Copyright - 1999 - 2001 - © Fioravante BOSCO - Tutti i diritti riservati - Visualizzazione consigliata 800x600

IL BRIGANTAGGIO E LA QUESTIONE MERIDIONALE

IL MINISTRO DELLA MALAVITA

 di Gaetano Salvemini

da: "Scritti sulla questione meridionale" - Einaudi, Torino, 1955

Quando gli elettori sono molti, e soprattutto quando la maggioranza del corpo elettorale è formata da lavoratori, che non possono aspirare a impieghi, non concorrono agli appalti e non possono essere tutti conquistati con la corruzione personale, i partiti sono obbligati ad occuparsi degli interessi generali per mantenersi le simpatie della grande massa non legata alla loro causa con vincoli personali. E le pressioni governative hanno generalmente scarsa efficacia. Dove, invece, come nell'Italia meridionale, gli elettori sono pochi, e il proletariato non ha peso politico, e domina solo la piccola borghesia improduttiva, e gli interessi generali sono del tutto dimenticati, e ogni lotta politica si riduce alla conquista degli impieghi, degli appalti, dei bilanci comunali, ivi l'influenza del governo non può incontrare nessun apprezzabile ostacolo. Basta, infatti, al governo, intimidire nelle elezioni le poche centinaia di persone aderenti stabilmente al partito, che esso vuole abbattere, e corrompere le poche centinaia di elettori che formano la massa intermediaria; e la vittoria gli è assicurata. La corruzione il governo la fa, non solo permettendo la compera dei voti, ma distribuendo, per mezzo del deputato ministeriale, impieghi, porti d'arme, grazie sovrane, condoni di imposte, sviamenti di processi, ecc. L'intimidazione si compie per molte altre vie. Il delegato di pubblica sicurezza, specialista in operazioni elettorali, che è distaccato dal prefetto nel Comune in cui occorre dare battaglia, toglie le licenze di minuta vendita agli esercenti contrari al partito, diciamo così, dell'ordine; richiama dal domicilio coatto i malviventi e li aggrega alle squadre di propaganda del partito governativo; sorveglia i seguaci del partito contrario, li provoca, e, al primo scarto, li mette al fresco; chiude gli occhi sulle bastonate, che toccano ai nemici, e interviene energicamente, con la fascia ad arcobaleno sul petto, quando sono in pericolo i congiunti. Negli ultimi giorni che precedono la votazione, il paese è in istato d'assedio: squadre di elettori governativi, tra i quali non mancano mai questurini travestiti in fraterno connubio con la malavita, occupano le strade e i crocicchi; costringono gli elettori avversari a rimanere in casa; invadono i comitati elettorali nemici e li chiudono per forza; fanno guardia ai locali, in cui sono sequestrati gli elettori malsicuri, e li accompagnano a votare con la scheda visibile in mano. Questa è la tattica nel caso che il Consiglio comunale sia nelle mani della camorra governativa. Se nel Comune è stabilito un partito d'opposizione, il governo aggiunge lo scioglimento del Consiglio comunale. Il commissario regio riceve dal prefetto, che a sua volta l'ha ricevuta dal deputato, la nota delle persone ai cui servigi egli si deve mettere. I consiglieri indicati dal prefetto sono i capi della fazione, che va messa al potere; amministrano il Comune sotto la maschera del commissario; destituiscono gli impiegati avversari e mettono a posto gli amici; intimidiscono gli incerti e li obbligano a diventare agenti elettorali; moltiplicano le contravvenzioni per l'igiene contro i nemici, annullando quelle degli amici, e lanciandone delle cervellotiche contro i poveri diavoli per poterle poi revocare e accapparrarsi così altri voti; ritirano o concedono, sempre in vista dei voti, i permessi di occupazione del suolo pubblico; adoperano tutti i fondi della beneficenza per la corruzione elettorale; disperdono in un mese tutti gli stanziamenti di un anno per i lavori pubblici, distribuendoli fra gli appaltatori secondo le convenienze elettorali, e ben inteso che gli appaltatori intascheranno i quattrini e non faranno i lavori. E il regio commissario firma i mandati, spiega al prefetto la necessità delle canagliate, garantisce da ogni procedimento penale gli amici. Nello stesso tempo studia col microscopio i bilanci dell'amministrazione che è stata tenuta dal partito da stritolare: se irregolarità vengono fuori tanto meglio; se non le trova, le inventa; così sottomette a processo il sindaco e gli assessori contrari, rendendoli ineleggibili. E, se alcuno si arrischia a resistere, è messo in carcere per ribellione sino al lunedì dopo le elezioni, affinché non possa votare. E se qualcuno è così ingenuo da querelarsi, è sicuro di rimetterci la carta bollata. Così, intimidite le poche centinaia di avversari, e comprate le poche centinaia di incerti, è assai difficile che l'elezione non porti il trionfo del partito protetto dal governo. Questi sistemi di oppressione e di corruzione sono stati sempre più o meno, usati dal 1860 ad oggi nell'Italia meridionale.

HOME PRINCIPALE

HOME QUESTIONE MERIDIONALE