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IL GOVERNATORE DI CAPITANATA

PROCLAMA

 

 

 

 

Cittadini,

dal Ministero di Polizia mi viene il seguente dispaccio:

"Considerando le triste condizioni politiche di codesta Provincia, l’autorizzo ad assumere i pieni poteri e nella circostanza di ristabilire l’ordine.

Fiducioso nella di lei operosità e giustizia, vorrà esercitarli con prudenza, sino a che non crederà di non esservene d’uopo".

A ciascuno di questa Provincia sono note le macchinazioni dei tristi.

Non è l’opinione politica fonte alle turbolenze, ma la sete di saccheggio e degli stupri.

La proprietà non è più sicura; la vita degli onesti in balia dei ribaldi.

L’indulgenza del Governo è stata fraintesa, e tenuta per debolezza; ma bando ormai ai riguardi.

D’oggi innanzi non avrà vigore che la giustizia; ed in virtù dei pieni poteri concessimi prescrivo le seguenti cose:

1. Tutti coloro che attenteranno alle private proprietà, e saranno colti in flagranza, verranno sottoposti ai Consigli di guerra.

2. Chiunque si fa reo di uccisione, o di violazione all’onore delle donne, sarà immediatamente fucilato.

3. I soldati sbandati, o congedati dall’entrata del Dittatore Garibaldi nelle due Sicilie dovranno presentarsi pel dì 3 novembre sia in questa Residenza, sia in Lucera presso il Procuratore Generale. Dopo quel giorno saranno ritenuti come disertori, e puniti ai termini dello Statuto penale militare.

4. Gli autori di fatti tendenti a spargere il malcontento, saranno giudicati con forme sommarie dalla Gran Corte Criminale della Provincia, elevata a Corte speciale, e condannati al Maximum della pena del primo grado dei ferri.

5. I giudici, i sindaci, ed i comandanti le guardie nazionali, in quei Comuni dove avvengono moti insurrezionali, saran ritenuti come complici, e fautori, se non avran prevenuta la Prima Autorità giudiziaria, o amministrativa della Provincia degl’indizii o sospetti della reazione.

6. Tutti coloro che saranno condannati, giusta i precedenti articoli, dovranno pagare i danni ed interessi alle famiglie delle vittime da liquidarsi con la stessa decisione di condanna.

Raccomando ai preti di non uscire dalla cerchia delle loro funzioni religiose.

Se essi continueranno a mescersi di politica, ed a sovvertire le plebi sia coll’astenersi, sia coll’intromettersi, non varrà a difenderli la loro veste talare.

Il maggior numero si è già stretto intorno al Re d’Italia; rimangono i pochi ed i peggiori su i quali l’autorità vigila attentamente.

Cittadini della Capitanata, rassicuratevi.

Io vi prometto il subito ritorno all’ordine, e della sicurezza nei pochi paesi dove fervono i massacri ed il Comunismo.

Foggia 26 ottobre 1860

Il Governatore

G. del Giudice

 

 

 

 

 

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