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IL BRIGANTAGGIO E LA QUESTIONE MERIDIONALE

L'ITALIA AGLI OCCHI DI UN NAPOLETANO

(1862)

da: E. Cenni, Delle presenti condizioni d'Italia e del suo riordinamento civile, Napoli, 1862 - ripr. da: D. Mack Smith"Il Risorgimento italiano" Edizioni Laterza, Bari, 1973

A chi con mente serena si ponga a considerare le presenti condizioni d'Italia, si porge uno spettacolo degno della più profonda considerazione del filosofo e del politico. Era non ha guari l'Italia divisa in più Stati, altri dominati dagli stranieri, altri da cattivi governi condotti, un solo retto da principato civile: debole, oppressa, tra sé divisa, allo straniero in gran parte o mediatamente o senza mezzo suggetta. Testé una guerra felice ne sottraeva all'imperio forestiero una parte nobilissima; nelle altre i tristi governi si spegnevano l'uno dopo l'altro, e queste parti quasi attratte da prepotente virtù, si univano insieme. Dunque le sorti d'Italia pareano mutate affatto in meglio: se l'unione fa la forza, l'Italia dovrebbe essere fortissima: se l'unione è partorita dalla concordia, l'Italia dovrebbe essere concordissima: se la concordia produce la pace, l'Italia dovrebbe essere tranquilla: se la pace frutta letizia, l'Italia dovrebbe essere lieta: se la pace è il fine della umana società e la condizione indispensabile perché questa possa attingere il suo bene, esplicando tranquillamente l'attività del suo essere, dovrebbe essa nuotare nel colmo della civile beatitudine. Però il contrario accade con maraviglia universale: è inutile pascersi di vento: la realtà salta agli occhi de' meno veggenti e de' più ostinati. L'Italia non è lieta: la sorgente delle lacrime, suo antico e doloroso retaggio, non è inaridita, perché ella è contristata da sangue italisino sparso da mani italiane; non è pacifica, perocché sono in essa partiti piucché mal riscaldati, inaspriti, e lo diremo pure, impazienti di venire alle mani e disputarsi il terreno; non è concorde, perché non mai si vide, forse anche ne' tempi di sua maggiore miseria, tanta disformità di opinioni, come ne fa fede la stampa; e se è unita tuttavia lo è più dalla forza che dal consenso degli animi la quale unione, lungi dall'aumentarne il valore, lo scema; perché se il governo dee sciupare buona parte delle sue forze a contenere tra loro le parti, non può avere virtù proporzionata a tutelare la patria dall'altrui violenza. Il che è tanto vero, che tutti consentono (in buona pace de' cervelli viziati, ciechi ad ogni lume, sordi ad ogni ragione) che senza il presidio di Francia, l'Italia non avrebbe potuto far testa al tedesco; e sarebbe da un pezzo ricaduta in mali peggiori di quelli da cui recentemente, quasi per miracolo, era uscita. Questo lacrimevole stato dell'Italia suscita non meno maraviglia di quello che ne abbia eccitato il suo prodigioso risorgimento: si dimanda come un tristo effetto possa essere generato da una causa buona, quando questo solo è vero, che l'arbore buona non può produrre frutti cattivi. I partiti, i quali appunto perché tali non posseggono mai il vero compiuto, ma frammisto. più o meno di errore, essendo proprio delle opinioni partigiane l'essere esclusive ed inflessibili, si accusano a vicenda de' mali della patria, con accanimento che piuttosto par segno di odio reciproco, che di amore verso di quella. Da qui le contumelie, le calunnie, le minacce, le ire: sicché se ne può conchiudere che, se loro se ne porgesse agevolezza, si combatterebbero l'un l'altro fino all'ultimo esterminio. E se questo finora non è avvenuto solo si dee in parte alla paura del ritorno delle antiche signorie il quale si teme pieno di sdegni e di ferocissime vendette: in parte alla spada dell'Austria che, come quella di Damocle, si vede star sospesa sul cuore d'Italia: in parte al timore delle stesse milizie governative; le quali tre cagioni perché violente per se stesse, valgono ad operare una quiete superficiale e violenta, ma non naturale e durevole; cosicché la pace che ne è frutto sarebbe necessariamente distrutta se esse venissero meno; e l'unione irreparabilmente risoluta. E questo stato doloroso, benché più o meno comune a tutte le parti d'Italia, non escluso il Piemonte, in nessuna regione tanto infierisce quanto nelle provincie napoletane, dove da due anni si combatte una lotta nefanda, che ha spento tante vite che certo più gloriosamente si sarebbero consumate per la tutela della patria contro gli assalti esterni; dove gli animi sono concitatissimi e discordi; dove i partiti sono frementi e più che mai inviperiti gli uni contro gli altri; dove la sicurezza individuale è nulla; e per soprassello i commerci o spenti o languenti, e la ricchezza pubblica e privata colpita nella radice.

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