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Gabriele Palladino

Il brigante - patriota

Pontelandolfo 1861

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PRESENTAZIONE

INTRODUZIONE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRESENTAZIONE

di: Marina Salvadore

Di recente a Gaeta, sacrario sudista, una lapide eretta dall’imbecillità e dal lecchinaggio libaralmassone con ampollosità e falsa pietas cristiana accomuna nei valori civili, militari e religiosi i nostri trucidatori ed i nostri generosi eroi. Non riporta - quella lapide - i numeri della nostra ecatombe né si pregia di ricordare al viandante autoctono e straniero che quella data relativa alla capitolazione della fortezza del Sud segna l’inizio della decennale Guerra Partigiana del Sud e l’inizio della Diaspora Meridionale, non ancora cessata.

Come molluschi attaccati allo scoglio di Gaeta, soldati e memorie, partigiani ed eroi, "briganti" e sacrificio umano, bandiera e Regno, sono di nuovo esposti al pubblico ludibrio della Menzogna, dell’irrispettoso lazzo, quale ultimo monito nazionale a ben volersi guardare dall’approfondire "virtude e conoscenza" della Nostra Storia, ora che squadra e compasso hanno misurato e circoscritto il villaggio globale, e dopo che un tal Lombroso ebbe a "circoscrivere" i cranii meridionali....

Quella lapide non cadrà sotto i colpi di altri cannoni rigati o di granate; sarà bruciata e consunta, lesionata e polverizzata dal sole della Verità e dal Salmastro di miliardi di lacrime di rabbia e dall’impetuosità di un mare incazzato che fu unico testimone di sopraffazione. Ogni uomo giusto e coraggioso, perfetto erede della valorosa schiatta popolana dei "briganti meridionali", lancerà Sale di conoscenza e Sole di verità su quel monumento eretto alla Menzogna. Sinceri uomini del Sud non venduti al regime - come Gabriele Palladino - continueranno a mettere insieme brandelli di memoria e ricostruiranno con essa Gaeta, Civitella, Messina...Pontelandolfo, Casalduni...Bronte. Tutto l’antico e fiero Regno ch’è ancora custodito negli occhi di Dio e nel sangue dei meridionali.

Allora, a quei troppi morti che non ebbero la pace di una sepoltura, il ricordo grato dei posteri, il riconoscimento del proprio eroismo, verrà infine resa Giustizia. E Onore.

Si compirà così il lungo ciclo di un’altra esistenza ed il sipario di una nuova era dell’umanità si aprirà sul proscenio della ritrovata nostra Identità; potremo, finalmente, guardare negli occhi senza vergogna i nostri "briganti", i nostri "emigranti". I nostri eroi puri. E, forse, i loro nomi e le loro gesta diventeranno familiari alle future generazioni del Sud; magari perché finalmente inseriti nei libri di scuola di tutte le scuole meridionali.

Il compito di Gabriele Palladino e di altri che come lui ricercano la verità storica di una Storia da sempre proibita, è arduo e denso di ostacoli : ancora oggi, trattare di questi argomenti tabù significa essere estromessi dalle vicende del mondo contemporaneo e invisi al potere vigente ma significa anche rendersi LIBERI e FIERI. Significa essere UOMINI. Ritornare ad essere UOMINI!

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INTRODUZIONE

 

di: Gabriele Palladino

La storia legata ai fatti del Risorgimento Italiano più volte si è macchiata di crimini esecrandi, occultati dalle autorità del tempo, commessi nell’ambito di una sorta di persecuzione razziale, che ha visto soccombere anche diversi innocenti pontelandolfesi.

L’avventura patriottica di Donato Palladino detto "Anguilla", nato a Pontelandolfo nel 1840, giovane sano, onesto lavoratore, appartenente ad un mondo contadino povero, oppresso, tormentato, appare emblematica nel più ampio contesto delle luttuose vicende accadute negli anni dell’Unità d’Italia.

Colpevole della sua forza innata, delle sue poliedriche capacità, dei suoi sani principi. Colpevole di aver creduto in una vita migliore per la sua famiglia e per tutta la ruralità pontelandolfese. Colpevole di aver amato e di essere stato amato. Colpevole di aver avuto paura, una sola volta nella sua vita, pagò con il tradimento e con atroce morte il suo ideale di libertà.

Il brigante – patriota, prigioniero – vittima dei suoi sogni, uomo vero in un mondo che annaspa, vive intensamente la sua breve esistenza, strappato prematuramente agli affetti familiari da quei fatti che hanno poi sconvolto e cambiato, inequivocabilmente, il destino delle popolazioni del Sud Italia dall’Unità ad oggi.

A nulla è valso il coraggio delle genti meridionali, vittime sacrificali del tradimento insinuante, che con il sangue abbatte il vecchio sistema e alimenta la nascita del nuovo Governo a cui è ammesso aggrapparsi ai soli signorotti.

Il contadino paga duramente la formazione del nuovo stato socio politico proiettato in favore dello sviluppo economico delle regioni del Nord Italia.

Dapprima il tormento e la tortura. Poi l’umiliazione e la triste fuga verso terre lontane in cerca di fortuna.

Donato Palladino, tormentato, torturato ed umiliato, imbrigliato nella rete degli eventi, non ha avuto nemmeno la possibilità della triste fuga.

Ma forse lui non sarebbe mai partito per le Americhe lontane. Il suo spirito libero e ribelle avrebbe continuato a volare, fino alla fine dei suoi giorni, tra i campi, i sentieri, i boschi di quella terra che lo aveva generato e nelle cui profondità aveva affondato le sue forti radici. Per l’eternità Pontelandolfo resterà scolpita nella sua anima.

Ho ripercorso, attraverso la memoria storica della mia famiglia, le gesta avvincenti di un figlio del mio trisavolo Domenico Palladino della località "Paparulo", nella contrada Santa Caterina di Pontelandolfo, con passione travolgente, nella speranza di avergli restituito, a circa 140 anni dalla sua morte, onore e giustizia, che avrebbe sicuramente meritato in vita.

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