CASTELPAGANO Terra del Sannio Beneventano

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I GIOCHI CHE SI

FACEVANO UNA VOLTA

  A CARNEVALE

A CASTELPAGANO

Ricerca degli alunni della classe I C

Anno Scolastico 1996/97

Una volta, qui a Castelpagano il carnevale era molto sentito, infatti la gente organizzava delle belle serate per festeggiarlo, durante le quali si facevano tanti giochi che ci sono pervenuti attraverso delle interviste fatte ai nostri nonni e ad altra gente anziana del posto.

I più noti sono:

 

"RO' JOCH' D' CATARINA"

Tutte le persone che vi partecipano formano un cerchio e si mettono in ginocchio. Ci sono due protagonisti: "Catarina" e il marito, che stanno all'interno del cerchio. Il marito, tornato dal lavoro dei campi, chiede alla moglie cosa gli ha preparato per cena usando questa espressione: "Catarì, che m' si fatt', recchie d' porc', lenga d'jallina, cod d' pecora, coccia d' iatt, ova scaqu" e altre pietanze sgradevoli. A questo il marito, irritato la rincorre e la picchia sul sedere con la strangonera (panno di stoppa, usato per proteggere le gambe dalla terra e dal fango quando si andava a zappare). L'uomo le chiede ancora: "E ch'jate?" Ma lei come al solito pronuncia il nome di altre pietanze non buone. Il marito la picchia di nuovo e a questo punto c'é un cambio: la persona che ha fatto "Catarina" prende il posto del marito e un'altra persona fa la parte di "Catarina". Durante lo svolgimento del gioco gli altri invitati gridano, ridono, schiamazzano e fanno il tifo, chi per la moglie e chi per il marito.

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"RO' JOCH D' FOCA LA COREA"

Tutte le persone coinvolte formano uno stretto circolo e si mettono in posizione: inclinate in avanti e le mani dietro la schiena. Una persona gira intorno più di una volta con una "corea" (cinta ) in mano, pronunciando questa frase: "Passa e ripassa la corea non s’mai lassa". Poi sceglie un partecipante al gioco e gli mette la corea nelle mani, senza farsi vedere dagli altri, continuando a girare. Ad un certo punto dice: "foca la corea" e quello che l’ha in mano deve colpire tutti gli altri, che scappano e gridano. Quando ne ha colpiti parecchi consegna la cinta a quello che ha toccato per primo e quest’ultimo incomincia il gioco di nuovo.

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"RO COCOZZAR"

I partecipanti si mettono in cerchio dopo essersi contati, una persona si dispone in mezzo e dice: "stammatina seng jut dint’ a rort e seng trovat sette cocozze mancantie". Il numero sette sentendosi chiamare dice : "ma che sette e sette se quell ne jevn 8". Questo ripete le stesse parole del numero sette e chiama un altro numero. Questo gioco dura all’infinito. Quando qualcuno sbaglia a rispondere paga un pegno.

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"ZA GIUVANNINA"

A un gruppo di persone vengono distribuite dei piatti di cui uno col fondo affumicato. Un partecipante fa il capo e si pone al centro del cerchio formato dagli altri. Tenendo il piatto in mano ordina delle azioni da compiere.

"ZA GIUVANNINA alliscia sott' a ru piatt!" E tutti lo fanno

"ZA GIUVANNINA s'alliscia la vangia!" E tutti lo fanno

"ZA GIUVANNINA s'alliscia la jarza !" E tutti lo fanno

"ZA GIUVANNINA s'alliscia la fronte !" E tutti lo fanno

"ZA GIUVANNINA s'alliscia ro nas !" E tutti lo fanno.

Il partecipante che ha il piatto affumicato, si sporca la faccia e tutti lo deridono. Non sempre lo scherzo veniva accettato e a volte sorgevano dei litigi.

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"RO FOTOGRFE"

Questo gioco viene eseguito da due persone: una fa il fotografo, l'altra il cliente. Il fotografo si tinge la mano con il carbone o anche con il lucido e con la scusa di mettere il cliente nella giusta posizione, fa tanti segni buffi sul suo viso. Alla fine a chi fa il cliente viene dato uno specchio ed egli guardandosi resta sorpreso nel vedere la sua faccia tutta dipinta. A questo punto tutti i partecipanti ridono a crepapelle. Anche questo gioco non sempre è bene accettato e per tanto a volte sorgevano litigi durante i quali amici e parenti arrivavano anche alle botte.

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"LA BELLA CITTA"

Alcune persone si mettono allineate e sedute, un partecipante dà ai compagni nome di paesi o di città :Riccia, Circello, Benevento, Napoli e Roma ........ Il conduttore del gioco dice: "I part della bella città e me ne vaj a Roma". Il partecipante che ha il nome di Roma risponde: "a Roma ce stegh j!" L'altro replica : "E si ce vengh purij?" "J allora me ne vaj a Napoli!" Colui che si chiama Napoli risponde: "a Napoli ce stegh j!" L'altro replica "E ce vengh puri j?" …… "E allora me ne vaj a Benevente!" Chi si chiama come quest'ultima città, chiama in causa un altro compagno col nome di un'altra città e così il gioco continua. Colui che sbaglia o non è pronto deve pagare dei pegni, come: dare i pantaloni o maglie.

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"LA CIOTTA VECCHIA"

Tutti gli invitati si mettono seduti per terra vicini tra loro in modo da formare un cerchio ben chiuso, ognuno infila le mani sotto le gambe. Uno dei partecipanti si mette al centro del cerchio girando intorno a se stesso. Gli altri che stanno seduti a terra si passano sotto le gambe "la ciotta"(una scarpa rotta e malridotta che indossavano i contadini all’epoca per andare a lavorare i campi) senza farsi vedere da quello che sta in mezzo; dicendo: "La ciotta! La ciotta! La ciotta!". Uno dei partecipanti lancia la ciotta per colpire chi sta al centro e subito ritira la mano per non farsi vedere. A questo punto la persona che è stata colpita, deve riuscire ad indovinare chi è stato a lanciare "la ciotta". Se indovina chi è stato a colpirlo, si siede e chi ha lanciato "la ciotta" va al centro; se invece non indovina continua a stare al centro del cerchio e intanto il gioco continua.

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