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MONTEFUSCO

I MOTI REAZIONARI DEL 1860

di: Fausto BALDASSARRE - da: "Teresa Manganiello (1849-1876)" Pietradefusi (AV) 1997

 

I montefuscani nell'ottobre dell'anno 1860 e nel mese di luglio del 1861 avvertono l'esplosione dei moti reazionari nei paesi vicini contro l'unità d'Italia. .......... Lasciamo alla lettura di alcuni documenti rinvenuti la descrizione di questo "feroce" periodo storico. Il giudice Napodano il giorno 24 agosto 1860 riferisce al signor Maggiore Afflitto, Comandante la Colonna Mobile di Montefusco sul movimento reazionario ......... Il suddetto Magistrato così scrive:

"Saldo ed indeclinabile ne è i miei principi diretti a prevenire i reati anche si serbi sempre incolume la pubblica tranquillità, sento il dovere di rassegnarle che per quanto ne ho preinteso i soggetti che al margine riporto (D. Domenico Bruno, D. Francesco de Vizio, Giacomo Manganiello, Faustino Fioretti, Giuseppe Barile, Fortunato Martucci) sono alla testa di un partito reazionario e che per meglio riuscire nello intento avrebbero voluto in caso di bisogno far sonar anche le campane per riunir popolo, ove tanto si avverasse farebbe sicuramente alterar la pace pubblica in questo Comune per cui la prego convenevolmente provvedervi" [La stampa dell'epoca metteva in risalto gli omicidi e le violenze che esplodevano negli anni 60: "Arcangelo Colantuoni fu Ciriaco del comune di Pietradefusi è imputato di cospirazione contro il Governo, d'omicidio in persona del patriota Giovanni Petitti e di altri crimini. Egli fu uno dei più operosi agenti nella reazione avvenuta nel cennato comune ai 7 settembre 1860..."].

Per comprendere i tempi della reazione leggiamo anche lo scritto del Capo Compagnia Ernesto Ciampi, del Comando della Guardia Nazionale di S. Paolina, datato 25 agosto 1860, indirizzato al Signor Procuratore Generale di Avellino:

"Signore. Il Regio Giudice del Circondano Signor D. Giuseppe Napodano si è permesso organizzare una reazione contro l'attuale Regime Costituzionale, tanto che nel giorno di ieri nel Capoluogo del Circondario furono affissi cartelli indicando la reazione da eseguirsi, lo scopo, e le famiglie che dovevano essere massacrate ed invitò pure la truppa ivi stanziata ad unirsi al partito reazionario, invito che dal Comandante del Corpo venne non solo rifiutato, ma impose al Giudice di desistere da tal attentato altrimenti egli avrebbe impedito colla forza ogni tentativo e così ieri al giorno non scoppiò la reazione. Intanto per timore che i germi di reazione non si propagassero in questo Comune la prego disporre che sia dal Circondano allontanato il Regio Giudice e suo supplente Signor Ruggiero ch'è unito col medesimo partito, e così affievolire in qualche modo il partito, perdendo l'appoggio di queste autorità, e farle rimpiazzare da persone attaccate all'attuale Regime e che possono reprimere la reazione. La prevengo per tutelare l'ordine e le vite di tante famiglie designate per il massacro che ove mai il Giudice seguitasse a organizzare la reazione ed affiggere cartelli... Darò disposizioni per l'arresto del medesimo giusta il diritto di polizia attribuito dalle vigenti leggi alla Guardia Nazionale".

Possiamo immaginare quell'atmosfera di odio, di calunnie, di sospetti e timori incentrati nel disegno del massacro, in quelle morti annunciate. ....... E' opportuno a questo punto soffermarsi sulle ulteriori notizie riguardanti la reazione, forniteci dal Maggiore Comandante Luigi Dafflitto della Colonna Mobile sempre del giorno 25 agosto 1860, inviate al Capitano Comandante della Guardia Nazionale:

"Signor Capitano E' mio dovere prevenirle che gli individui al margine segnati (D. Domenico Bruno, D. Francesco de Vizio, Giacomo Manganiello, Faustino Fioretti, Fortunato Martini, Fortunato Barile) sono alla testa di un partito perturbatore all'ordine pubblico che tentano a menare la popolazione di Montefusco in una trista guisa, ed io reiterate volte ho saputo reprimere lo scoppio di una dimostrazione sorvegliare (ciò) che essi han tentato di fare si ordiva che in giornata si doveano suonare le campane all'armi del Convento del Carmine, onde svelare il di loro depravato disegno da me anche è stato represso, e spero debbo dirle che abbenchè questo regio Giudice dietro mie istanze avesse manifestato i nomi dei capi del partito pur tuttavia dovrebbe anche egli essere allontanato da questi... Essendo stato l'autore ditale disegno come si contesta dall'opinione pubblica dalla manifestazione medesima fattami da lui con foglio di oggi stesso, n. 154, quindi le manifesto essere prudenza per le attuali circostanze di Stato essere necessità l'arresto dei sopra soggetti emarginati, onde allontanare lo scoppio di turbolenze in questa Provincia...".

Un altro documento, che continua a delineare la situazione tesa dei partiti, degli eventi, è lo scritto datato Montefuscolo 30 agosto 1860, firmato "Pirro" (Certamente il cognome è De Luca), indirizzato "a Sua Eccellenza Signor Nicola Giacchi, Procuratore Generale del Re alla Gran Corte Criminale di Avellino":

"Onorevolissimo Signore ed amico eccovi la relazione di cui vi sono tenuto. In un bel giorno di questa seconda metà memorabile di agosto un paltoniere di Montefusco (Giuseppe Barile) affisse ad un muro della piazza la immagine di Re Francesco secondo strillando "Non bolimo Costituzioni e ...: viva lo Re! chi ha coraggio se faccia nnanzi" Nessuno gli bado'. La figura prudentemente e con riverente atto fu tolta. Il Giudice, dicono, era presente e sorrise. Egli di rincontro sostiene di aver fatto un dolce rimprovero all'ex galeotto Barile e rimuover la immagine, senza più. Dopo pochissimi dì (lo stesso Barile e qualche suo amico politico della medesima risma trovarono modo d'intendersi con alquanti dè soldati venuti qui del X di linea intorno all'opportunità di far onore alla fede loro, cacciando le pie mani nell'avere più che nella persona dè costituzionali, cioè, dè possidenti; e si ha ragione di credere che tra loro soffiassero altri pochi di men vile condizione, irritati delle novità politiche che ad essi tolgono con gli uffizi Municipali la usanza del raspar qualche cosa. Si pretende che a capo di tutti questi si sia messo il Giudice; ed il Maggiore Afflitto ha affermato essersi il Giudice a lui presentato ed avergli profferto una buona mano di paesani che a voce di campane si sarebbe aggiunta à soldati per una dimostrazione in favore del Re. Rispose il Maggiore come doveva, e gli consigliò che per salvarsi dovesse rivelare i capi della vagheggiata reazione; ed il Giudice obbedientissimo gliene fece in iscritto apposita relazione, indicando sei o sette nomi non dè più onorevoli certo. Io ho parlato con esso Giudice. Egli mi ha recisamente negato d'essersi ficcato in mezzo a combriccole: mi ha detto aver sentito buccinare d'una reazione che voleva tentarsi, e sul fondamento di queste voci ch'e gli crede false o per lo meno esagerate, aver parlato e scritto (di che è vergognato e pentito) al Maggiore ora non avere altro desiderio che uscire di qui implorando d'esser mutato a Maddaloni o Sant'Agata de' Goti. Il certo è che se non si fosse trovata opposizione negli Ufficiali, ne poteva seguire un grave danno a questo misero e maledetto paese. Dopo ciò troverete, credo, spediente di allontanare il Giudice, il quale vi si raccomanda e di ammonire aspramente i soffiatori indicati da lui come capi d'una parte reazionaria, cosa che dovreste far voi, voi Nicola Giacchi, non facendo sentire il Procuratore Generale se non quanto basti per farli venir sino a voi. Vogliatemi bene e rammentatemi a D. Michele e a Biagino...".

Dietro questo documento è facile intravedere la complessa nuova rete dei rapporti politici e cogliere i formatori dell'opinione pubblica locale insieme alle condizioni di miseria, di ignoranza e sudditanza in cui versavano le masse contadine. Di notevole importanza è anche lo scritto del 5 settembre 1860 del Giudice Napodano del Circondario di Montefusco, indirizzato al Signor Procuratore Generale del Re presso la Gran Corte Criminale del Principato Ultra:

"Signore. Al seguito degli altri miei rapporti di ieri ed oggi... debbo sottometterle che in un punto mi si è riferito da questo Priore della Cappella Palladina, che il popolo a vistà di un numero di gente armata in poca distanza dall'abitato, e farse parte di quei Garibaldini che ieri la notte giunsero qui e partirono ieri al giorno nella supposizione che fossero ritornati per provvedersi di armi, e turbare l'ordine pubblico con commettere abusi, si è la popolazione in buona parte recata nella Chiesa di San Giovanni del Vaglio, ed à obbligato quel sagristano a sonar la campana in guisa che si è riunita molta gente armata per voler respingere coloro che si avanzavano verso l'abitato, e cosi son rimasti fermi ove stavano, ed han ricevuto da mangiare, per quanto ne ho inteso da questo Capo Compagnia della Guardia Nazionale. Ciò posto la prego con tutta sollecitudine, e senza por tempo in mezzo disporre che una imponente forza militare, sia qui spedita, ad oggetto d'impedire non solo altri agguati, ma tranquillare la popolazione, la quale in deputazione mi è venuto a riferir qui, che si vorrebbe far massacrare la gente onesta e farsi proclamare il Governo Provvisorio, poichè si tolleravano ieri alcune voci che a quello scopo miravano, e per nulla omettere in compruova, le debbo anche rassegnare che quella banda andava fornita benanche di bandiera piemontese. Quindi non il principio della reazione, come si vorrebbe da taluni, ma quello di tutelare le persone e le proprie sostanze e l'attuale reggime ha fatto determinare il popolo a muoversi, mentre questa gente ha vivuto e vuol vivere sempre pacificamente ed ubbidiente alle Leggi vigenti. Attendo quindi i suoi oracoli sul proposito per quanto converrà praticarsi, nella intelligenza che mi occuperò subito a liquidare i nomi di coloro che hanno imposto al Sagristano di sonare le campane...".

Fra le informazioni del Giudice Napodano emerge dunque quale funzione occupi lo spazio sacro in questi tempi di mutamento delle istituzioni e come occorra "tutelare persone e sostanze". Documento utile risulta ancora per ricostruire i fatti del "maledetto sessanta" la relazione del Comandante della Guardia Nazionale di Montefusco che cosi informa il Governatore della Provincia il giorno 25 settembre 1860:

"Signore. Giuseppe Barile di questo Comune nel giorno 25 agosto ultimo, verso le ore 20 pomeridiane si permetteva affiggere di rimpetto il Corpo di Guardia una figura del defunto Re FerdinandoII eruttando l'espressioni seguenti: Re Bello mio chiunque ti defigge quest'oggi è male tempo - ed altre provocanti espressioni. Il nostro ex Giudice Regio Si gn. Napodano rideva sull'opra di Barile senza dare nessuno provvedimento, nonostante i reclami del Si gn. D. Raffaele Mascia. Lo stesso Giudice nei giorni susseguenti trovandosi in questo Comune il Maggiore Dafflitto del 10 di linea in Colonna Mobile si presentò a costui invitandolo coi suoi ad una dimostrazione che un partito di qui voleva fare per il Re assoluto, a cui il Maggiore formalmente si oppose imponendogli di non fare alcuna dimostrazione, altrimenti l'avrebbe repressa con la baionetta. Nel giorno susseguente temendo il Giudice per parte del Maggiore qualche provvedimento di rigore a suo danno, presentò al medesimo un rapporto col quale gli manifestava che qui vi era un partito reazionario i cui capi erano i segnati al margine. (Individui da arrestarsi per ordine del Maggiore Daffiitto sono: 1) il Regio Giudice D. Giuseppe Napodano, 2) D. Francesco De Vizia, 3) Di Domenico Bruno, 4) Giuseppe Barile, 5) Giacomo Manganiello, 6) Fortunato Martucci, 7) Faustino Fioretti. Testimoni: 1) D. Raffaele Mascia, 2) Saverio Bonito, 3) Giuseppe Bonito, 4) D. Roberto Rainone, 5) D. Giacomo Lepore, 6) Pasquale Orsino, 7) D.Vincenzo Pecorelli,8) Attanasio del Giudice. Il Maggiore dietro tale rapporto conoscendo la perfidia del Giudice, ordinò a questo Capitano l'arresto del Giudice, e dè seguenti al margine. Nonostante i diversi arresti eseguiti qui, e poi fatti rilasciare in libertà dal Si gn. Maggiore Commissario Salomone, il Barile senza intimorirsi ha seguitato a spargere voci sediziose ed allarmanti. Ora finalmente mi è venuto il destro di farlo arrestare e quindi lo invio a Lei per i provvedimenti di rigore da usare con costui di pessima morale che è stato anche nelle galere condannato per furto. I testimoni che potranno deporre i fatti enunciati sono segnati al margine...".

Gli arresti, le repressioni non erano sufficienti nell'impedire le contestazioni di una popolazione già tante volte delusa dai ricorrenti nuovi sistemi di potere. Infatti nell'anno 1861 le reazioni esplodono di nuovo, in Irpinia si diffondono, si estendono, si colorano di sangue. Trentuno Comuni della provincia sono interessati dalla violenta protesta antiunitaria. Nel mese di aprile 1861 i briganti guidati da Crocco tentano di penetrare nel Convento delle Monache Cistercensi di Calitri. Sempre nello stesso mese i reazionari assediano il Convento dei Padri Dottrinari di Sorbo Serpico. E' anche del luglio 1861 la feroce reazione di Montemiletto e Montefalcione, dove il Governatore De Luca è costretto a rifugiarsi nel Convento Virginiano. Anche centri come Montefusco e Pietradefusi sono sconvolti da questo fenomeno violento, che divide, lacera il tessuto delle comunità. Inoltre occorre precisare che i paesi sono anche avvelenati dagli scontri delle elezioni politiche. Uno scritto dell'Abate Pasquale Ciampi, sempre tutto preso e indaffarato nelle politiche locali, datato Montefusco 21 giugno 1861, segnala al Signor Gennaro Ferrara, Vice Governatore della Provincia le "falsità" commesse in Pietradefusi, circa le elezioni dei Consiglieri Provinciali:

"Tra i candidati vi fu Pasquale Cicarelli di Salsa, Avvocato in Napoli che raccolse 54 voti, ma che nella redazione del Verbale quelli dell'Uffizio non vollero tenerne conto anzi si arbitrarono distribuire quei voti a favore di Soldi, Rotondi, Nardone, e così sparì questo nome dal Verbale. Fatta arbitrariamente la distribuzione dei voti non rifletterono a quello che facevano e caddero in questo errore, che si osserva nel Verbale... Assegnarono 105 voti quando dalla lista degli elettori si à che questi sono 103, quella degli intervenuto di 82, e perciò che Soldi abbia raccolti due voti più della lista elettorale, e 23 più degli intervenuti. Vi può essere maggiore falsità di questa? Io interessato appunto come ognuno della Provincia, perché trattasi di Consiglieri Provinciali, avvanzai dimanda dal Governatore per l'annullamento e con lettera al Sr Soldi ho insistito perché avesse procurata una pacifica annullazione di quella elezione onde evitare un giudizio penale. Il medesimo mi ha riformato sempre nella certezza che tanto si sarebbe praticato; ma come ho osservato trascorrere molto tempo senza che tanto si eseguisse e questo ramo dell'Amm. affidato a voi, cosi mi permetto di diriggervi la presente nella piena fiducia che non permettete un tale abuso detestevole. Aggradite gli attestati della mia affettuosa stima colla quale mi pregio raffermarmi... ".

Le parole dell'Abate segnalano i primi difficili incerti passi di una democrazia tutta da costruire, ma anche i nuovi blocchi di potere, le arroganze, che si andavano strutturando, lasciando fuori ancora e opprimendo il mondo contadino. Tutto lo zelo del Ciampi si fermava nel guardare il problema democrazia sotto il profilo legalistico e formale. Sarà invece P. Lodovico Acernese che vedrà la soluzione nella riforma morale, cristiana dell'uomo. L'impegno politico dell'Abate di Montefusco e l'attenzione profusa soltanto nelle rituali celebrazioni liturgiche non consentirà di cogliere il modello di francescanesimo che di lì a poco spunterà nello "Stato delle Anime" del territorio della sua Parrocchia. Grande distrazione! Per l'Abate, s'intende! Ritornando al problema democrazia ed unità della Penisola, non era un fatto soltanto numerico e di semplice adesione, ma occorreva concretizzare un discorso educativo delle masse analfabete. Non offrendo cosi alcun progetto formativo e persuasivo al di sotto della cenere, nel periodo post unitario ci sarà sempre un fuoco nascosto della reazione, che potrebbe di nuovo accendersi con diverse e devastanti fiamme. Si legga per esempio il rapporto del Capitano Giuseppe Argentino datato Avellino 21 giugno 1862 e si noti l'accurata, attenta, minuta e controllata descrizione di tutto ciò che accade e potrebbe accadere in questo piccolo mondo antico di Montefusco. Ecco la "nota al primo Ufficio" proveniente dalla "Prefettura della Provincia di Principato Ulteriore", firmata dal già citato Capitano Argentino:

"Dal Sindaco di Montefusco viene diretto rapporto in data del 18 andante al Signor Prefetto del tenore seguente... Mi recai in unione di questo Capitano nazionale, che comandava un numero competente di Guardie nei luogo indicatomi, percorrendo da palmo a palmo tutte le selve e boscaglie, che intersecano da Montefusco a Torrioni, e ciò da un'ora prima di giorno fino alle ora 24, giunte colà udimmo le persone probbe del paese chiamate isolatamente, e tutti convenivano che nella sera di sabato 14 del corrente ad un quarto di notte transitarono pel paese circa 50 uomini armati di lunghe mazze tutti carichi di tabacco, che perciò li avevano ritenuti tercettari. Nel mezzodì ad un miglio circa lungo dal paese transitò un'altra compagnia al numero di circa 30 ben armati di fucili, pistole ed altre armi corte. Le stesse persone probbe assicuravano essere anche tercettari, cosa da noi non ritenuta, attesoche queste compagnie quante volte si son vedute al più portano dè fucili. Prese le descritte assicurazioni e messi i posti in diversi punti del paese per una garentia, attendemmo le guardie da Lei indicate, cioè quella di Altavilla con tre carabinieri che fu la prima ad intervenire, e Prata in seguito, e che di accordo perlustrammo, battendo ritirata in rispettivi paesi, senza tacerle il Comune era nella massima tranquillità".

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