al mitico Wothan. Che facevano i guerrieri longobardi per acquistare l'invincibilità? Sacrificavano a Wothan un caprone, ne sospendevano la pelle al noce, quindi saltavano in groppa ai cavalli ed iniziavano un galoppo serrato intorno all'albero, scoccando frecce sulla pelle dell'animale, fino a ridurla in minutissimi brandelli. Indi ne mangiavano non uno, ma più pezzettini, perché ritenevano di acquistare coraggio e valore in battaglia ed ottenere quello che volevano. Da buon intenditore il Ministro di Polizia del Regno di Napoli, capisce che Alberti non si tocca: è molto simpatico al Delegato Apostolico Agnelli e Monsignore è uno che ottiene ciò che vuole. Il Ministro è tuttavia dispettoso e proclive alle ritorsioni. Ordinerà di perquisire tutte le persone che vengono da Benevento, nessuna eccettuata; se ci vuole il passaporto per entrare in Benevento, ci vuole parimenti il passaporto per uscirne. Bel guaio per il Ducato pontificio, così minuscolo in estensione, comprendente la città fino all'Epitaffio, S. Angelo a Cupolo, S. Leucio e Bagnara, imbottigliato com'è tra le province napoletane! A causa di Alberti, si bloccano le comunicazioni e i commerci ? ..... [...]

da: "Il Brigantaggio nella Provincia di Benevento 1860-1880" di Luisa Sangiuolo - De Martino, BN, 1975

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