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IL BRIGANTAGGIO E LA QUESTIONE MERIDIONALE

IL DISCORSO AI LUCANI

 di Giuseppe Zanardelli

da: "Anatomia della questione meridionale" - Editrice Le stelle, Milano, 1978

Ciò che solo ho intenzione di fare stasera colle mie parole, quello è di parteciparvi le impressioni da me provate nella mia gita. Se per voi non sarà che ricordare quanto sapete, per il paese sarà giovevole si sappia rispetto a voi stessi la nu4a verità, la triste realtà delle cose. Dopo dodici giorni di cammino nella vostra Basilicata io giungo al suo capoluogo, in cui trovo raccolti i rappresentanti tutti della provincia, la quale nella sua vasta compagine, nella sterminata distesa dei monti che volgono le proprie acque a tre mari, è veramente una regione. Vedo questa città di Potenza collocata qui ad ottocento metri di altezza sulla cresta di un monte, da cui guarda alle opposte convalli con pittoresca scalea di digradanti edifici che dovettero risorgere da un immane disastro, il terremoto del 1857. E Potenza è afflitta in buona parte da quei mali stessi che riscontrai in tutta la mia peregrinazione; peregrinazione alla quale mi risolvetti appunto perché questi mali erano stati dai vostri deputati segnalati eloquentemente in Parlamento, e perché questa mi era la più ignota tra le province della penisola, come è, credo, la meno conosciuta in tutto il nostro paese. Può dirsi anzi che la Basilicata sia sconosciuta in gran parte agli abitanti della provincia stessa: ché quasi nessuno qui io trovai che avesse visitato, avesse veduto i vari comuni divisi fra loro da enormi distanze, non con giunti da vie di comunicazione. Sicché nella impervia regione, quasi stranieri gli uni agli altri e perciò non cospiranti ad unico fine, sembrano gli abitatori che pur dovrebbero comporre una grande unità sociale. E nessuna grande città in sì ampio territorio, motivo forse per cui di tempo errò nomade lo stesso capoluogo provinciale. Eppure quanto fu illustre la vostra nobil contrada! Da questo suolo Pitagora diffuse tanta luce di scienza, tanto apostolato di virtù; da questo suolo Zeusi mostrò, primo al mondo, il magistero della pittura; sorse in questo suolo la musa di Orazio i cui versi corrono immortali sulle labbra degli uomini colti di ogni nazione. E in tutti i tempi la Basilicata è stata ferace di splendidi ingegni, di caratteri sommi: basterà fra i moltissimi accennare appena i grandi nomi di Ruggero di Lauria, del Venosino De Luca la cui effigie credetti doveroso fosse posta sulla fronte del Palazzo di Giustizia di Roma fra i quattordici più grandi giureconsulti, che da Irnerio a Romagnosi abbiano onorato la giurisprudenza; di Mario Pagano in cui è appena vinta dall'aureola del martire l'altezza del giurista e del legislatore. E poiché accenno ai martiri del 1799 non dimentico che ad ogni passo della Basilicata vidi le scritte che rammentano alcuni di essi: dalla lapide a Cristoforo Grossi di Lagonegro a quella che ricorda Michele Granata in Rionero. Queste lapidi commemorative illustrò l'amico Fortunato coll'alto intelletto d'amore che pose alla vostra storia; onde egli nei suoi scritti rammenta pure quei generosi i quali nel 1821 cercarono di risollevare la causa della libertà e morirono sul patibolo per essa, fra cui ardimentosi fra tutti, i fratelli Venita di Ferrandina, il medico Mazziotti di Calvello e Domenico Corrado di questa città. E quanto al 1848, negli ultimi miei passi vidi a Venosa ed a Melfi dipinta la bionda testa di quel Luigi La Vista, in cui le più eccelse promesse d'ingegno e di scienza che il De Sanctis e il Villari attestano, furono troncate a ventidue anni dal piombo dei mercenari svizzeri il 15 maggio 1848 in Napoli, dove nella difesa delle barricate fra i più intrepidi combattenti trovavasi il giovane venosino. Né meno grandi dei sacrifici individuali furono gli eroismi delle guerre di popolo. A questo riguardo mi è suggerito un riscontro che non debbo tacere, determinato in me dalla gratitudine per la quale i promotori del nostro convegno vollero porre nel centro di questa parete lo stemma della mia città e accanto al Leone di Brescia il Leone lucano. Essi simboleggiano una grande fraternità fra la vostra e la ebbero, anche nei tempi più tristi, nei destini della nazione e sull'eroismo che esse mostrarono nelle guerre di popolo. Alle dieci giornate di Brescia, che splendidi riscontri in questa Basilicata! A difesa della repubblica partenopea i paesi della Lucania fecero prodigi di valore e fra tutte degna di canto epico fu la resistenza di Picerno, capitanata dai fratelli Vaccaro di Avigliano, difesa in cui, finite le munizioni, si fusero le canne di organo delle chiese, i piombi delle finestre, gli utensili domestici e in cui le stesse donne combatterono a fianco dei mariti e dei fratelli respingendo gli assalti nemici. Nel 1860 poi la Basilicata, come ricordò l'on. Branca, prima ancora che Garibaldi passasse lo stretto di Messina, prese la gloriosa iniziativa della rivoluzione, sorgendo in armi Corleto Perticara ove da ogni paesello della patriottica regione accorsero i combattenti, accorsero marciando su questo capoluogo di Potenza dove avvennero gli scontri dall'on. Branca indicati. E liberata la provincia, quella prode brigata lucana che erasi formata per la popolare rivolta, passò a combattere strenuamente con Garibaldi nelle giornate del 2, del 15 e del 19 ottobre sui campi di Capua, dove si formarono le sorti dell'unità nazionale. Della storica iniziativa io già negli scorsi giorni ho più ampiamente parlato, ricordando gli animosi promotori; ma lasciate che anche oggi ripeta che primo fra essi, fu quel gentile che mi ha testè rivolto la parola, il Presidente del vostro Consiglio provinciale. Tutte queste prove singolari di valore attestano le virtù di questa gente; la sua semplicità, la temperanza, l'austerità; l'amore alla patria, il coraggio, il culto della patria. Tutto ciò io volli ricordare, non già per un superfluo ricordo storico, ma perché mi sembra renda più imperioso il dovere dell'Italia di tener la Basilicata al posto del quale per ogni aspetto è degna. Mosso da questi intenti io visitai nelle varie sue parti quasi l'intera regione. E la triste eccezionalità delle sue condizioni superò ogni mia aspettativa. Percorsi più giorni distese di monti, nudi, brulli, senza qualsiasi produzione, senza quasi un filo d'erba e avvallamenti altrettanto improduttivi. Si correva per ore ed ore senza trovare una casa, ed al desolato silenzio dei monti e delle valli succedeva il piano mortifero dove i fiumi sconfinati scacciarono le colture e, straripando, impaludarono. E vidi ad esempio il letto dell'Agri identificarsi con la valle dell'Agri, e l'acqua vagante non avere quasi corso in quelle sterminate arene. E se le campagne sono in gran parte deserte e per la malaria pestilenziali, gli abitati a loro volta non sono sicuri. Stigliano che pur torreggia superbo nelle più pure arie a novecento metri sul livello del mare, che ha una popolazione robusta, dove la originale bellezza muliebre fa pensare alla Magna Grecia, Stigliano per frana minaccia di precipitare dal ciglio del monte nell'avvallamento profondo: si vedono sul fianco le case crollate e gli abitanti non stanno mai senza trepidazione. E di frane entrando io nella Basilicata pel territorio di Lagonegro, cominciai a udire spaventosamente a proposito di Lauria, e così via il terribile pericolo trovai ripetuto per molti e molti comuni e fra gli altri per Montalbano e Salandra, e Pomarico e Pisticci e Barile e Lavello e questa mattina, viaggio facendo, per Avigliano e qui giunto per Campomaggiore, comuni tutti i quali chiedono che loro sia dato affidamento di esistere. E se la popolazione è malsicura dove giace, non ha in molti luoghi i mezzi civili di muoversi, per le sue condizioni di viabilità. Non parlo neppure dei grandi mezzi di comunicazione, pur tanto desiderati in Basilicata, parlo delle più modeste vie rotabili ordinarie di cui è così estesa la rete in altre regioni. Sono ventuno i Comuni senza alcuna strada rotabile, la maggior parte nel circondano di Lagonegro, ed alcuni di essi non hanno neppure vie mulattiere e loro servono di strada i letti dei torrenti, sicché in tempo di piogge non vi è modo di andarvi o di uscirne. Se non fosse questo bel tempo, dicevami il sindaco di Armento, non sarei potuto venire qui ad incontrarvi. Siamo venuti io e i miei concittadini, a cavallo ed a piedi. Quando nevica o piove si resta senza comunicazioni e per lunghi giorni non arriva la posta, non si ricevono lettere, né si leggono i giornali. Fra i comuni che non hanno strade carreggiabili vi sono anche due capoluoghi di mandamento: Sant'Arcangelo e Noepoli, Noepoli dove in tali condizioni di vie mai praticabili cadde ed ammalò quell'Antonio Rinaldi di cui io oggi vidi la sculta immagine nella sala del vostro consiglio provinciale; quell'Antonio Rinaldi, profondo giureconsulto, di cui tanto si onorò il vostro foro e che anche del Parlamento fu lume: alla cui memoria pertanto mando il tributo del mio omaggio affettuoso. Una contrada posta nelle condizioni che vi accennai purtroppo fatalmente viene abbandonata dai suoi abitatori: e così la Basilicata porge, sola fra le province italiane, l'esempio di aver veduto nell'ultimo ventennio la sua popolazione subire una diminuzione di 4700 abitanti mentre nello stesso periodo di oltre quattro milioni crebbe la popolazione complessiva del Regno. È vero che colla odierna popolazione e cioè con una densità media di popolazione che risulta di 49 abitanti per chilometro quadrato, la Basilicata ha ancora una densità notevolmente maggiore di quella della Sardegna; ma in Sardegna la popolazione di molto è aumentata ed essa ha almeno fiorenti industrie ed una rete completa di strade di ferro. La deplorata diminuzione della popolazione, come accennai, non dipendette da eccedenza delle morti sulle nascite, che all'opposto havvi eccedenza dei nati sui morti, e i nati che in Basilicata sono di oltre 38 per ogni 1000 abitanti, superano proporzionalmente i nati nel regno, i quali furono secondo l'ultimo censimento di circa 33 per 1000. La diminuzione della popolazione dipende invece soltanto dalla emigrazione, che si verifica estesamente in tutti i comuni della provincia, ma che ebbe luogo in più larga scala nel circondano di Lagonegro e si lamenta gravissima in questo stesso capoluogo di Potenza città che da 21000 scese a 16000 abitatori. Questa emigrazione va continuamente, soprattutto in questi ultimi anni, aumentando; da 8 o 9 mila individui all'anno che dava nel triennio 1897-99, salì a quasi 11000 nel 1900, ad oltre 17000 nel 1901, e tutti i sindaci che andai interrogando mi parlarono del contagio con cui cresce a dismisura per quella che pure potrebbe dirsi la emigrazione di "richiamo" e cioè di persone che trovansi in America e mandano a chiamare parenti e compaesani. Anche nel circondano di Melfi dove fino al 1899 la emigrazione era abbastanza limitata, dal 1899 in poi si è quasi quadruplicata e fu nel 1901 di 5154 individui. Erano un tempo i soli musicisti di Viggiano che in liete compagnie di concerti emigravano in America e tornavano con discreto patrimonio formando, mi disse il sindaco di Viggiano, la fortuna del paese. Ma ora anche colà, come dappertutto, vi ha una larga emigrazione di contadini. Sicché mancano lavoratori alla terra. Questi e con essi gli artigiani, partono a torme, partono non pochi con le intere famiglie, in esodo doloroso, fuggendo la patria desolata, la terra nativa, la quale non ha da nutrirli. Si vedono villaggi, come Lagonegro vecchio, affatto spopolati, con tutte le case vuote di abitatori. Vanno nell'America meridionale, ma più ancora negli Stati Uniti, e il sindaco di Gallicchio mi diceva che dal suo paese vanno principalmente nelle miniere di carbon fossile della Pennsylvania, dove trovano lusinghieri guadagni. Per quanto anche l'Abruzzo e il Molise abbiano una emigrazione proporzionalmente ancora maggiore che quella della Basilicata, pure ivi gli effetti non ne furono così universalmente sentiti. Alcuni fra gli emigranti, quelli che non trassero seco le famiglie, mandano più o meno ragguardevoli somme di denaro in patria e il sindaco di Rionero mi diceva che 30 mila lire al mese giungono in quel Comune dall'America alle famiglie degli emigrati. Per effetto della improduttività del suolo, della conseguente vita di miseria, di stenti, per effetto della malaria invadente, purtroppo grandissima è in questo paese la mortalità. Mentre la media della mortalità nel Regno è in cifra tonda del 23 per 1000 abitanti, nella Basilicata, nonostante la salubrità dei luoghi più alti e di aria purissima, la mortalità va oltre il 27 per 1000, superata soltanto dalla provincia di Foggia, che sale oltre il 28 per 1000. E come accennai, a formare questa così elevata mortalità entra in gran parte la malaria che qui miete il maggior numero di vittime dopo la Sardegna. A fornire sì alto contingente di mortalità entra certamente altresì la tristissima condizione delle abitazioni. In un memoriale presentatomi a Matera dal Comizio Agrario di quella città è detto che "cinque sesti della popolazione materana abitano in tugurii scavati nella nuda roccia, addossati, sovrapposti gli uni agli altri, in cui i contadini non vivono ma a mo' di vermi brulicano squallidi avvoltoi nella promiscuità innominabile di uomini e bestie, respirando aure pestilenziali ". E quasi dovunque non diverse sono le condizioni delle abitazioni, quasi dovunque le camere dei contadini ricevendo aria e luce soltanto dalla porta che mette sulla via. Veri antri sono tali stanze, che chiamano sottani, e molti di essi mi fece oggi vedere in questa vostra Potenza l'ottimo Sindaco, abituri che in me destarono non solo meraviglia, ma profonda pietà. Così queste case dei contadini potessero andare sparse per le campagne. Carlo Cattaneo da quarant'anni diceva che quello che rese fiorente la Lombardia in confronto dell'Italia meridionale fu appunto la vita del coltivatore vissuta nel campo, mentre qui io vedeva negli scorsi giorni in sulla sera nei circondari di Matera e di Melfi tornare a cavallo o in carretto i contadini più fortunati, uomini, donne, fanciulli, dai solchi lontanamente coltivati. A fornire sì grave contingente alla morte e alle malattie entra in molti casi la mancanza di sana acqua potabile, per cui reclamano aiuto 55 Comuni della Basilicata, e vivissimo ebbi, rispetto a ciò, nella mia gita l'appello di Viggiano, Molitemo, Sant'Arcangelo, Accettura, Bernalda, Craco, Montalbano, Salandra, Pisticci ed altri ancora. Ciò che rende più grave la condizione dei poveri è eziando la scarsità di sollievo che possono avere dalla pubblica beneficenza. Poiché un paese non ricco non riesce ad accumulare un cospicuo patrimonio per gli indigenti. Non vi sono quindi in Basilicata manicomi né brefotrofi, né ospizi pei cronici, né case d'industria. E quanto ad ospitali ne ha uno questa città di Potenza, ma, mentre nel complesso del regno per 100.000 abitanti sono negli ospitali assistiti 1382 ammalati ogni anno, e in Lombardia la proporzione sale a 2257 e in Toscana a 2548, nella Basilicata essa si riduce a 148. Gli ammalati soltanto dalle Congregazioni di carità possono ricevere medicine ed altri sussidi a domicilio, ma in molti luoghi, cominciando da Lagonegro, poverissime, insufficienti allo scopo trovansi queste Congregazioni. Anche riuscendo a costituire patrimoni relativamente di qualche entità. Nonostante questo cumulo di miserie, la stirpe gagliarda resiste anche fisicamente e nelle leve militari del triennio 1898-1899-1900 i riformati per imperfezioni fisiche furono 164 ogni 1000 coscritti, furono quindi in numero pressoché uguale alla media del Regno che è di 163, mentre nella mia provincia di Brescia, ad esempio, tali riformati ascesero a 209. Invece le riforme per difetto di statura furono qui più numerose del doppio nel complesso del Regno. Così, del pari, nonostante la male suada fames, l'indole morale della popolazione fa sì che la delinquenza nella Basilicata risulti minore che nelle finitime province e non sia aumentata neppure col cresciuto disagio di questi ultimi anni. Invece relativamente assai elevato è il numero delle liti, fenomeno comune ad un'altra regione poverissima, cioè la Sardegna. Le miserrime condizioni economiche contribuiscono a tener alto il numero degli analfabeti che nel 1901 risultarono del 79 per cento sul complesso della popolazione, mentre, facendo il conto sugli adulti, si ha nei coscritti il 51 per 100. Le province di Cosenza, Catanzaro e Caltanisetta ne hanno un numero ancora maggiore, mentre la media del Regno è di 52 sul complesso della popolazione, di 31 sui coscritti. Assai degni di encomio, sono poi gli sforzi che i comuni maggiori fanno per l'istruzione secondaria. A Melfi un grandioso edificio è destinato alla istruzione tecnica e rende assai meritevoli di considerazione i reclami che si fanno perché diventi governativa la scuola tecnica. Così come l'antica coltura di Matera rende legittimo il desiderio che essa costantemente esprime di veder completamente parificato il suo ginnasio-liceo agli altri governativi. E Lagonegro alla sua volta ha a cuore il ginnasio per non vedere la gioventù del suo circondano tratta a percorrere le scuole secondarie nel seminario vescovile di Policastro. Ma uno dei voti più insistenti che udii e che lessi nelle memorie che mi furono presentate, è quello che concerne l'istruzione professionale e più specialmente l'istruzione agraria in un paese che appunto dall'agricoltura crede di potere attendere salute. Poiché ora l'agricoltura perisce, il suolo non ha quasi alcun reddito, la proprietà immobiliare non ha quasi valore, l'industria è totalmente assente. E di questo depauperamento riesce un indice eloquente anche la crescente diminuzione del reddito postale e telegrafico, meschino anche in addietro, meschinissimo oggi. E quindi molto che in sì misera condizione di cose le casse postali della Basilicata abbiano ricevuto notevoli risparmi dei quali mi parlarono i Sindaci anche di minori villaggi. Queste casse postali nel 1898, ultimo annodi cui furono pubblicati i dati, raccolsero circa 10 milioni di lire con notevolissimo aumento sugli anni precedenti. Altri 2 milioni di depositi può calcolarsi nel predetto anno si raccogliessero presso gli altri istituti di credito: in complesso approssimativamente si può ritenere che i depositi a risparmio della Basilicata corrispondano ad una media di 24 lire per abitante. Assai minori risparmi adunarono le province di Teramo, Benevento, Lecce, Reggio di Calabria e Caltanisetta. Dalle informazioni datemi dagli ufficiali postali, risulta che buona parte ditali depositi derivano dagli invii di danaro degli emigrati in America. Io cercai di tratteggiare con esattezza le condizioni della Basilicata certamente infelicissime. A vedere questi colli, queste valli, queste spiagge squallide e morte, non par vero che dove ora vi sono zolle ed acque ed arie letali, dove havvi il deserto e la morte, rifulgessero un tempo le fiorenti città della Magna Grecia: Metaponto ed Eraclea, sede di imperi, celebrate per splendore di natura e magnificenza di monumenti. Quali le cause di si grave decadenza? Circa alle cause, io lessi tutte le sagaci carte che in proposito furono scritte negli ultimi tempi. Ma parmi sia vano l'indagare gli errori del passato. Quali piuttosto i rimedi cui lo Stato possa por mano? Anche riguardo ad essi giova che mi attenga al massimo riserbo, alla più prudente cautela. Piuttosto che espormi a promettere e non eseguire, vorrei eseguire il non promesso. Io con la più coscienziosa accuratezza ho interrogato i rappresentanti dei Mandamenti, e Comuni, non solo dei paesi visitati, ma di quelli ove non mi recai e i cui rappresentanti vennero a raggiungermi nel mio passaggio: ho interrogato Consiglieri provinciali, Sindaci, Giunte municipali. Autorità governative, giudiziarie e finanziarie. Ho interrogato medici, maestri, ispettori scolastici, presidenti e membri delle Congregazioni di carità e associazioni operaie e proprietari terrieri e contadini. Li ho interrogati sui fatti ed udii la loro opinione sui rimedi. Ebbi da moltissimi Comuni, da associazioni ed istituti un numero stragrande di memoriali cui diedi un rapido sguardo negli scorsi giorni e che studierò amorosamente a Roma. Mi compiaccio però premettere che alcune delle cose che furono in addietro dalla Basilicata richieste avranno sicuro adempimento. Comincio dalle strade ferrate. La costruzione della linea Lagonegro-Castrovillari, i cui 100 chilometri all'incirca si devono stendere per una metà nella Basilicata, credo di poter considerarla un fatto compiuto. Ma il grido sempre per due settimane ripetuto ai miei orecchi fu: Grumo-Padula, via di ferro della preveduta lunghezza di 210 chilometri, di cui 155 in Basilicata, 45 in provincia di Bari, e 10 in provincia di Salerno. A questo grido possono fare riscontro gli ammonimenti pei quali, in omaggio al celebre teorema delle contraddizioni economiche, qui si sostiene da alcuni che le strade ferrate furono e sarebbero da ritenersi un dono funesto, fonte di crescente miseria, anziché di progressiva prosperità? Non è questo che un punto interrogativo, il quale non mi toglie di ripetere ciò che in riguardo a questa linea dissi negli scorsi giorni. Io ho già espresso in più luoghi della mia peregrinazione, rispetto a questa linea, alcuni concetti. Io credo, dissi, che le strade ferrate, le quali sono destinate a congiungere al loro centro provinciale i vani capoluoghi di circondano che ne sono disgiunti, devono avere la precedenza ove appena economicamente e tecnicamente possibile, ed espressi pure il concetto che in armonia a quanto disse e scrisse uno dei vostri consiglieri provinciali, il titolo ad una straordinaria prestazione chilometrica da parte dello Stato riuscirebbe per questa linea giustificato. Quanto alla viabilità delle strade ordinarie può dirsi che colle vie rotabili in costruzione, in base alle leggi del 1875 e del 1881 e con quelle recate per il prossimo decennio dalla legge ultima del 7 luglio, si provveda abbastanza a togliere gli inconvenienti che io enunciai. Quello che a tale proposito io procurerò di fare, insieme col mio ottimo amico Balenzano, sarà di procurare nel periodo decennale di dare la priorità ai lavori concernenti questa provincia, appunto perché così impervie condizioni non si verificano altrove. Anche dopo parecchi lavori di completamento mancherebbero ed anche ad essi è d'uopo volgere il pensiero. Ho parlato di acqua potabile: la legge che il Ministero ha fatto adottare per l'acquedotto pugliese vi mostra quanto io ritenga di primissima importanza provvedere a questo bisogno che considero il più essenziale di tutti per una popolazione. Ed è colla forza di tale convincimento che io esaminerò le domande che a tal uopo mi furono presentate. Ai rimboschimenti del pari è necessario volgere le cure: le foreste onde la regione ebbe nome, foreste un dì meravigliose e vantate da Ovidio e Marziale, furono per la Basilicata una grande, una provvida difesa e le diedero una celebrata produzione; ma queste foreste da lungo tempo man mano andarono distrutte; e come ho letto in un pregevolissimo lavoro in questi giorni pubblicato da uno dei vostri consiglieri provinciali, dopo la legge forestale del 1877 per oltre 173000 ettari furono divelti i boschi da questo suolo. Trovare i modi coi quali restituire alla vostra regione la tutrice corona, deve essere oggetto degli sforzi comuni. Provvedere al corso regolare dei fiumi e torrenti, il cui straripare e impaludarsi è precipua cagione della malaria, deve pure esser argomento di studi volenterosi, poiché la malaria è il nemico da avere specialmente in mira e che deve battersi con incessante ardore. Accelerare con ogni sforzo la perequazione fondiaria in modo che in breve tempo sia un fatto compiuto è pure nei propositi miei e del Ministero. E il mio carissimo amico, il Ministro delle Finanze, va ed andrà ogni giorno più aumentando il personale operante. Alla revisione poi dell'imposta sui fabbricati si provvederà occorrendo anche con legge speciale. Quanto a ciò che dipende dall'applicazione di ciascuna delle leggi tributarie, io mi adoprerò a far sì che tale applicazione avvenga per modo che le leggi stesse siano interpretate con più larga equità e con riguardo alle speciali condizioni di questo paese. Inoltre trovar modo di sottrarre i cittadini e più ancora i Comuni all'usura, agevolando il credito a mite interesse, è pure una delle aspirazioni che più fervidamente e più universalmente mi furono espresse. Esse hanno il suffragio di eminenti economisti, di autorevoli uomini politici e sono pertanto fra quelle cui si volgeranno con maggior cura e desiderio di riuscita i miei intenti. Infine l'Amministrazione deve provvedere a qui mandare, dovesse anche ricorrere ai più giovani e volenterosi, funzionari eccellenti che alla propria missione dedichino un po' di fuoco sacro, il quale consiste, secondo la definizione di un grande, nel fare qualche cosa di più del proprio dovere. Alle frane, all'insegnamento ho già fatto allusione sicché mi tarda chiudere queste incomposte parole che affrettatamente esprimono le mie impressioni. E le chiudo senza alcuna perorazione dicendo: combattiamo insieme una grande battaglia contro le forze della natura e contro le ingiurie degli uomini. Non aspiro ad alcun bene maggiore che a quello di uscire da questa battaglia insieme a voi, vittorioso. In questa speranza io bevo al rinnovamento materiale e civile della generosa ed ormai anche per me, tanto diletta terra Lucana.

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