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Brigantaggio del Matese

da: " Dai Sanniti all'Esercito Italiano" - Stato Maggiore Esercito " di: Flavio Russo

1868: inizio della fine

Forte delle evidenti tendenze alla completa risoluzione del brigantaggio ed al fine di liquidarlo radicalmente con un ultimo poderoso sforzo, il Ministero della Guerra incaricò del comando generale delle truppe per la repressione in Terra di Lavoro, Aquila, Molise e Benevento, il più volte sperimentato generale Pallavicini, che lo assunse in data 8 marzo 1868, conservando peraltro anche quello relativo all'area salernitana, avellinese e della Basilicata: compito principale: distruzione delle bande Fuoco, Guerra, Pace, Ciccone, Fontana, Garofalo, Pantanello e altre minori che infestano il territorio delle quattro provincie sconfinando da una regione all'altra;

criteri generali d'impiego:

1. impiego di distaccamenti della forza di una compagnia nelle zone dove il numero dei briganti in campagna è ancora rilevante, e ciò per consentire la formazione di drappelli non inferiori alla mezza compagnia. Nelle altre zone, impiego di drappelli della forza di 15 u. per il servizio ordinario di p.s.;

2. obbligo per i drappelli di rimanere in servizio esterno per 24 ore e disporsi stabilmente in punti prestabiliti dell'aperta campagna;

3. abbandono dei paesi in modo da coprire con drappelli militari tutto il territorio in cui sogliono aggirarsi le comitive;

4. organizzazione del servizio e di riposo (di massima, un giorno di servizio e un giorno di riposo).

Così conclude la circolare dell’agosto 1868:

Per lo stare ininterrottamente in campagna, non essendo le truppe costrette a rientrare in paese dopo il giornaliero servizio di p.s., ma essendo abilitate a vivere dove vivono i briganti, le perlustrazioni e gli appiattamenti potrebbero succedersi senza interruzione di sorta. E così si trae profitto fin dalle ore di riposo, facendole valere per gli agguati. L'alto ufficiale pertanto si trasferì in data 15 aprile in Caserta da dove dette con il sopraggiungere della buona stagione l'avvio alle operazioni, emanando una serie di circolari del tenore di quanto citato. Il Matese fu così battuto incessantemente in lungo ed in largo dalle pattuglie militari, facenti capo a presidi fissi in posizioni strategiche. Si ripeterono in questa fase conclusiva ed in un certo senso la caratterizzarono per l'eccezionale portata le misure già più volte adottate: incrementi degli organici delle truppe, coprifuoco per i paesi, blocco dei centri abitati, perquisizioni a tappeto e frequentissime di tutte le abitazioni sparse lungo i clinali delle montagne del massiccio, moltiplicazione e rimpinguamento delle taglie. Gli impatti logicamente sull'economia locale di per se già tradizionalmente misera furono pesantissimi, sebbene tutto lasciasse ormai con chiarezza intuire di essere alla conclusione della sanguinosa guerriglia. Con questi criteri applicati unitamente ad una saggia dislocazione di truppe nei luoghi più battuti dai briganti, con frequenti e forti colonne mobili e soprattutto colla sua personale presenza anche nei luoghi che sembravano più distanti o meno accessibili, il generale Pallavicini, dopo 14 mesi dall'assunzione del comando aveva già messo fuori causa 17 capi banda e 253 malfattori, ultimi e disorientati avanzi di quello che egli a buon diritto poteva ricordare come il gravissimo e tormentoso flagello del brigantaggio. nfatti, in breve volger di tempo le bande vennero a trovarsi del tutto isolate. Pace si rese fuggiasco, Fuoco si nascose nell'alto Sangro, Guerra, braccato sopra i monti del versante molisano manifestò propositi di resa e Campagna, respinto mentre a capo di una piccola banda varcava il confine pontificio presso Settefrati, si ritirò sui monti di Cusano e Pietraroja. Tra quelle forre perse tre uomini ad opera dei contadini del luogo e, incalzato dai militari del 62° di Linea, fuggì in territorio pugliese. Questi fatti erano il sintomo che preannunciava l'imminente collasso del brigantaggio. Allo scadere dell'anno in realtà, soltanto pochissimi sparuti superstiti delle centinaia di briganti, si aggiravano camuffati e braccati sulle montagne divenute ostili ed inospitali, consci della prossima cattura od uccisione.

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